sabato 31 marzo 2018

TANTO SIMILI A NOI E PER NIENTE UGUALI


Non vuole essere un indovinello, anche perché la cosa è scontata. E' una semplice constatazione di fatto. I figli sono sempre più o meno lontani dalle Nostre aspettative, magari faranno anche di più e meglio, nell'immediato ci sentiremo ugualmente traditi.
Si dice sempre, una mela non cade mai troppo lontano dall'albero, ed è vero. Ma il ramo da cui pendeva resterà spoglio e triste, e con gli occhi bassi guarderà verso terra. Perché avrebbe voluto tanto fosse colta prima, quando è stato il tempo giusto.
Rileggo sempre molto volentieri alcuni versi da "Il Profeta" di Khalil Gibran. Trovo che siano di un'attualità struggente...
"Potrete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
poichè essi hanno i loro pensieri.
Potrete ospitare i loro corpi ma non le loro anime,
perchè le loro anime abitano la casa del domani,
che voi non potrete visitare,
neppure nei vostri sogni.
Potete tentare di essere simili a loro,
ma non farli simili a voi".
...
Già, e potranno non essere Nostra prosecuzione, pur amandoci. E sembrare "ribelli" anche riflettendo sul Nostro "pensiero".
Condivideremo lo stesso tetto, ma avranno ali sempre pronte per spiccare il volo, e si accompagneranno con Chi avranno scelto e Noi non potremo seguirli, perché passato è il tempo.
Eppure torneranno un giorno, sia pure per poco, a riconoscere quanto sono stati amati. Non lo ammetteranno per "orgoglio adulto", ma la nostalgia di una "semplicità bambina" lo rivelerà in ogni sguardo, quando vorranno contraddire e contestare non convinti.

venerdì 30 marzo 2018

SE TORNO A PENSARE A ME


Se torno a parlar di me e a scrivere ciò che provo e sento, vado in gran confusione e alla fine smitizzo l'idea che solo le donne siano in grado di fare più cose per volta. Perché per quel che mi riguarda... stasera almeno... non è vero, responsabili sono i problemi familiari che si accavallono, i compiti imprescidibili, e poi il fatto che sono così stanca da tenere a stento gli occhi aperti.
Non è stanchezza fisica, è tutta nella mente, come quando subisci un trauma e la psiche lo scarica sul fisico, trasformandolo in dolori.
E' dura davvero essere al centro del mio "piccolo universo", la famiglia. Mi si dice, sei la "regina", il Nostro "angelo", ma non vedo né regno né Cieli. Vorrei avere le ali però, per poter andar veloce quando fragilità invoca, ed anche la corona per impormi e far vedere che se voglio tutto posso. Metafore che sottolineano quanto a volte io mi senta impotente, pur indispettita e idealmente capace di fare qualsiasi cosa. Ma c'è un ruolo che non può essere svilito, un'immagine da salvaguardare. Preservo questa maschera che fa intendere tutt'altro, guarda sempre avanti e non cambia mai espressione.
E' veramente dura costituire un punto di riferimento, sforzarsi di non deludere le aspettative, ed intanto delle mie disilluse Chi si incarica?
Al solito dovrò essere unica artefice, ricaricarmi da ferma, pensando che a nessuno viene assegnata una croce che non può reggere. Io ho superato ben altro, e allora anche stavolta mi tirerò su pensando che niente potrà annientarmi se non lo consentirò, ho la presunzione dell'intelligenza e comprovata resilienza. Torno sempre a galla, come rete che si porta buona pesca e appresso pure resti di conchiglie scheggiate e stanche.

LA TENEREZZA INDISPENSABILE (...in ospedale per l'Accoglienza e l'Ospitalità)


In ospedale oggi celebrazione del Precetto Pasquale presieduto dal Nostro Arcivescovo, Mons. Vincenzo Pelvi che prima di scendere in chiesa ha voluto far visita al reparto di Oncologia Medica. Commozione ma pure sorrisi in un luogo dove sofferenza e speranza sono imprescindibili.
Poi Tutti insieme, medici, operatori sanitari e volontari per la celebrazione del sacro rito. 
Come è solito fare, il Vescovo ha introdotto con qualche breve riflessione, ribadendo sempre quanto volentieri torna a celebrare tra Noi, in ospedale dove davvero nei malati è presente la carne viva di Cristo, ed è tangibile il desiderio di relazioni intessute di umanità. Quest'ultimo, concetto basilare che ultimamente anima l'umanizzazione dei luoghi di cura. Un sogno da realizzare, perché in ospedale capitiamo un po' tutti e sempre con la speranza di sentirci come a casa, trattati non da numero o patologia bensì "persona" a cui rivolgersi sorridenti e con tenerezza. E' la terapia delle "carezze" che leniscono il dolore e sanano le ferite. Deve ricordarlo Chi approccia al malato con la pretesa di curarlo perché guarisca nel corpo senza che restino cicatrici nell'animo. Se non se la sente o non ne è capace è meglio cambi mestiere, farà del bene a se stesso e a Chi gli capita di fronte.
Si immagina quanto bene possa fare una stretta di mano o un sorriso?
Un paziente poco prima aveva ringraziato il vescovo perchè la Sua stretta di mano gli aveva trasmesso tanta forza, e si era sentito più motivato a continuare quel difficile percorso.
Ed anche per una giovane mamma, un semplice sorriso è stato come carezza consolatrice.
Già, i ministri della Chiesa più degli Altri dovrebbero essere vicini a Chi vive la malattia, confortare e richiamare alla vita, senza concedersi sconti. E in genere pure Chi sostiene di vivere in pieno la Fede, forse farebbe cosa più gradita a Dio se dedicasse parte del Suo tempo a Chi soffre nel corpo. Sporcarsi le mani, insomma non solo coprire le labbra di litanie.
"Nella Chiesa prima l'ospedale e poi la cattedrale", questa l'espressione con cui il vescovo ha congedato... "Oggi sono stato davvero bene con voi".
E Noi con Lui.

CONVEGNO DI "CUORE" - parte terza (Unite in memoria di Assunta)



In qualsiasi tipo di relazione non servono molte parole quando c'è la capacità di penetrare negli animi e la volontà di essere vantaggio l'uno per l'Altro.
La "cura" ad esempio è l'obiettivo di un tipo di relazione, una pratica mossa dall'intenzione di procurare beneficio all'Altro, e necessita per questo di "ricettività" e "responsività".
La ricettività comporta il prestare attenzione, saper ascoltare, usare le parole giuste, comprendere e sentire con l'Altro (empatia), infine la giusta distanza per limitare il coinvolgimento emotivo.
Un medico dovrebbe essere tutto questo, qualcuno lo è, altri se hanno un requisito mancano dei restanti.
Assai valido è l'aiuto nel fare gruppo, che prima di definirsi tale deve riconoscere precise dinamiche...
- Folla, quando ogni singolo dei tanti condivide con questi solo uno spazio ma non il traguardo o obiettivo.
- Massa, se in più persone si raccolgono Tutti insieme per casualità.
- Gruppo, quando finalmente c'è la condivisione totale, di spazio, orientamento e obiettivi.
Nell'ambito di un gruppo o team è necessaria una "leadership" di buon livello. Un leader può essere autorevole se non addirittura autoritario, permissivo, o democratico. Sarebbe auspicabile quest'ultimo, anche se tale conduzione è alquanto difficile, in quanto richiede il continuo mettersi in gioco, la fiducia e il rispetto per l'operato di ogni collaboratore.
Metafore, aneddoti e aforismi hanno vivacizzato la relazione del dott. Petrone, a cui sono seguiti interventi e testimonianze dei partecipanti all'incontro, una foto di gruppo, e la consegna del "dono" da parte di Assunta per mano delle volontarie dell'Associazione "I Folletti Laboriosi". Una sciarpa rosa, graziosamente confezionata, per ogni Donna Coraggiosa che ha "accolto" la malattia, "cogliendone" le opportunità.

martedì 27 marzo 2018

CONVEGNO DI "CUORE" - parte seconda (Unite in memoria di Assunta)


