lunedì 28 febbraio 2011

"Scusate, dottore...  pensate di poter fare la quadrantectomia ora che il tumore è così ridotto?" Glielo avevo chiesto perchè all'inizio mi aveva prospettato anche quell'eventualità, avrei scoperto dopo che lo dice sempre, forse nel tentativo di tranquillizzare il più possibile, e in effetti sapere di sicuro che presto sarai con una mammella in meno, un po' di ansia la mette. "Voi che dite?" "Io dico ciò che dite voi, mi fido, non potreste volere niente che non fosse strettamente necessario." "Ecco... brava! Penso alla mastectomia, ma solo perchè guardo al futuro; per limitare al minimo la possibilità di una recidiva è inutile conservare un tessuto che ha mostrato una così forte predisposizione ad ammalarsi, asportiamo completamente la mammella e potremo stare più sicuri, però... faremo mastectomia e ricostruzione immediata, un unico intervento e non ci pensiamo più." A sentire "un unico intervento" mi rianimai e cominciai già in un certo senso a non pensarci più, d'altra parte era una cosa da farsi, no??! Allora che fosse fatta presto e bene e col minor disagio possibile per me. Presi la lettera di presentazione da consegnare alla caposala del reparto al momento del ricovero e uscii dallo studio. Svanita quell'ansia che ormai durava da troppo tempo, mi sentivo serena, molto e certamente si doveva vedere anche dal di fuori. "Che ha detto, ma'? Stai sorridendo!" Mia figlia si meravigliava perchè un'espressione così sul mio volto, evidentemente non la notava da parecchio, ed era ovvio visto che da ben sei mesi avevo perso la mia tranquillità, annullato ogni certezza e smarrito la prospettiva del futuro. Adesso andavo incontro ad una prova di cui vagamente conoscevo il grado di difficoltà, l'esito mi si diceva certo al 99,99% e a me conveniva crederci, però finalmente avrei ottenuto qualcosa di concreto, l'eliminazione definitiva di quell'orribile "bozzo".

