giovedì 10 dicembre 2020

CANCELLA E SCRIVI... (n.40) (Una storia... "per Tutti")


Mi manca lo stare in compagnia, a volte passo ore in silenzio "assordante", e poi mi confondo coi pensieri. Ma ho dovuto adattarmi, e tra pizze e dolci, scrivere e leggere, il tempo si lascia ingannare perché sa che resta comunque fruttuoso.
Ringraziando il Cielo siamo arrivati finalmente all'ultimo mese di un 2020 difficile a dir poco, e quando arriva dicembre, quindi anche quest'anno, soprattutto quest'anno, trascorro le mie sere con letture che riportano all'atmosfera natalizia.
Poi per coincidenza che tanto coincidenza non è, mi capita sempre tra le mani il libro acquistato anni fa a Matera, guarda caso proprio in questi giorni, "Storie di Natale d'Avvento e d'Epifania", di Bruno Ferrero.
Sono storie semplici da raccontare ai bambini, ma adatte anche a Chi conserva quel bimbo dentro che cresce in consapevolezza e non invecchia mai.
Un piccolo Tesoro da cui c'è sempre molto da imparare.
Stasera, sfogliandolo, mi sono fermata ad una pagina che in alto portava il titolo,
"L'Industriale, il Manager e l'Operaio", ovvero... quando il messaggio del Natale ridimensiona ogni cosa, dalle false credenze ai vari ruoli che l'uomo si assegna. Ricordando che Gesù venne al mondo per Tutti, senza distinzione.
Nota su cui riflettere anche quest'anno, soprattutto quest'anno...
L’INDUSTRIALE, IL MANAGER, L’OPERAIO
In una piccola città c’era un Industriale.
Era un uomo potente, con gli occhiali d’oro, la borsa di cuoio, la voce tonante e una grossa automobile con l’autista in divisa blu.
Quando l’Industriale usciva dalla sua palazzina dirigenziale, il Manager che dirigeva la sua fabbrica si toglieva il cappello, faceva un profondo inchino e porgeva deliziosi saluti anche alla Signora.
Il Manager aveva lo sguardo d’acciaio e modi bruschi, usava una grossa automobile rossa e quando usciva dall’ufficio, l’Operaio si toglieva il cappello, faceva un inchino e porgeva deferenti saluti.
L’Operaio viaggiava su una Panda, aveva la spalle un po’ curve e il sorriso triste.
Quando usciva dalla fabbrica nessuno lo salutava. Solo un cane giallo, con la testa ciondoloni, una sera lo seguì e da quel momento non lo lasciò più.
Quando l’Industriale era di cattivo umore strapazzava il Manager, lo chiamava “incapace” e “inefficiente”, scaricava sulle sue spalle tutti i guai dell’azienda e faceva svolazzare fogli di carta battendo grandi manate sulla scrivania di mogano.
Quando il Manager era di cattivo umore chiamava l’Operaio “pelandrone” e “scansafatiche”, lo minacciava di licenziamento, mostrandogli i pugni, e gli attribuiva tutte le colpe per le difficoltà dell’azienda.
Quando l’Operaio era di cattivo umore se la prendeva con il cane e lo chiamava "b a s t a r d o".
Il cane non se la prendeva, perché era la verità.
Il figli dell’Industriale frequentavano la migliore scuola privata della regione, arrivavano a scuola con il macchinone e avevano il tutor che li aiutava a studiare e a fare i compiti.
I figli del Manager frequentavano una scuola in centro, arrivavano a scuola con il fuoristrada della mamma e avevano lezioni private di inglese e informatica.
I figli dell’Operaio andavano a scuola in tram (quando pioveva) e facevano i compiti da soli perché la mamma aveva tanto da fare e l’Operaio non sapeva le risposte.
L’Industriale abitava in una grossa villa con giardino e aveva tre persone di servizio.
Il Manager abitava in una graziosa villetta e aveva la colf filippina.
L’Operaio abitava al settimo piano di un condominio rumoroso.
Il cane di nascondeva dietro cassonetti dell’immondizia.
L’Industriale non voleva che i suoi figli giocassero con i figli del Manager e dell’Operaio e li mandava in un costoso centro sportivo.
Il Manager non voleva che i figli giocassero con i figli dell’Operaio e regalava loro nuove playstation.
I figli dell’Operaio giocavano con il cane.
Tutti i bambini erano infelici perché, insieme, avrebbero potuto giocare a calcio nel campo dell’Oratorio.
Anche i grandi erano infelici.
L’Operaio aveva paura del Manager, il Manager aveva paura dell’Industriale, l’Industriale aveva paura di morire.
Il cane aveva paura di tutti.
Poi arrivò Natale.
Nella Parrocchia dell’Industriale, del Manager e dell’Operaio si faceva ogni anno una “sacra rappresentazione del mistero della nascita di Gesù” e i personaggi erano presi tra la gente.
Essere scelto per la recita natalizia era un motivo di gran prestigio e tutti lo volevano fare.
Così i personaggi venivano tirati a sorte.
L’Industriale, il Manager e l’Operaio furono sorteggiati per personificare i tre Re Magi.
L’Industriale si fece fare un prezioso costume dal sarto, il Manager noleggiò un magnifico costume da sultano e l’Operaio si avvolse nel copriletto della nonna e si dipinse la faccia di nero.
Il cane fu dipinto di bianco per fare la pecorella.
Venne la sera della rappresentazione.
Tutto si svolse a meraviglia.
Alla fine avanzarono solennemente i tre Magi. Dovevano portare i doni alla culla del Bambino e andarsene.
Si avvicinarono e tesero contemporaneamente le mani verso il Bambino, che secondo copione avrebbe dovuto dormire. Ma il cane-pecora abbaiò e il Bambino si svegliò. Gorgogliando felice, spalancò gli occhioni e afferrò con le braccine paffute le sei mani protese verso di lui.
I tre Magi tentarono di liberare le mani, ma il Bambino scoppiò a piangere e furono costretti a prendere in braccio il Bambino tutti e tre insieme, finchè non arrivò la mamma del piccolo con il biberon.
I tre Magi scesero dal palco turbati.
Avevano tutti e tre dentro un pensiero.
“Il Bambino è venuto dal Cielo per tutti. Per l’Industriale, per il Manager e per l’Operaio.
E per tutti morirà sulla croce…”.
Così, nelle vacanze di Natale, tutti videro i figli dell’Industriale, del Manager e dell’Operaio giocare insieme sul prato dell’Oratorio.
Il cane giocava in porta.
L'immagine può contenere: il seguente testo "BRUNO FERNERO Storie di Aatale d' Epifania Avvento e ELLEDICI ELLEDICI"


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