I primi tre anni di vita trascorrono tra sensazioni la cui percezione poco muterà nel tempo, ed emozioni di cui non si ha consapevolezza. E' all'incirca intorno a questa età che cominciano a "registrarsi" i ricordi, un bagaglio che con gli anni diventeranno in parte un pesante fardello. Così spesso si farà ricorso alla memoria, desiderando ricreare la condizione delle origini.
"Se rendo più scure le mie ciglia
E gli occhi più lucenti
E le labbra più rosse o se chiedo,
di specchio in specchio, se tutto va bene,
non è per sfoggio di vanità:
Io cerco il volto che avevo prima che il mondo fosse creato". (W.B. Yeats 1865)
Ovvero... quando non sapevo né mi riconoscevo, ma bastavano le carezze... tante, e la positività trasmessa da suoni familiari, parole e risate.
Essere allevati con amore, insomma. Continuare la prosecuzione di quell'accoglienza, e sarà la mamma soprattutto ad avere questo compito già con l'allattamento, quando donerà al piccolo non solo il nutrimento ma pure i Suoi sogni (reverie - la madre provvede al bisogno di amore e di comprensione del bambino, così come con il latte provvede al suo nutrimento. Se non fosse associata all'amore per il bambino la reverie materna non sarebbe davvero tale e non potrebbe espletare il suo effetto).
Se la madre rappresenta l'educazione all'affettività, il padre ricopre il ruolo di Chi dà l'impronta della moralità. La prima è sempre accogliente, l'altro dovrà valutare, in un certo senso giudicare e correggere. L'equilibrio genitoriale è alla base dello sviluppo della personalità. Una personalità che resta involuta, o non pienamente in luce prima o poi si ammalerà, può darsi di depressione ma pure di qualche patologia seria ad organi vitali.
L'uomo è un essere che non esiste al singolare. La Nostra psiche è reticolare, ovvero vive di relazione già da subito, nell'ambito familiare. Lo si ammetta o no, siamo custodi dell'Altro. Il bisogno che abbiamo degli Altri e la responsabilità di andare incontro all'Altro... aggredirlo in senso positivo come l'etimologia richiama... è la chiave di ogni moralità, l'atto di rinascita di ogni moralità...
(continua)

lunedì 26 marzo 2018

CONVEGNO DI "CUORE" - parte prima (Unite in memoria di Assunta)


Dicevamo... bellissima occasione, felice opportunità questo incontro, condotto con professionalità da uno psiconcologo e nello stesso tempo vissuto come un ritrovarsi tra amiche, un sabato mattina di quasi primavera.
Dopo la presentazione delle tre Associazioni locali (G.A.M.A. Oncologico, Agata, Andos-Foggia), è stata la volta di "I Folletti Laboriosi". La presidente ha riferito circa la loro "mission" e le motivazioni. Dal 2006 alcune amiche, entusiaste e abili nei lavori manuali femminili, si sono messe insieme dedicando il loro tempo libero alla realizzazione di progetti di beneficenza a favore dei bimbi sofferenti e in seguito anche per gli anziani ospiti di case di riposo.
Un giorno, una di loro si ammalò di tumore al seno e affrontando con fiducia e con il sorriso il percorso delle cure, non aveva mai smesso di collaborare con i Folletti, sempre animata da grande spirito di solidarietà e convinta che la forza di "essere insieme" le sarebbe stata di aiuto. E in effetti così fu per un certo periodo, poi purtroppo la situazione cambiò, ma Assunta, folletto instancabile, prima di volar via, pensò ad un grande progetto che riguardasse le "Donne Coraggiose" come Lei. Confezionare dei manufatti da donare alle operate al seno in cura al Suo stesso ospedale, appunto gli OO.RR. di Foggia. Assunta non fece in tempo a veder realizzato questo sogno, però il marito si impegnò a farlo per Lei, e ieri mentre tutto si compiva e veniva raccontata la storia del dolce folletto Assunta, Lui era visibilmente commosso.
Per una relazione di continuità tra malattia e risvolti psicologici, e soluzioni per affrontarla conoscendone cause ed effetti, non poteva mancare il moderatore che rendesse concreta la "teoria", accogliendo la "pratica" sofferta, a volte subita, altre sapientemente gestita dalle Donne presenti.
E con professionalità ed empatia, il dott. Petrone ha cominciato la Sua relazione, introdotta da una slide sulla figura del medico...
"Il medico non è un salvatore, né un tecnico, ma è un'esistenza di fronte a un'altra esistenza, è una natura fragile che porta nell'altro e con l'altro la libertà e la dignità di vivere e di essere riconosciuti"
- K. Jaspers -
Jaspers diede notevole impulso alla psichiatria di tipo fenomenologico, fondata sulla convinzione che i sintomi vanno analizzati e diagnosticati per la loro forma piuttosto che per il loro contenuto.
Lo specialista deve perciò caratterizzarsi da un lato per la conoscenza scientifica e l'abilità tecnica e dall'altro per l'ETHOS umanitario. L'ethos è un atteggiamento verso qualcuno, e in quanto atteggiamento, esso è una postura, un modo di disporre la persona. L'approccio della psicoterapia deve basarsi sulla fondamentale distinzione tra corpo-Korper e corpo-Leib, dove il primo sta per essere corpo anatomico, e l'altro corpo-vissuto, fisico e non solo, pure emozioni, sentimenti e ricordi.
Nulla avviene per caso, meno che mai la malattia, che affonda le sue radici nelle varie cause note (ambientali, genetiche, alimentari, ecc.) ma non solo, pure nell'inconscio, andando indietro nel tempo, dal momento della nascita in poi. Il neonato non ha consapevolezza del mondo esterno in cui si trova catapultato a forza, e comunque viene accolto. Non sa da dove viene, vive le immediate sensazioni fisiche, non conosce Chi lo ha accolto fisicamente alla vita. Crescendo e già nei primi mesi di vita si accorge che esiste un altro tipo di accoglienza, fatta di carezze, espressione di amore che non la riduce a pochi momenti e la rende continua nel tempo...
(continua)

domenica 25 marzo 2018

... e poi accade che di tutto quanto è chiaro il senso. (introduzione a... CONVEGNO DI "CUORE")


Titolo a caratteri minuscoli? C'è un perché...
Perché questa sarà una sorta di prefazione al post vero e proprio che scriverò domani. Coi dettagli, i particolari che fanno "bene" a Tutti.
Così mi pare già di leggere nel pensiero di qualcuno... e come mai questa novità?
Bene, oggi ho avuto come un'illuminazione, diciamo la conferma che tutto quanto avevo intuito da allora in poi, è comunemente considerato giusto e veritiero da persona con le competenze, che dall'evento, apparentemente casuale, risale alle cause recondite e pur insite nel soggetto, e poi analizza gli effetti.
E all'improvviso appare chiaro il senso di ciò che è successo, nello specifico... di quel che mi riguarda, la malattia come evento traumatico che ha messo la coscienza di fronte a se stessa, le ha imposto di prendere consapevolezza dei bisogni e desideri, di fare scelte e... cambiare. Cambiare stile di vita, stravolgere false convinzioni, trovare finalmente il "tassello" mancante che completasse la "persona".
L'evento a cui ho partecipato quest'oggi, organizzato da tre associazioni locali che incontravano una quarta, per celebrare con manufatti donati a donne operate al seno, la memoria di una paziente, è scivolato fluido e trasparente come acqua benefica di sorgente. Non c'è stata alcuna donna partecipante che non si sia ritrovata in almeno uno dei passaggi della relazione riferita dal dott. Antonio Petrone, psicologo e psicoterapeuta, psiconcologo della Nostra Breast Unit locale. Linguaggio semplice, parole giuste hanno accompagnato lo scorrere delle slide proiettate, ne è seguita naturale interazione da parte delle donne. Perché quando a toccarsi sono certe corde, è come farlo su nervi scoperti, mettere del sale su una ferita aperta...

SAPERE E CONSAPEVOLEZZA


Non aveva voluto sapere più niente di sé, era stata sufficiente la diagnosi, su come sarebbe andata in seguito era stata irremovibile. E l'aveva dato a credere fino all'ultimo. Consapevole ma volutamente nel "limbo dell'ignoranza", strategia come un'altra per non perdere forza e speranza, quest'ultima tutta riposta nella fede di un'incredibile concretezza. A guardarla e soprattutto ascoltandola una volta era venuto il dubbio persino a me, da sempre convinta che sapere è meglio perché fornisce le armi giuste per combattere alla pari. E se fosse stata Lei ad aver ragione? Una cosa era certa comunque, quando la incontravo durante i Suoi periodici appuntamenti, era sempre lì a parlare di cucina, estetista, figli, amiche tante e care, e poi della "Sua Compagna in Cielo", nel cui aiuto riponeva assoluta fiducia. E così mantenne la costante serenità, e mai la vidi in lacrime.
Stasera mi è tornata in mente, ripensando ad una ragazza che incontro ogni settimana, una ragazza molto giovane che ancora studia per diventare infermiera ed intanto è lì a curarsi. Quando si è raccontata qualche tempo fa, un po' di considerazioni silenziose e personali me l'ero fatte, poi stamattina ha confermato il mio pensiero...
So quel poco per essere consapevole di ciò che mi sta capitando, ma non abbastanza per capire come andrà a finire...
Quel tanto che basta. Ho pensato io, tornando a casa... quel tanto che basta per cadere nell'angoscia nei momenti bui della malattia, e subito dopo però riprendersi a giusta forza. Perché si può credere nei progressi della medicina, nell'efficacia delle nuove terapie sempre più mirate a rafforzare il sistema immunitario e con minor numero di effetti collaterali. Per una nuova "cultura" della malattia, che porta a non nascondersi e invece a condividere, annullando solitudine e pregiudizi, impedendo di "afflosciarsi" a qualsiasi età, anche quando avanti negli anni sarebbe più che comprensibile. Ecco, in presenza di patologia come questa succede sempre più spesso il contrario, e instancabili madri acciaccate eppure contente si ritrovano a rassicurare, aiutare e confortare figlie in ansia. E poi insieme a sperare.