sabato 26 febbraio 2011

Perchè è una "bella mamma" pure lei; si preoccupa ma s'industria e s'arrabatta, poi sorride felice per avercela fatta ancora una volta.
Antonietta che ho conosciuto in questi giorni è un'altra mamma; fa la chemio per un tumore intestinale e "ufficialmente " non sa niente perchè i figli hanno voluto così, parla poco e sembra quasi scostante, ma forse questo è il suo modo di proteggere non solo se stessa ma anche loro; non parla per non rischiare di "sapere" e distruggere quell'illusione. Eh... le mamme guardano molto lontano, non smettono mai di essere forti... reggerebbero il mondo! E scostante Antonietta non lo è, e neppure ignara: mi ha stretto la mano in un modo!
A questo punto, ripensandoci, probabilmente fu proprio per proteggere Valeria che quel giorno entrai per la prima volta da sola nello studio del medico. "Come state?" " Bene, dottore. Sono qua per l'intervento. Ho terminato i quattro cicli di neoadiuvante ed ora spero di essere operata al più presto.(intervento tanto atteso e tanto temuto!)" Il chirurgo mi visitò. "E' vero che si è ridotto, dottore?" Un secco "SI'" come risposta e nient'altro; ci restai un po', ma poi si riprese e dandomi un buffetto sulla guancia. "Allora, quando volete ricoverarvi?" Un tuffo al cuore... "ci siamo!" pensai e poi di getto: "Quando volete voi, dottore, io sono pronta"... e non era vero per niente, non lo sarei mai stata, ma era meglio ripeterselo e ad alta voce per convincersi. "Domenica sera, va bene? Anzi, facciamo lunedì mattina, magari presto." "Ma mi opererete subito?!?...." Nessuna risposta mentre andava alla scrivania. Mi rivestii e mi sedetti difronte: "Dottore, vi ricordate quando sono venuta da voi la prima volta? Non ero sola eppure mi sentivo distrutta. Oggi sono qua e nessuno parla al mio posto, perchè sono cambiata. Questi tre mesi sono serviti a ridurre il tumore e a far crescere il mio coraggio, affronto tutto con fiducia e, vorrei dire senza paura ma non sarebbe la verità, diciamo allora con un po' di timore per l'imprevedibile, ma sicura che farete solo ciò che è meglio per me: sono nelle vostre mani."
In un anno cambiano tante cose e dopo dodici mesi si rivivono situazioni che non sono più le stesse perchè mutato è l'atteggiamento verso la vita, mutato lo stato d'animo. Ritrovarsi con altri per ricordare chi non c'è più, ad esempio, può essere un'occasione di forte meditazione capace persino di allontanare la paura della morte, perchè attraverso quel tempo fatto di difficoltà ma anche di superamento delle stesse, si elaborano convinzioni e si rafforzano valori raggiungendo una maturità piena e consapevole. Come si può allora aver paura di morire se non si è temuto vivere? E se fino ad un anno prima coloro che incontravi erano solo degli illustri sconosciuti che magari ti facevano perder tempo perchè eri costretto a scambiare qualche parola, impari poi ad "amarli" tutti, indiscriminatamente e a capire la ricchezza che ti viene donata e a tua volta doni pur stabilendo un rapporto fugace. E la meraviglia a vederne i frutti? A me quest'ultimo anno ha rivoluzionato la vita, non m'importa più di niente, o meglio tutte quelle cose che erano prima al centro del mio quotidiano e lo banalizzavano non mi interessano; mi sono resa finalmente conto (meglio tardi che mai) che arroccarsi per difendersi dalla vita vera rende sterile la propria e lascia sempre insoddisfatti.
Quando ieri ho incontrato Assuntina, che poi, guarda caso, ha il nome della mia mamma e anche la stessa età se fosse ancora qui, si è stabilito tra noi un feeling immediato soprattutto quando ha detto in dialetto: "... nu' sacc' ma sent' d'amà a tutt' quant'" (non lo so ma sento d'amare tutti), e questo solo perchè mi ero fermata più a lungo a parlare con lei e ad ascoltare la sua lunga storia di malattia e sofferenza fisica e morale, fatta di 14 interventi chirurgici, 13 figli di cui 4 morti per la miseria e la fame, 2 mammelle in meno, per un totale di 80 anni di vita che compirà il prossimo 12 marzo. " Vin', eh, vin' pur tu qua, agghià f'stggià... port' 'na spasella d' panzerotti che aggiust' a tutt' quant'!" (Vieni, eh, vieni pure tu qua, devo festeggiare... porterò un vassoio di panzerotti che soddisferà tutti!)
Assuntina... una "bella mamma" come l'ha definita Anna che è ancor più di me sulla sua stessa lunghezza d'onda.

venerdì 25 febbraio 2011

Proprio oggi che avrei tanto da scrivere e il mio cuore è un fiume in piena, il tempo mi è tiranno. Oddio, come detesto parlare per frasi fatte, ma appunto, poco è il tempo e quelle mi vengono di getto, non posso "tradurle" come vorrei. Allora cercherò di dare una specie di titolo ai miei pensieri che vengono fuori dalle continue, belle esperienze che vivo quotidianamente da quando mi sono ammalata, e non voglio neanche definirmi più così, è troppo triste, invece io mi sento gioiosa per tutta la ricchezza che sto ricevendo e che sembra non finire mai. E' vero, a volte l'umore subisce qualche flessione in basso, ma forse me lo si potrà perdonare, anche perchè è proprio per un momento, mi riprendo subito e continuo a... leggere tra le righe sempre "meno storte" della mia vita. Allora... se volessi dare un titolo alle " bellezze" di questa giornata... ecco... sarebbe un semplice, grande GRAZIE. "Grazie" al compagno della mia vita,che mi segue nel mio pensare di continuo anche se fa fatica, grazie a coloro che mi dicono "brava" perchè lo pensano sinceramente e sono loro troppo buoni a pensarlo, grazie al vento gelido di oggi che ha fatto ancor più ricci i miei capelli e mi ha donato una gioia che non ricordavo. E poi voglio essere precisa e diretta, grazie ad Assuntina,  Anna, Antonietta e alle mie amiche Dora, Marta e Grazia che mi vengon dietro e mi regalano la familiarità di cui sempre ho bisogno per sentirmi viva nel modo giusto, partecipe di una vita globale. Grazie al dottor Antonio e al dottor Saverio, sempre vicini, ognuno alla sua maniera, ma "vicini" appunto, non c'è altro termine.  E voglio includere stasera, al termine di questo giorno  Valentina, lei non lo sa, ma inconsapevolmente mi ha fatto un gran regalo, ha aperto il suo cuore, mi ha affidato i suoi pensieri... E a lei, ultima non per importanza, dico "GRAZIE"... per me è stato parlare come con mia figlia.