venerdì 23 marzo 2018

COME NUVOLA AD APRILE


Ovvero... avere consapevolezza di un problema o più nella vita ed affrontare il tutto, curando di mettere a riparo mente e Cuore, convinti che tanto passerà. Perché ogni cosa, anche la peggiore, passa prima o poi e pazienza e amore per se stessi aiutano come un ampio "parapioggia" a far scivolare tutto di dosso.
Serve leggerezza nella vita, e non vuol dire essere superficiali e non significa che, al tempo stesso, non si possa essere anche profondi, se serve.
La Leggerezza è una specifica condizione che si raggiunge quando si è in grado di vedere un problema per le soluzioni che offre e non per il peso che ha, restando connessi costantemente con il proprio sentire, le emozioni e sensazioni. Questo dà modo di sapere esattamente quali sono i bisogni e come possono essere soddisfatti.
E' Leggerezza essere un tutt’uno con il sorriso, saper sorridere alla Vita qualunque situazione essa presenti.
Io decisi per la "leggerezza" nel momento in cui mi resi conto che l'isolarmi mi caricava di un "peso" troppo grande per spalle che avevo considerato sempre deboli. Uscii allora allo scoperto, e subito mi sentii leggera. Nulla di cui vergognarmi, niente da nascondere. Da allora non cerco altro che spunti di alleggerimento, e quindi nel mio girovagare ho trovato una frase che mi ha colpito...
“Permettiti di essere Profonda con Leggerezza e Seria con Passione”.
Ha toccato dentro di me una corda importante, e ho sentito che avrebbe portato con sé un messaggio significativo.
Essere leggeri è una predisposizione d’animo. Non è detto che questa sia una nostra tendenza ma di sicuro può essere coltivata, costruita, nutrita e sperimentata.
E per farlo, prima di tutto, occorre volerlo.
Quando ci capita di vivere situazioni pesanti, problemi consistenti, o di soffrire per eventi che ci hanno colpito e segnato nel profondo, ci dimentichiamo completamente di quel senso di leggerezza che è dentro di noi e che abbiamo sperimentato in occasioni di gioia e di personale soddisfazione.
Stare preoccupati, tristi, sconfortati, non aiuta ma per assurdo appesantisce. Ma come si può fare per evitare tutto questo? Per un attimo chiediamo aiuto al Nostro Passato, sebbene non valido del tutto, sia ormai "storia" e niente di più. Pensiamoci allora, e sicuramente troveremo un momento vissuto con la leggerezza e la sensazione di aver camminato su una nuvola. E questo è sufficiente per credere che possiamo sperimentarlo nuovamente poiché ci sono i presupposti per poterlo fare.
Impariamo a tenere pulito e in ordine ciò che ci appartiene, sgombro da ciò che è inutile e a volte pure dannoso, e persino la mente ne trarrà giovamento con meno pensieri. Ho detto più volte che personalmente quando sono nervosa ne fanno le spese gli armadi di casa e i sacchi di plastica che si riempiono di tutto e forse anche di più. Alla fine sarò pure stanca ma incredibilmente ridefinita in leggerezza.
Importanti sono anche le relazioni e come sono vissute. Esistono rapporti da rivedere e correggere, come quelli da legami forti che non si possono escludere dalla vita, e poi quelli instaurati nel tempo, che se ci fanno male o ci appesantiscono, si possono chiudere senza scrupolo o timore. Alla fine sarà un beneficio per Noi e l'Altro.
Infine la Leggerezza esige la completa libertà da ogni forma di condizionamento. Se ci si accetta per quel che si è, non conterà più di tanto il giudizio altrui, in automatico si diventa più flessibili e morbidi con Noi stessi e gli Altri.
Rileggo ciò che ho scritto stasera, e mi pare aver descritto un "trasloco". Quando nella casa nuova si porta l'essenziale di sempre, mobilio e biancheria in dote, ma poi si tende a cambiare i "particolari", rinnovandoli ma senza esagerarne il numero. E il tempo e le "vane necessità" ancora porteranno ad accumularne altri, e il bisogno di leggerezza farà il suo corso perché possiamo andare avanti.

giovedì 22 marzo 2018

DALL'ENNESIMA PAGINA...


Sarà per questo inizio anomalo di primavera, oggi per me è stata giornata strana. Iniziata tra i lamenti altrui, compreso il lacrimare del cielo, e continuata allo stesso modo fino a sera. Pensare che era mercoledì, e doveva trascorrere in tutt'altro modo. Va bene che ormai i programmi per me non sono più un problema, mi basta partire dal presupposto che non sono da rispettare al 100% e il resto va da sé, però almeno si apprezzi questa mia capacità di stravolgimento senza drammi e traumi, trasfomato in adattamento senza limiti. Invece è dato per scontato, e pensare che un tempo non era così e persino una tazzina in frantumi mi mandava in crisi perché guastava l'ordine nella vetrinetta. Tutto scordato, nel bene e nel male, e d'altro canto importante è che non sia io a dimenticare, perché così l'autostima si conferma e dall'ennesima pagina pur con qualche correzione sono pronta a ricominciare.
Nessun rancore, alcun rimuginio... un verbo solo, restare sempre dalla stessa parte. Quella dei legami forti e dei sentimenti sinceri, anche dopo qualche delusione, pure se non corrisposti alla stessa maniera.
Vero è che in ogni situazione m'impegno sempre al massimo e do tutta me stessa, quindi in coscienza niente da rimproverarmi, ma perché allora vivo una mia mancanza o errore come se Altri me lo facessero notare pesantemente? E' chiaro che il problema è mio. Ed è a questo punto che temo di tornare anche solo sfiorandolo, al tempo antico. Quando le crisi di inadeguatezza erano all'ordine del giorno ed io continuamente al centro di una spirale incerta. No, ora non posso permetterlo a me stessa, non è più tempo e poi devo pensare a proteggermi.
Che faccio... volto pagina? E di questa, l'ultima parola scritta, la più bella di cui essere fiera... se mi va di rileggerla?
No, non posso voltare pagina. Ancor meno, cambiare libro, argomento, interessi... tutto ciò che è dolore e insieme pur grande passione.
Che faccio insomma...?
Riprendo dall'ultimo rigo, evidenziato e poi corretto più volte... si, finalmente decido. Per ricominciare.

QUANDO LA PRIMA VOLTA...

Beh, devo dire che fui davvero fortunata quella prima volta. Non mi chiesero quale fosse la mia preferenza (letto o poltrona... comunque avrei scelto a caso), anzi non mi fecero affatto domande, restai muta nel mio silenzio denso di pensieri, riuscii a controllare il magone senza ingoiare più volte a vuoto. E il ghiaccio fu rotto.
Eppure fino a poco prima, in attesa di sentir pronunciare il mio nome, mi ero sentita come sospesa tra sonno e dormiveglia, in una sorta di pre-incubo.
Ma che ci facevo là, tra tutte quelle persone che parlavano tra di loro, con un cerotto sul braccio o sulla mano quale segno di riconoscimento di una sorte comune? Mi sentivo un'estranea e provavo un certo imbarazzo quasi gli altri pure mi fissassero come si fa con un'estranea, incuriositi e nello stesso tempo finti indifferenti. Se avessi potuto, sarei scappata a gambe levate... tanto mi sarei svegliata a breve... o no?
La pessima sensazione di disagio per fortuna durò poco, cominciai a guardarmi intorno e cercare di fissare nella memoria quei volti, ad ascoltare quelle voci che parevano conservare la serenità di sempre. Doveva essere vero allora, pensai, poter adattare la malattia alla propria vita e continuare a vivere in assoluta normalità. Fu il pensiero di un attimo, perché l'ansia per quello che non mi era noto prese il sopravvento.
Fui accompagnata in una stanza dove c'erano quattro poltrone molto simili a quella del dentista, "Scegliti il posto", mi fu detto ed io istintivamente e in fretta andai ad accomodarmi su quella accanto alla finestra. Voglia di essere fuori da quel posto, bisogno di respirare la mia aria, quella che mi portavo sempre appresso ma che avevo dovuto lasciare fuori di là, l'ossigeno per riprendermi da una specie di apnea forzata.
Quella "prima volta" comunque andò, e se sono qui a raccontarla nei particolari, significa pure che il segno l'ha lasciato ma, per quel che mi riguarda, in positivo. Le emozioni vissute fino in fondo servono a questo, si trasformano in ricordi che diventano insegnamento da condividere, e forse in me già dal primo giorno era in divenire ciò che sono oggi...
quando la prima volta appartiene ad un'altra persona, che ha negli occhi lo smarrimento per celare la paura, e non sa se può o meno accettare una caramella. Un semplice sorriso e la rassicurazione che andrà tutto bene, e ci saranno giorni migliori di questo... ecco, solo questo da parte mia, frutto di quella prima volta e di molte altre dopo, diventate bagaglio da portarsi dietro per il resto della vita.

martedì 20 marzo 2018

IL TEMPO E' COMPIUTO


Pausa da qualsiasi momento cognitivo e approfondimento invece di quello spirituale, oggi all'incontro del GAMA.
Senza alcuna preclusione ad altre religioni ma da buoni cristiani, giunti quasi al termine del cammino quaresimale, in quest'ultimo appuntamento che precede la Santa Pasqua, abbiamo fatto il punto sul senso che per ognuno assume tale periodo forte di conversione e fede. E' infatti nel mistero di morte e resurrezione del Cristo, il fulcro della religione da Noi professata, e quel cambiamento auspicato già a Natale è qui che si compie.
Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino... si legge nel Vangelo di Marco... convertitevi e credete al Vangelo.
A prima vista appare come una minaccia terrorizzante, invece è Parola di Salvezza. Gesù conforta e incoraggia... Finalmente, Dio è vicino, non bisogna cercarlo, si lascia vedere, toccare. L'attesa del Messia da parte del popolo d'Israele finiva, ci si aspettava un ribaltamento forte e violento, ma Cristo portava ben altro. Un cambiamento pacifico di riconciliazione.
Questo è, in estrema sintesi, il messaggio della Quaresima, che diventa impegno di vita, lasciarci riconciliare con Dio in Cristo Gesù, permettendo a lui di mettere in Noi un cuore nuovo, trasformato ad immagine del suo cuore.
Dio si fa alleato dell’uomo, sempre pronto, a rinnovare l'alleanza, fino ad arrivare alla promessa di quella nuova, non più fondata su tavole di pietra o sull’appartenenza a un solo popolo, ma sulla conoscenza di Dio e alla nuova legge posta nel cuore. Il motore di tutta la storia è Dio Padre che, per amore dell’umanità, sacrifica il Figlio suo Gesù. Questi, una volta innalzato sulla croce, non sarà sconfitto, ma vincerà attirando tutti a sé, nella salvezza. Non avrà fatto uso di armi ma del Suo estremo sacrificio.
Di fronte a tanto e tale amore a Noi non resta che lasciarci coinvolgere, lasciarci trasformare, permettendogli di metterci dentro un cuore nuovo, il Suo cuore, il Suo amore, la Sua parola.
Pur essendo il messaggio essenziale della Quaresima oggettivamente valido per ogni tempo, si nota qualche anacronismo a cui si cerca di porre rimedio da parte di Chi vuole vivere la Fede nell'immediatezza dei propri giorni, con maggiore consapevolezza di scelte. E ciò che era vissuto un tempo come privazione o ritualità "subita" per tradizione non comprendendone bene il significato, ora può essere vissuto o meno senza che questo pregiudichi la qualità del proprio sentimento religioso e il percorso di salvezza.
La dimensione spirituale resta un aspetto importante dell'essere umano, e qualunque sia il "credo" abbracciato è luce e guida per non brancolare nel buio di un'esistenza che altrimenti non avrebbe senso. E spesso diventa valido aiuto, àncora cui aggrapparsi quando ci si sente andare a fondo.

lunedì 19 marzo 2018

LA "TUA ORA"


Viviamo la Nostra vita come non dovesse mai avere fine, e per giunta convinti che debba scorrere liscia, su un unico binario e alla velocità che desideriamo. Poi succede che una brecciolina o addirittura un macigno finisca tra i giorni che procedono normali, e la realtà appare come è, né brutta e neppure bella, semplicemente "svelata". E' così che arriva la "Tua ora". Alcuna paura, non vuol dire che sia la fine, è solo il momento che sei chiamato a mostrare quel che sei, ciò che vali, a mettere fuori il meglio di Te.
I miei pensieri prima di andare, stasera nascono da riflessioni sulla pagina del Vangelo ascoltata oggi, V Domenica di Quaresima. Gesù, in quanto uomo vorrebbe che fosse allontanato quel momento, ma conclude che dopo tutto è stato mandato per quell' "ora" che dovrà affrontare. Nel disegno preciso che lo riguarda c'è una finalità, e per questo dà tutto se stesso, offre la vita sulla Croce per Amore dell'umanità.
Ricordo da un'omelia un'espressione che mi colpì per la veridicità del paragone. L'Amore di una madre è pari a quello del Cristo che si sacrifica, perché entrambi donano la vita a discapito della propria. Nella quotidianità è cosa già riscontrabile, la mamma è sempre due o più passi indietro perché al figlio non manchi nulla, prega per lui, lo ama visceralmente come lo avesse ancora e per sempre in grembo. E lo protegge, in alcuni casi fino alla morte. Come fu per Gianna Beretta Molla che, incinta, rifiutò le cure per un tumore, purché la Sua piccola potesse vedere la luce. E fu la prima madre che diventò santa per essere stata mamma fino in fondo. Per aver dato il meglio di sé quando fu la Sua "ora".
Questo tempo di Quaresima, ormai quasi al termine ci impone qualche riflessione in più, anche al di fuori di un contesto prettamente cattolico, sono considerazioni che riguardano tutti o almeno quelli che tengono alla dignità dell'essere umano, che ad un certo punto fanno un bilancio e tirano le somme, e dove disavanzo c'è sanno bene che occorre darsi da fare per colmarlo. E' questione di lucida analisi di sé, nient'altro. Perché non siamo vegetali e di altra linfa vitale abbiamo bisogno.

domenica 18 marzo 2018

I FORUM


Si sa, va così, l'abbiamo fatto tutte, forse ancor prima della diagnosi. Quel che un tempo era stato il consultare l'enciclopedia medica, in quest'era tecnologica è sostituito dal rivolgersi ai "forum" in internet, che meglio è di Wikipedia ma ugualmente, se lucidità anche per poco manca, destabilizza qualsiasi equilibrio.
Ci si approccia prima con titubanza, quasi a voler scacciare l'idea che la "cosa" possa riguardare, poi si prende il coraggio a due mani, tanto nessuno ti conosce, né può leggere l'angoscia negli occhi, e sia quel che sia, spegni tutto e dimentichi... dimentichi? E come si fa, il problema c'è ed è purtroppo reale. Finalmente poi si va dal medico, diagnosi, intervento e terapie, nell'immediato si sta più tranquille, dopo un po' già dal primo confrontarsi cominciano i dubbi.
E perché questo a me non è stato detto, fatto, prescritto? E se avessero preso un abbaglio? E se per responsabilità di chissà chi mi succedesse un guaio?
E così a seguire, all'infinito in una spirale senza uscita. Il forum... lo dice l'origine etimologica della parola stessa... è una "piazza" dove ci si trova a parlare, confrontarsi, per saperne di più ma senza farsi condizionare. Qui impari subito che ogni patologia tumorale costituisce un caso a sé, che va affrontata con modalità terapeutiche diverse e gli esiti lo sono altrettanto pur in presenza di eventuali identiche terapie. E' importante esserne consapevoli ancor prima di pensare ad iscriversi ad un forum, dove l'argomento... tumore, è considerato per la quasi totalità in chiave medica.
Io non ero ancora su Fb quando mi ritrovai su un forum non per mia scelta consapevole. Però, dai...è meglio che racconti tutto dall'inizio.
Dopo il primo momento, non tanto breve, d'impatto con la malattia, mi trovai criticamente davanti a delle scelte, come quando arrivi di corsa ad un incrocio e devi prendere una strada, e lo devi fare anche in fretta perchè sai che non puoi perdere tempo. In un modo avrei dovuto reagire, o gettando la spugna, convinta che per me non ci fosse speranza data la gravità almeno apparente della situazione, oppure chiamando a raccolta le mie energie per giocare il tutto per tutto, tanto non avevo niente da perdere. Il sentirmi spiattellata in pieno viso la cruda realtà aveva scatenato in me un vero e proprio moto di ribellione, il tumore era il mio nemico ed io avrei dovuto annientarlo.
Ma poiché non si può contrastare un avversario se non lo si conosce, cominciai ad informarmi di tutto, della patologia in ogni suo aspetto, terapie ed intervento, in questo modo avrei saputo come agire senza paura. Poi "mi prescrissi un'autoterapia di supporto" per la psiche, dovevo venire a conoscenza di esperienze simili alla mia, non rifuggirle, anzi assumerle nella loro totalità, bella o brutta che fosse. Mia figlia, per agevolarmi mi iscrisse appunto ad un forum in internet, "Dure come muri", e per sdrammatizzare mi comunicò la cosa con queste parole, "... sono tutte donne sfigate come te, mamma, potrai comunicare con loro dubbi ed ansie, e vedrai, dopo un po', quando starai meglio sarai tu ad essere d'aiuto per altre". Parole non proprio gentili, che a parte l'essere sfigate, si rivelarono veritiere, a breve e lunga scadenza. Realtà persino a me, ancora incredibile.