giovedì 24 febbraio 2011

Non so se sono veramente forte come voglio apparire o la mia è solo una maschera che mi aiuta a crederlo... work in progress comunque... dall'inizio così duro, passando per quel caldo pomeriggio di giugno, ad oggi... un po' di forza mi è stata donata e io so bene da Chi, non ce l'avrei fatta altrimenti, non ce l'avrei fatta proprio. Ogni tanto però, soprattutto quando sono sola in casa, i pensieri cominciano a scorrere veloci come fotogrammi di una pellicola in accelerazione, e ricordi, paure, progetti mancati, speranze si susseguono senza pause e poi mi lasciano stanca. Ed è a questo punto che dubito della mia forza, tendo a piegarmi su me stessa, ma reagisco, alzo la testa e vado avanti... con poca convinzione nell'immediato... vado... verso lo specchio, ancora una volta mi guardo, sorrido... che straordinaria arma! Continuo ad... andare avanti e mi convinco di essere forte. Lo penso io e lo pensano quelli che sono con me e tutto diventa normale, troppo, quasi banale e si pretende che la vita torni quella di una volta,"tanto è passato" e "tutto si dimentica", ma non è così perchè ciò che è passato ha lasciato un 'impronta indelebile prima nel carattere e poi nel corso delle giornate scandite da un tempo senza ore, minuti , secondi... Sto dicendo un'assurdità?!! Ma è quello che sento e anche se purtroppo gli devo andare contro ne riconosco l'oggettiva validità: un tempo da assaporare, apprezzare senza limiti come la vita intera. E se gli altri pretendono troppo da me? Forse devo essere io più indulgente con me stessa e darmi tregua.
Continuo così la mia scalata e quando alla fine sarò sulla vetta, sono sicura,  potrò rivedere il sole.

mercoledì 23 febbraio 2011

La data di scadenza di un vasetto di yogurt mi fa da promemoria: 5 marzo, devo fare la mammografia. Sempre di marzo anche quest'anno, come un anno fa... sempre di marzo... ed ecco l'ansia. Un vento gelido d'inverno non spazza pensieri ed ansia e un torrido pomeriggio d'estate non fa dimenticare che pensieri ed ansia possono non appartenere ad un'unica persona. Quel pomeriggio nel volto di mia figlia leggevo esattamente quello che provavo io. Per non "bastonare" ulteriormente le mie intenzioni di positività, cercai di distrarmi prestando attenzione alle altre persone che attendevano. Una donna anziana e un'altra molto più giovane, la prima quasi all'inizio del percorso, dopo l'intervento di mastectomia, la seconda dopo la ricostruzione. Parlavano fitto tra loro con molta complicità ed affiatamento come se si conoscessero da anni, mentre erano state solo compagne di stanza per cinque giorni: sono quei legami forti che si creano in situazioni simili, incuranti d'età, condizioni sociali e mentalità, e trovano spiegazione solo nell'aver condiviso la malattia. Più in là un'altra signora che per la lunghezza e la natura "riccia" dei capelli, deduco ora avesse tolto da poco la parrucca, il foulard o il cappello; raccontava la storia del suo tumore grande quanto un palmo di mano posto tra i due seni, serenamente ed anche con un pizzico d'ironia, un modo come un altro per metabolizzare quello che le era capitato, poter girare pagina e lasciarsi alle spalle un vissuto doloroso. Il mio cognome pronunciato ad alta voce mi richiamò all'immediatezza del momento, il cuore riprese a battere all'impazzata, mi alzai dirigendomi verso lo studio medico, sull'uscio ad accogliermi un sorriso luminoso e straordinariamente rassicurante, quello di Marilina, l'altra assistente del dottor C. Era fatta, ormai ero là, e finalmente tra un po'avrei saputo quando l'odiato "bozzo" avrebbe tolto il disturbo.