sabato 17 marzo 2018

NESSUNO SI SALVA DA SOLO


A quante interpretazioni si presta un titolo come questo, una semplice frase che è espressione di scoramento e speranza insieme.
Come accade spesso, ho letto casualmente... Nessuno si salva da solo... e i pensieri hanno preso a susseguirsi, riprendendo da ciò che ho scritto ieri per il compleanno di un' "Amica", diventando poi considerazioni sul mio vissuto giornaliero.
Siamo gusci di noci divisi a metà, che ritrovano l'unione restando a galla pur in un mare di difficoltà, a patto che restino vicini, l'uno accanto all'altro. Se il primo vacilla, il secondo si affianca e lo sostiene...
E il pensiero va ai compagni, marito o moglie, ai fratelli o figli, a quelli insomma che incontro e vivono insieme ai propri cari sia pure in modo diverso la malattia. Li chiamano comunemente accompagnatori, ma sono molto di più, perché si prendono cura, traduzione letterale e dal senso più completo di "caregiver".
l ruolo di Chi sta vicino allora quale sarà...? Resta comunque un compito assai difficile.
Al di là della fatica vera e propria, che dire della responsabilità morale e poi del "fardello psicologico" che non deve rivelare mai strappi e cedimenti? E se difficile sarà per un caregiver di professione, si immagina quanto più potrà esserlo per un familiare, un compagno/a, un marito o una moglie?
Molte volte però è stato ripetuto che quando è il marito ad ammalarsi, la moglie è più paziente ed accudente. Sarà per una propensione materna che dura pure 100 anni, ma anche perché la tempra interiore femminile è davvero tosta. E' come la roccia. Si leviga ed arrotonda per le intemperie ma non si frantuma, e resta salda là dove è posta.
Poi c'è il sentimento che lega, e anche in questo caso il primato è della Donna. Se ama, ama davvero e nemmeno l'ombra di un futuro nerissimo la farà mai scappare. E poi c'è il retaggio educativo che si riscontra soprattutto in donne di altri tempi.
Stamattina per esempio, ero sul punto di andare via dal reparto quando nel corridoio semi deserto ho incontrato una signora dall'espressione annoiata e piuttosto triste, stanca. Le ho offerto qualcosa dal mio cestino. poi mi sono seduta accanto e abbiamo preso a chiacchierare. Se all'apparenza mi era sembrata restia alla conversazione, è bastato quello, mettermi al Suo fianco, perché la realtà fosse tutt'altra. Ha raccontato della malattia del marito, quanto questi fosse insofferente e a volte ingrato nei Suoi confronti, e d'altro canto però la fortuna di avere tre figli che la supportavano in ogni modo...
Vedete, signora... i miei figli sono più che presenti, nonostante Lui non sia stato un padre presente e abbia sempre scaricato tutto su di me. Eppure abbiamo fatto e stiamo facendo quel che si deve...
E quel che fu un ruolo diventa così un compito carico di responsabilità, perché in certe situazioni non si può sgarrare nemmeno per sbaglio, per non sentirsi in colpa e non avere rimorsi, per non aver fatto tutto quasi per rendere la pariglia.
Davvero non ci si salva da soli, perché anche in un percorso senza speranza, quanto vale la presenza coraggiosa di Chi resta e non si stanca.

TU... SEI FORTE?!


Tu sei forte. Punto. Lo ripetono così, senza mezzi termini, o dubbio. Tu sei forte. Punto. E così si mettono al sicuro, e a Te non resta altra scelta che mostrare di essere forte, che te la senta o meno, che sia vero o falso. La verità la conosci solo Tu, ed è che hai una paura fottuta, che il tempo passa ma lei no, anzi... e devi darti da fare in ogni modo per non restarne schiacciata.
Ma dai, Tu sei così forte...
E da un punto arriviamo a tre, di sospensione. Vuoi vedere che qualche dubbio si fa strada? No, non conviene. Tu sei forte, non lo negare. O per caso hai deciso ora, dopo tanto tempo, di piangerti addosso?
Piangermi addosso, proprio no, non l'ho mai fatto perché non mi piace, piuttosto piango lacrime vere da sempre, per alleggerire il dolore passato di una ferita viva che comunque ha lasciato il disagio di una cicatrice. E piango davvero, all'improvviso, magari mentre lavo un piatto o giro il cucchiaio di legno nel ragù, già... soprattutto questo pesa tanto, per un braccio che funziona perennemente a batterie quasi scariche. Ma non poteva almeno succedermi a sinistra?! Mah... alla fine sarebbe stato lo stesso, a che serve notare questa "piccola cosa", anche perché Tu superi tutto. Sei o non sei forte?
Bene, mi fa piacere, qualche volta ci si ricorda del suono garbato di una domanda retorica, meglio di niente. E intanto so bene che cosa si nasconde in quell'interrogativo che non ammette replica.
Hai deciso di restare là nel mezzo, a torturarti, a registrare bollettini di guerra... che pretendi? Ovvio che ti prenda la paura. E non si sa, perché non l'ho mai detto a Chi non capirebbe oppure si, ma a suo modo e per comodità, quante volte ho pensato di lasciare tutto quanto, darmela a gambe sempre per quella paura che mozza il respiro al solo pensiero... e se poi fosse... di nuovo... addirittura, la fine?
Ma poi... succede sempre qualcosa, un incontro, una nuova conoscenza, un sorriso che si affida... un segno insomma, che mi invita e quasi mi impone di continuare. E allora, pur tra le lacrime e con le mie lacrime, resto e non mollo. Per continuare...

giovedì 15 marzo 2018

PAUSA DI RIFLESSIONE


Finalmente un cielo azzurro, terso e quasi trasparente. E intorno il silenzio. Ciò che serve per riflettere, concedersi una pausa dalla doppia fila di pensieri che invece non sgombrano dalla mente.
Oggi, uscita fuori porta a Celenza Valfortore, l'ultimo comune della Puglia, confinante col Molise da cui è divisa dal lago di Occhito, bacino artificiale creato con lo sbarramento del fiume Fortore. Dal belvedere più alto che affaccia sul lago e la campagna circostante, appare netta la distinzione.
Un paese in due parti, quella nuova e il borgo storico tutto in pietra, da cui si erge e spicca la torre merlata del Palazzo Ducale. Un paese in salita, un passo dopo l'altro... almeno per me... oggi messi insieme con fatica, cosa insolita cui ho cercato comunque di dare una spiegazione, non dico logica ma probabile a causa di qualche esperienza vissuta negli ultimi giorni. Di ciò che pesa sull'animo, si sa, risente anche il fisico, e nulla si può se non ricaricarsi in ogni modo. Per questo, pausa di riflessione, a contatto della natura pronta ormai al risveglio primaverile, guardando il cielo con qualche nuvola stracciata, pregando a mio modo dall'ultimo banco della Chiesa della Croce, ancora fredda perché il tempo buono è appena iniziato, e ce ne vorrà...
Poi i soliti vicoli stretti, qui ovviamente tutti in salita, e una gran quantità di auto, troppe davvero per un paese di soli 1400 abitanti.
E pensare che negli anni '80 Celenza ne faceva più di 4000, era soprannominata la piccola Milano del sud per le sue tante imprese dall'attività frenetica, considerata felicemente strategica per quella linea di confine, e indispensabile per la disponibilità idrica fornita dalla vicina diga di Occhito. Nel tempo le situazioni cambiano, e purtroppo non sempre in meglio, così oggi questo comune è spettatore dello spopolamento a causa di una migrazione continua, accentuato da decessi in numero eccessivo rispetto alle nascite. Nell'ultimo anno, più di cinquanta a confronto di tre nuove vite.
Mentre la cassiera del negozio di alimentari, allocato in una roccia, mi aggiornava sulla situazione demografica, ho pensato alla rinascita, che è poi vita due volte, e quanto spesso in parte non cediamo ad essa, vivendo a metà. Rinunciando, ad esempio... non accettando il confronto, e con la resa smorziamo ogni entusiasmo. E' innegabile che alcuni fatti ed eventi portino a questo, è tutto normale... ma poi? Forse una pausa di rifessione basterebbe per ricominciare. Magari solo qualche minuto seduti su una panchina, al sole... di fronte ad un belvedere.

mercoledì 14 marzo 2018

INCONTRI


Passata la prima decade di marzo, non faccio che pensare ad una persona. Una persona che non c'è più ed ha lasciato un'eredità incredibile. Se si potesse quantificare varrebbe tutti i tesori del mondo, forse anche di più.
La sto pensando di continuo in questi giorni perché a fine mese sarà giusto un anno che è volata in cielo, e non è un modo di dire, perché se Paradiso esiste, Lei è lì per giusto diritto.
Sorridente sempre, fiduciosa nonostante prova contraria, serena fino all'inverosimile persino tre giorni prima che tutto finisse. E basterebbe questo per comprendere il perché nessuno la dimentica.
Ricordi... quella ragazza bionda, sempre sorridente...?
Chi... quella che sembrava un angelo? Ma certo... Daniela.
Ed io che senza domande ho sempre davanti agli occhi Daniela, e nelle orecchie la voce e le parole in quel Suo italiano che la facevano tanto bambina, la sento vicina, vicinissima tanto che ieri sera, casualmente sono finita nel profilo WhatsApp ora disattivato ma di cui conservo i messaggi che ci scambiavamo. Li ho riletti tutti, uno per uno ed è stato rivivere ogni momento, e poiché la Sua gioia traspariva sempre, è stato così anche ora, fino all'ultimo quasi a far dimenticare ciò che poi è stato.
Ieri... i messaggi, oggi... ho incontrato Suo marito che non vedevo da quasi un anno.
Nulla avviene per caso...? Qualcuno la dà come frase fatta, io sostengo che le frasi le facciamo Noi perché diamo giusta considerazione a ciò che è, la realtà.
Potrei essere stata la mamma di Daniela, come pure di Suo marito, ed è così che mi sono sentita stamattina quando l'ho abbracciato e a lungo abbiamo parlato di Lei, di Loro... di Noi. Storie di incontri, strade diverse che diventano un unico percorso, per cui non si finisce mai. E' continuità che... per Chi crede... viene dall'Alto.

martedì 13 marzo 2018

AUTONOMIA EMOTIVA


E' una conquista difficile, difficilissima, a volte mostra pure qualche falla però vale la pena insistere, non arrendersi neppure quando l'episodico insuccesso sfianca.
Si tratta sempre di esercitarsi, immaginare un'erta salita da affrontare da soli, e poi cominciare. Fino ad arrivare. Inizialmente un grande passo in avanti, ma se un rovo o una brecciolina capita tra i piedi, seguiranno due o più rovinosamente indietro, e poi la convinzione di non farcela, non riuscire ad impuntarsi, a non tradire la fragilità emotiva. Che poi proprio fragilità non è, magari sarà ipersensibilità da sempre, vulnerabilità occasionale, carattere. E purtroppo non mancherà Chi credendosi forte, ne approfitterà, forse non per fare del male ma semplicemente per confermare a se stesso una presuntuosa supremazia.
Lo sostenevano gli anziani di ogni epoca... Chi pecora si fa, il lupo se lo mangia. Già, ma come si può fare quando si nasce miti, con un innato ottimismo per il prossimo, la fiducia incondizionata in Chi si vuole bene e dovrebbe fare altrettanto?
Si vuole bene a proprio modo... potrebbe replicare qualcuno, ma l'amore, l'affetto è uno, unico tipo e nessuna variante, solo reciprocità, e allora perché deve esserci Chi ci rimette?
Io non voglio rimetterci più. Sono nel profondo così come appaio all'esterno, anelo alla pace nei suoi 360°, desidero tranquilla e stabile serenità. Do ciò che sono in grado di dare senza che me lo si chieda, gradisco il "grazie" tacito con fiducia annessa. Nulla di più.
Mi si cerchi pure nella disperazione, sarò contenta di poter aiutare. Mi si rovesci pure un fiume di parole, farò di tutto per arginare, contenere perché non dilaghi e faccia danni. Poi dovrò riprendermi però, lo devo a me stessa per il mio benessere. Non è rancore, né dispetto bensì rispetto per me stessa, perché di quel che valgo in base a pensieri e azioni sono consapevole io, ed io sola.

lunedì 12 marzo 2018

ALIMENTARSI BENE PER VIVERE AL MEGLIO (terza parte)


In Nutrizione umana la ricerca si concentra spesso su singoli nutrienti, alimenti o gruppi di alimenti.
Analizzare il rapporto tra singoli nutrienti o bevande e la salute, è complicato per diversi motivi. Prima di tutto è difficile attribuire gli effetti sulla salute ad un solo nutriente, perché i nutrienti possono interagire tra loro. La dieta poi comprende l'assunzione di un complesso di nutrienti tra i quali possono verificarsi interferenze nell'assorbimento e nel loro utilizzo metabolico a livello cellulare.
E' stato detto che nel programma di prevenzione è da tenere sotto controllo la glicemia, quindi evitare pure gli alimenti ad elevato indice glicemico, ad esempio le patate. Ma un buon piatto di gnocchi, condito in modo semplice e leggero, sarà consentito perché da indice glicemico accettabile per merito della struttura compatta.
Per quanto riguarda la soia poi, fonte di fitoestrogeni, è vero che assumerla da parte di donne con pregresso carcinoma mammario le espone a rischio di recidiva? La soia non porta alcun danno se l'uso iniziale risale a prima dei 12 anni, epoca del menarca.
Il resto dei legumi sono tutti salutari, in particolare i ceci che aiutano a mantenere regolari i valori dell'omocisteina nel sangue.
L’omocisteina è un amminoacido solforato che si forma attraverso una reazione chimica a partire dalla metionina, un aminoacido essenziale (da introdurre quindi con la dieta). L’aumento della concentrazione nel sangue è considerato un fattore di rischio cardiovascolare e non solo, pure di cancro. Denuncia altresì una carenza di acido folico e di vitamina B12, e quindi una dieta povera di frutta e verdura.
Si parla di alimentazione nella prevenzione contro il cancro, di programma che comunque riguardi la popolazione, e perciò come trasformare le evidenze scientifiche in un intervento di sanità pubblica?
I programmi di Sanità Pubblica partono da un'"idea" che si sviluppa in "pianificazione", "azione", "controllo".
Le fasi nella realizzazione di programmi di Sanità Pubblica sono 4
- CATCH-UP, informazione specifica ed invito alla partecipazione del programma
- MOP-UP, rilevazione delle abitudini alimentari, formazione sulle basi fondamentali della nutrizione, dell'attività motoria, della dieta mediterranea
- KEEP-UP, raggiungimento di un elevato livello di consumo di frutta, vegetali e legumi tra i partecipanti del programma
- FOLLOW-UP, valutazione al termine del programma
Se la Prevenzione è per sempre, lo è altrettanto la Formazione. Formarsi attraverso corso base, corso intermedio, e corso avanzato consente una prevenzione in modo naturale e sempre aggiornato.
In conclusione, che cosa abbiamo imparato?
Abbiamo imparato ad affidarci alla letteratura scientifica. Che non si è soli davanti ad una diagnosi di cancro e non serve perciò consultare internet. Che non è vero che si può mangiare quello che si vuole dopo aver avuto il cancro. Che la chemio e la radio non devono spaventare, e la prevenzione nutrizionale non è seconda a nessuno. A tenere sotto controllo la PCR e la glicemia. Che gli alimenti ricchi di Poliamine sono sconsigliati per chi ha avuto il cancro. Che il singolo non è la collettività, e che gli esempi devono essere riportati sui grandi numeri. A saper leggere uno studio scientifico. La differenza tra raccomandazioni, linee guida delle autorità sanitarie. Che la prevenzione per le malattie cronico degenerative è globale ed è per sempre. E infine a non avere paura.
Ci piace infine terminare così come abbiamo cominciato, non demonizzando il cibo ma attribuendogli la giusta importanza. A tale scopo, una citazione di George Bernard Shaw.
"Non c'è amore più sincero di quello per il cibo."

domenica 11 marzo 2018

ALIMENTARSI BENE PER VIVERE AL MEGLIO (seconda parte)