martedì 22 febbraio 2011

Passato il matrimonio di Ale era arrivato il momento di contattare il chirurgo per stabilire la data dell'intervento. Avevo tanta paura: l'avrei fatto subito, sin dall'inizio, l'avevo persino desiderato ed ora che era ormai prossimo lo temevo. Ciò che maggiormente mi terrorizzava era il subire l'anestesia, quell'addormentarmi forzatamente senza rendermene conto, lo sprofondare in un sonno troppo simile alla morte. E se non mi fossi più risvegliata? Rabbrividivo, ma non c'era alternativa, quindi era meglio che mi sbrigassi , così non pensandoci più avrei investito maggiori energie sul mio coraggio. L'appuntamento per la visita fu fissato al 15 giugno e in un primo pomeriggio caldissimo d'inizio estate tornai nel luogo dove la mia angoscia aveva preso corpo, il centro di senologia. Ero ancora a casa quando cominciò il batticuore, incontrollabile, e le mani presero ad essere sudate per l'agitazione, ma non potevo lasciarmi trascinare dall'emotività; dovevo dimostrare prima a me stessa e poi ad altri quanto fossi più forte rispetto a tre mesi prima e pienamente in grado di gestire le emozioni. Poichè in questi casi reputo che sia importante anche l'aspetto esteriore, non triste ma "colorato" e gioioso, indossai sui jeans leggeri una camicetta a quadretti bianchi e rossi con le maniche a palloncino, stesi sulle labbra un velo di lucido, e con qualche lieve tocco di dita diedi una sistematina ad alcune ciocche ribelli della parrucca. Tirai poi un bel respiro profondo e... via. Valeria, come sempre mi aveva accompagnato; la guardavo nell'attesa e la vedevo stanca, forse un po' nervosa e ne aveva tutte le ragioni. Perchè noi mamme anche quando potrebbe esserci consentito un pizzico d'egoismo, non dimentichiamo mai il nostro "ruolo", termine in verità improprio per definire quella che è la condizione materna tesa a mettere sempre in primo piano la serenità e il benessere dei figli anche a discapito di se stesse. E il Signore sa quanti sensi di colpa!

lunedì 21 febbraio 2011

Ogni giorno mi sento più forte, pronta ad affrontare eventuali nuove sfide che la malattia possa lanciarmi ancora, sono serena, ma... A volte mi chiedo perchè nel mio caso la serenità non sia a "largo spettro", non funzioni cioè anche per le altre problematiche non riguardanti ciò che mi è capitato; riesco a gestire i pensieri, l'ansia e persino la paura di non farcela e morire, ma quando sono i figli, mio marito ad essere in difficoltà cade tutta la mia sicurezza. Sin dall'inizio il conforto maggiore l'ho avuto pensando che "per fortuna" il tumore era venuto a me, se fosse capitato ad uno di loro, certamente non ce l'avrei fatta ad essere sempre positiva e sarebbe stato un grave danno e non solo per me. Proprio oggi mio figlio, guardandomi i capelli un tempo solo leggermente ondulati ed ora così ricci, mi ha detto: "I miei capelli, mamma, sono come erano i tuoi, sono sicuro che se facessi la chemio anch'io rinascerebbero come li hai tu ora. " "Per favore, Francesco... non dire altro!" E mi son sentita gelare il sangue perchè trovavo intollerabile persino un discorso fatto per assurdo.
Per quel che mi riguarda ho cercato di proteggerli dalla mia malattia, che non avessero a soffrire più del necessario e per questo ho reagito in fretta, dipendeva solo da me, altro no, me ne sfugge ora il controllo e l'ansia domina le situazioni. Un anno fa ad una diagnosi era sopraggiunto lo sgomento seguito dalla rabbia, tanta, ma ero riuscita con la forza della volontà a trasformarla in grinta e determinazione, adesso nelle nostre esistenze parallele la rabbia c'è sempre ma non si evolve, è statica e porta all'impaludamento delle situazioni. Che stanchezza! Ma si può anzi si deve continuare ad... aver fiducia che qualcosa cambi, a combattere con ostinazione per essere artefici di tale cambiamento, senza mai perdersi d'animo, stringendo i denti e guardando sempre avanti: prima o poi qualcosa succederà.