All'alimentazione nella prevenzione del cancro si giunse dopo il fallimento della chemioprevenzione, quando alcuni elementi, composti e sostanze come ad esempio il selenio e il betacarotene, dotati sì di importanti effetti anti-cancerogeni e anti-invecchiamento, dalle ricerche rivelarono una sorta di "doppia faccia", infatti a certe concentrazioni erano tossici, mutageni e cancerogeni. Sulla genotossicità, ovvero la capacità di alcuni agenti chimici di danneggiare l'informazione genetica all'interno di una cellula causando mutazioni, e cancerogenesi, importanti studi furono condotti dal professor Giorgio Bronzetti, direttore del Reparto di mutagenesi ed ecotossicità dell'Istituto del Cnr di Pisa.
E tornando all'alimentazione, c’è ancora qualcuno che consiglia di “mangiare un poco di tutto”. Sulla base delle evidenze scientifiche concordanti, questo consiglio può costituire un fattore di rischio di recidiva, in particolare per chi ha avuto il cancro alla mammella. La maggior parte degli studi che esaminano l'associazione tra abitudini alimentari e il rischio di cancro al seno si concentrano sul cancro mammario in post-menopausa. Insieme, questi studi suggeriscono che i modelli alimentari ricchi di frutta, verdura, cereali integrali e fibre, e poveri di prodotti animali e carboidrati raffinati, possono ridurre il rischio di cancro al seno in post-menopausa. Anche se meno studi hanno esaminato l'associazione tra abitudini alimentari e il rischio di cancro al seno in premenopausa, i risultati sono stati simili.
Gli effetti dietetici, inoltre, potrebbero essere importanti per ridurre il rischio di cancro al seno in specifici sottogruppi della popolazione come quelli con tumore al seno negativo per gli estrogeni. In particolare, l'assunzione di frutta e verdura da parte degli adulti è associata ad una diminuzione del rischio di cancro al seno estrogeno recettore-negativi, ed è sostenuta da un'associazione inversa tra carotenoidi e il cancro al seno recettore estrogeno-negativi. Un altro grande studio ha trovato che l'assunzione di frutta e verdura ha avuto un effetto sul rischio complessivo di cancro al seno.
In conclusione e per non trascurare la responsabilità dei lipidi alimentari, un elevato apporto di grassi saturi è associato ad un aumento del rischio di malattie positive del recettore degli estrogeni. Resta quindi valida e insostituibile una dieta mediterranea integrata con l'olio extravergine d'oliva, utile nella prevenzione del cancro al seno in particolare, e delle altre neoplasie in generale.
Importanti per la prevenzione sono gli "stili alimentari". Gli stili alimentari sono definiti come le quantità, proporzioni o combinazioni di alimenti e bevande nelle diete e la frequenza con cui questi vengono consumati.
Sulla base delle frequenze alimentari, vengono distinti due macro-modelli dietetici: vegetariano e non-vegetariano.
Quello vegetariano comprende diversi modelli alimentari:
- a base vegetale, nel quale non vengono consumati prodotti di origine animale
- latto-ovo-vegetariano, nel quale è compreso il consumo di prodotti lattiero-caseari e uova
- pesco-vegetariano con consumo di pesce, prodotti lattiero-caseari e uova
- semi-vegetariano con consumo di prodotti lattiero-caseari, uova, e sporadico di carne.
(continua...)

sabato 10 marzo 2018

ALIMENTARSI BENE PER VIVERE AL MEGLIO (prima parte)




Il richiamo ad alimentarsi in modo regolare rivela il forte attaccamento alla vita. Si pensi al neonato, appena vede la luce cerca il seno materno, perché vuole vivere, e dopo la primissima infanzia, con lo svezzamento e poi a seguire, si abitua alla varietà dei cibi e impara ad alimentarsi nel modo giusto, almeno si spera.
L'Associazione Agata per il sostegno alle donne operate al seno, ha incontrato l'8 marzo il Dott. Michele Panunzio, Direttore del Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione della ASL di Foggia per informare sull'importanza della relazione tra "Aspetti Nutrizionali e Malattia Oncologica".
Il Dott. Panunzio ha riferito con chiarezza e dati precisi, partendo dal "focus" del tumore alla mammella e poi allargando al cancro in generale, in quanto norme valide per ogni tipo di neoplasia.
Si è parlato di "Prevenzione" in base all'ideale piramide dell' "Evidenza Scientifica" che comincia dal parere degli esperti e arriva alle revisioni sistematiche, passando per vari studi di casi, di coorte, descrittivi, qualitativi, i quasi sperimentali, alla valutazione critica di singoli articoli scientifici.
Il cancro si può prevenire seguendo non semplici consigli ma importanti raccomandazioni. Centinaia di migliaia di vite potrebbero essere salvate dal cancro investendo in campagne per i corretti stili di vita, ed in particolare per l'abolizione del fumo di sigaretta, l'attività fisica e la corretta alimentazione, così come afferma l'epidemiologo Sir Richard Peto. Nasce per questo il MED-FOOD ANTICANCER PROGRAM, disegnato per promuovere il five-a-day ( 1/2 Kg di frutta e verdura al giorno, 200 g di frutta e 300 g di verdura), la dieta mediterranea e l'attività motoria. Tale programma è a livello istituzionale, razionale biologico, strutturato, e evidenze di efficacia.
Un programma di prevenzione è per sempre, e forse ancor più dopo che si è stati colpiti dal cancro, quando trascorsi i famosi 5 anni di sopravvivenza, si diventa "lungosopravviventi".
I pilastri della prevenzione nutrizionale nei sopravviventi sono:
- Tenere bassa la glicemia (limitare zuccheri e carboidrati)
- Tenere bassa l'insulinemia
- Tenere bassi i valori di crescita
- Spegnere l'infiammazione (controllo della PCR)
- Meglio evitare o almeno limitare i cibi ad elevato contenuto di poliamine (peperoni, melanzane)
Ma nello specifico, come regolarsi per non fare errori?
(continua...)

venerdì 9 marzo 2018

LA VITA E' L'ARTE DEL CONTATTO


Un'espressione colta al volo oggi, che ho fatto mia perché mi è sembrata idonea ad esprimere un mio stato d'animo particolare. Assai particolare.
Mai avrei pensato l'8 Marzo di otto anni fa che sarei stata proprio oggi, in mezzo a tanta gente ad un convegno su alimentazione e cancro, anzi allora nutrivo forti dubbi di restarci su questa terra, ancora in vita.
Una diagnosi di carcinoma mammario, una tegola rovinosa sulla testa, il crollo totale di ogni certezza. Pensai sarebbe stata una chiusura, fu invece il contrario, la paura di non farcela mi spinse al recupero, se così si può dire... in corner, e fu totale apertura, che in questi anni è stato un crescendo, fino ad arrivare a questo punto. Anche a convegni di un certo livello, a cui partecipo con vivo interesse, imparando per condividere.
Stasera ad esempio ho appreso molto più di ciò che già sapevo, la stretta relazione tra alimentazione e cancro e non solo, nello stesso ambito pure alcuni miti da sfatare e temi che analizzati ed approfonditi portano a conclusioni per nulla scontate. Termini come omocisteina, poliamine, fitoestrogeni si rifanno al quotidiano, hanno un significato preciso. Che il valore della prima va tenuto nei parametri per evitare più di una patologia, le poliamine non vanno assunte da Chi ha avuto un tumore, i fitoestrogeni della soia sono controindicati per un pregresso carcinoma mammario, a meno che non si è cominciato a farne uso al di sotto della soglia dei dodici anni. E molto altro ancora. Il tema è così vasto ed interessante da essere trattato a parte, e prometto... lo farò. Stasera per me era importante, partendo da un ricordo specifico... appunto quello della mia diagnosi... sottolineare quanto sia importante non fermarsi a ciò che appare. Perché potrà essere il peggio, rivelarsi pure ad esito non felice, però dall'inizio alla fine c'è in mezzo un "percorso", vissuto mai da soli a meno che non si voglia esserlo, che diventa "opportunità" anche per questo. Conoscenza... Consapevolezza... Crescita. Tre "C", traguardi raggiunti attraverso il dolore ma con la paura alle spalle.

giovedì 8 marzo 2018

DOLCE ABBANDONO


Dolce abbandono al primo tepore che sa di primavera. Dolce abbandono all'armonia graduale nei contrasti tra nuvole e cielo. Dolce abbandono alla melodia dell'acqua zampillante in una fontana. Dolce abbandono alla tranquillità del mare.
Emozione regina, piacevole e prevaricante di questo Nostro Mercoledì, trascorso a Barletta, città d'arte e storia.
C'eravamo già stati la scorsa estate, in una delle giornate più calde a 43°, e personalmente non mi era andata molto bene, colpo di calore e sfinimento. E poiché ad entrambi non era rimasto un bel ricordo neppure di tutto quanto visto a metà per il gran caldo, abbiamo voluto ripetere l'esperienza.
Temperatura questa volta gradevole, con il sole che faceva capolino tra nuvole grigio perla ed altre rosa tenue, nessuna minaccia di pioggia. Finalmente.
Prima tappa, alla "Fortezza Bastionata", risalente al XVI secolo, comunemente chiamata "Castello" perché in origine su metà della stessa area era presente un castello medievale. Oggi, sede di un importante museo civico e di una biblioteca, conserva ancora tutto l'antico fascino di un'epoca. Il cortile, le scalinate, l'ampia terrazza da cui è possibile ammirare l'intera città facendo solo un mezzo giro su se stessi, conquistano il visitatore che se per qualche minuto chiudesse gli occhi potrebbe fare un viaggio nel tempo, tornando tra dame e cavalieri, al tocco degli zoccoli dei cavalli sulle chianghe.
Tutto molto suggestivo.
Nelle sale adibite a museo, dipinti alle pareti, mobili antichi e teche con oggetti d'epoca di uso quotidiano. Anche questo altrettanto interessante.
Seconda tappa, alla cantina della famosa disfida. Abiti, armi ed armature in esposizione. Vasellame e suppellettili che riproducono verosimilmente la scena di quel giorno.
Infine... al Palazzo Marra, chiamato "Casa De Nittis", perché ospita l'intera pinacoteca dell'artista barlettano, noto per essere stato vicino alla corrente verista e all'Impressionismo.
Per concludere, una giornata all'insegna di arte e storia, ma anche natura con le prime gemme, i fiori di campo, il mare calmo e cinerino, l'azzurro del cielo che ormai vuole imporsi.
Il "tutto" perfetto da... dolce abbandono.
Ah, dimenticavo. "Dolce abbandono" è anche il titolo di un dipinto visto al museo. Una donna che ad occhi chiusi, languida sorride, sogna e forse spera.

L'EDUCAZIONE ALL'AFFETTIVITA'. DALLE IMMAGINI ALLE EMOZIONI (parte seconda)






Meditare vendetta o rabbia "teatrale" l'espressione dell'ottava foto? E d'altra parte quando ci siamo trovati in una situazione ingestibile, abbiamo mai guardato il Nostro volto, proprio al culmine del senso d'impotenza?
Urlo di protesta, probabilmente nel corso di una manifestazione pubblica, forse per rivendicare i propri diritti, o ancora in privato, durante un litigio. Il volto è visibilmente alterato, tanto da perdere quasi la connotazione umana. Come dei sentimenti negativi possono trasformare la persona e l'esistenza.
Una scena triste caratterizza la decima foto. Si nota subito una donna che pone la mano davanti alla bocca per soffocare un grido o il pianto. Anche la persona distesa, forse appena spirata, ha ancora una mano sulle labbra. A causa del dolore o per non lasciarsi andare, cercando un ultimo tentativo di ripresa?
E dopo la morte chiaramente espressa, pure con le naturali reazioni, siamo giunti alle due ultime foto. Un'autentica esplosione di vita. La relazione affettiva al massimo grado di intimità tra genitore e figlio. Un padre e una madre, ciascuno con il proprio bimbo, ritratti senza vestiti per annullare qualsiasi distanza e stabilire un forte contatto fisico, fatto di carezze, calore e tenerezza.
Significativo il diverso modo di reggere il piccolo, il padre sostiene, la mamma nell'atto di cullarlo. La differenziazione dei ruoli che pur non essendo oggi più nettamente distinti, mantiene a livello di responsabilità emotiva le caratteristiche di un tempo. Nudi genitori e figli solo quando questi sono assai piccoli, prima che la curiosità crei imbarazzo, in un percorso affettivo ed educativo sano e graduale.
Termina così questo terzo appuntamento. L'"esperimento" continua, diventando stimolo e sprone a raccontarsi, rivelando storie da cui prendere insegnamento e poi riflettere.

martedì 6 marzo 2018

L'EDUCAZIONE ALL'AFFETTIVITA'. DALLE IMMAGINI ALLE EMOZIONI (parte prima)


Continua l'esperienza con la IAPS (International Affective Picture System). Terzo appuntamento. Questa volta dodici foto che riportano alle relazioni interpersonali, con particolare rilievo al tema dell'educazione all'affettività.
Un bimbo, presumibilmente di circa sei mesi, afferra il dito di un adulto che indica qualcosa. E' questa la prima volta che il piccolo si pone in relazione con Chi ha di fronte e ad un terzo oggetto/soggetto.
Ritornano i ricordi della prima infanzia dei propri figli, le carenze e i rimpianti.
La seconda foto vede altri due bambini più grandicelli e di sesso diverso. Reggono ciascuno un gattino, potrebbero essere fratelli o amici, condividono un momento piacevole di gioco o scoperta.
I tre pagliacci nella terza, apparentemente immagine neutra, suscitano sensazioni contrastanti, di tristezza, angoscia persino, a me personalmente di irritazione perché rappresentano un paradosso portato all'esasperazione (allegria forzata in contrasto all'espressione e alla situazione).
La vista delle mosche sul volto del bimbo di colore procura quasi un senso di colpa per un privilegio, come pure un forte senso di impotenza, non di ribrezzo. Stupisce l'immobilità di quel volto che pare rivelare l'abitudine a quella condizione.
Rabbia espressa nel volto dell'immagine seguente, ma repressa a stento. Mostra i denti stretti.
La posizione e l'atteggiamento rilassato dell'uomo seduto alla panchina mentre legge il giornale, pare in contrasto con quello che è dietro e forse anche intorno, la nebbia sullo sfondo. Potrebbe rivelare indifferenza ad una condizione altrui, comunque comportamento inadeguato.
Interessante la foto seguente di una donna svilita nella propria femminilità. Trascurata nell'aspetto, mani rovinate dal duro lavoro, espressione rassegnata di persona che, consapevole della propria situazione, sa di non poter fare niente per cambiarla. Viene naturale il confronto con la patologia tumorale, quando le lunghe e devastanti terapie incidono notevolmente sul fisico e la psiche, annullano quasi la persona lasciandole pesanti strascichi.
(continua...)






LA VITA E' TERRIBILMENTE BELLA




E' Domenica se pure hai il Cuore colmo di pianto represso e la mente attonita ed incredula.
Non puoi piangere ogni volta, ché servirebbe a poco e niente, potresti stare male e perdere la forza per ricominciare, nella speranza che vengano sempre meno occasioni così tristi.
E poi devi fare in fretta a scuoterti e riflettere, ché la Vita è questa, prendere o lasciare, e manco puoi lasciarla visto che non dipende da Te, e alla fin dei conti se ci pensi su e neppure tanto, la trovi... terribilmente bella, da qualsiasi angolatura Tu la veda.
Terribilmente bella... mi è piaciuta davvero tanto questa espressione, e mi sono pure commossa e non sono stata manco la sola.
Tema centrale di questa Terza Domenica di Quaresima è stato il rispetto del "corpo", inteso come tempio dell'anima, due entità distinte ma non separate. Curare e salvaguardare quindi la vita, dal concepimento fino all'ultimo dei giorni, comunque sia e comunque vada. Disabilità e malattie non devono essere motivazione per considerare una "diversità" come difetto, meritevole di trascuratezza, indifferenza o peggio ancora disprezzo.
Il celebrante è arrivato all'altare su una carrozzina a motore, si è messo in piedi aiutandosi con le stampelle, poi curvo si è poggiato all'altare, e ha compiuto il rito come sempre, dalla Sua ordinazione in poi. Perché un modo si trova, ci si arrangia, per Amore di qualcuno ed anche di se stessi, ché vita è fino a quando respiri.
Un'omelia pregnante, densa di significato...
"Se avessi 40 anni scalerei l'Everest, ma ho qualche anno in più... e va bene lo stesso, va sempre bene, perché la vita è terribilmente bella..."
Nessun cenno alla propria disabilità, non è un problema perché non gli impedisce di fare ciò che ha sempre fatto.
Fuori dalla chiesa alcuni volontari dell'associazione bambini cerebrolesi si adoperavano per la vendita delle uova di cioccolato. Pasqua è vicina, come pure la primavera, la rinascita è prossima. L'uovo di per sé è simbolo di vita. Se per qualche minuto lo tieni delicatamente tra le mani, lo senti caldo in un modo che non riesci a distinguere se sei Tu o l'uovo stesso a trasmettere quel bel tepore.
La Vita è terribilmente bella, sotto ogni punto di vista, e anche... dopo. Quando continua nei ricordi sempre vivi, carichi di malinconica nostalgia.