sabato 19 febbraio 2011

Dopo che si supera una malattia come il cancro, incomparabile è il senso di libertà che si acquista; niente e nessuno fa più paura e ci si arroga di diritti considerati una volta privilegi. Finalmente cominci a guardarti dall'esterno, all'improvviso diventano importanti le tue esigenze, i desideri, l'incredibile voglia di "fare", e non t' importa del giudizio degli altri perchè sai che è così, ti senti persona nuova e non vuoi più nascondere ciò che hai conquistato, la tua vera e definitiva natura. Pur nel rispetto della libertà altrui, t'impossessi della tua e la tieni stretta perchè te la sei meritata, come premio a tanta sofferenza, e prendi i tuoi tempi, difendi le tue opinioni e non le muti solo per compiacere; libero da situazioni e condizionamenti vivi giorno per giorno la realtà che ti vai costruendo nella consapevolezza del momento difficile vissuto, e non importa se dura un mese, un anno o più, perchè avrai comunque la serenità necessaria per affrontare qualsiasi altra difficoltà, e magari superarla ancora.
Una forte sensazione di libertà l'ho percepita quando sono uscita per la prima volta senza parrucca, circa due settimane fa; i capelli sulla testa c'erano da diverso tempo, mi guardavo ma non mi piacevo e rimandavo sempre il momento... ancora una volta inadeguata... inadeguata sempre al giudizio di chi mi guardava... schiava in realtà di me stessa e delle mie false convinzioni: sul capo una cappa reale e metaforica, poi un atto di coraggio, improvviso ed è stata la libertà. All'inizio timida e timorosa, dopo un po' spavalda come primo dono mi ha dato il piacere del vento tra i capelli, poi la gioia di comprare un pettine nuovo, lo shampoo e il balsamo per domare questi  riccioli mai avuti prima, nuovi come nuova è la vita che mi si prospetta: voglio accoglierla così, con l'entusiasmo degno di una rinascita insperata.
Sotto la pioggia stamattina sono stata fermata: " Scusi, signora, mi sa dire dov'è via....?" E questo per tre volte di seguito. Oddio, proprio a me cui è sempre mancato il senso dell'orientamento! Il mio motto, infatti era ed è "Conoscere poche strade, così si è sicuri di ricordarle, percorrere sempre quelle per essere certi di arrivare alla meta... qualunque essa sia. Tanto tutte le strade portano a Roma!" L'orientamento... il mio grande problema soprattutto quando ero più giovane: sarei stata capace di perdermi su due strade parallele! Sentivo sempre il bisogno di accompagnarmi a qualcuno e l'insicurezza cresceva anche in senso lato tanto da non essere abbastanza autonoma  neanche nell'orientarmi tra iniziative e decisioni da prendere. Però non sentivo gravoso il peso di tale disagio e per questo forse il giorno del mio matrimonio fui contenta quando mio padre passò il testimone della "responsabilità" a colui che da poco era diventato mio marito. Eh già, quel giorno... un giorno da ricordare... un po' tormentato ma di gioia, con un tocco di rosa e uno di grigio, tra lacrime confuse di riso e pianto. E nel momento in cui mia nipote andava all'altare mi tornava la memoria del mio, di momento e il cuore mi batteva forte e si annullava ogni altra realtà. Quel caldo pomeriggio di giugno fu una parentesi nella parentesi, in cui fu racchiusa e in seguito custodita gelosamente la gioia di un piccolo trionfo, l'essere apparsa così come volevo, non vittima di un tumore, ma come persona capace di gestire una situazione difficile e nient'altro. Per Alessandra e Raffaele avevo fatto festa con tutti gli altri, avevo mangiato sì quello che potevo, ma avevo sempre sorriso, perchè il segreto è tutto lì, proprio nel sorriso che, come vento di primavera, sa spazzar via le nubi più nere.

venerdì 18 febbraio 2011

Quei giorni che mi separavano dalla festa passarono in fretta ed io, presa com'ero dai preparativi, ai disturbi post-chemio ci pensai poco e niente. Finalmente avevo tutto pronto, l'abito nelle tonalità del grigio e rosa con un coprispalle bianco, le scarpe come la pochette di color argento e la parrucca, che per l'occasione sarebbe stata quella più elaborata, a riccioli larghi, molto bella: avrei stupito tutti ed in effetti era proprio quella la mia intenzione, che vedessero come il tumore, la terapia e la paura non fossero riusciti a scalfirmi più di tanto. La vita continuava in tutti i suoi molteplici aspetti e partecipare al matrimonio della "nipote del cuore", come lei ama definirsi, voleva dire per me continuare a... divertirmi, sorridere, sperare, avendo sì il pensiero della malattia ma limitandolo in un angolo della mente.
Nel primo pomeriggio andai da Teresa, la mia parrucchiera, doveva sistemarmi "i riccioli" e truccarmi un po'. Era molto caldo, pensai che ormai era estate, un'estate anomala per me, ma pur sempre continuavo a...sentirne il profumo, a farmi accarezzare dalla brezza ristoratrice tipica della stagione, a godere della luce senza limiti di tempo. Me ne accorgevo solo in quel momento di quanto fosse bella l'estate: era tutto meraviglioso. Tornata a casa dopo il "restauro" fui pronta in un attimo con crackers e gelatine di frutta nella pochette, e tutti in auto partimmo verso il luogo della cerimonia. La chiesa si trovava nelle campagne antistanti una vicina località balneare, una bellissima basilica di stile romanico- pugliese, dall'interno raccolto e molto suggestivo; fummo tra i primi ad arrivare e uscendo dall'auto provai un'emozione molto simile a quella del giorno del mio matrimonio, trentuno anni prima, sempre d'estate e con lo stesso batticuore.

giovedì 17 febbraio 2011

"Mamma, per favore questa volta non fare di testa tua, non pranzare! E se i crampi sono troppo forti al limite mangia una fettina di pane arrostito condito con un po' d'olio e nient'altro. Poi siediti al divano e non ti muovere fino a stasera, per piacere!" Le parole di Valeria suonarono come un diktat ma riconoscendone la validità del fine non mi restò altro da fare che soccombere. Mangiai il pane e andai a sedere al divano, mi ritagliavo un pomeriggio di vacanza... forse forse avrei approfittato per fare qualche telefonata rimandata da tempo, per leggere, o magari semplicemente per non far niente e... dormire! Non dovevo sprecare energie, mi servivano tutte, il matrimonio era tre giorni dopo ed assolutamente dovevo essere un'invitata come gli altri. Era giugno e il caldo cominciava a farsi sentire... Che sete!  Anche la chemio ne era responsabile, mi aveva dato sempre l'arsura. Chissà... bere un sorso?! Ma di che poi? L'acqua era la soluzione migliore, ma avevo anche voglia di qualcosa di dolce ma non troppo... niente succo alla pera, allora, però un tè l'avrei gradito, bello fresco ma da sorseggiare piano per tener lontano lo "tsunami". Il pomeriggio cominciò a scivolare lentamente... io al divano e la piccola Biù Biù sulle ginocchia... Francesco al computer e dalla cucina lo sfaccendare di Valeria. Sonnecchiavo a tratti, mi sentivo stanca, davvero tanto, ma protetta come in un nido e poi lo stomaco... che bello! Taceva. Riuscii a superare il giro di boa dell'ora fatidica: non era successo niente e tranquillamente la giornata volgeva verso la sera. Non mi sembrava vero. Alla luce di quello che avevo vissuto le volte precedenti, in quel momento mi sentivo felice, non solo contenta, perchè di felicità si può parlare quando si vince una battaglia come questa che si credeva persa in partenza.

martedì 15 febbraio 2011

Il secondo tentativo è stato meno infelice del primo e il risultato tutto sommato soddisfacente se si esclude una parziale attaccatura dell'impasto alle pareti dello stampo... ma poichè quella delizia si gusta a fette e nel taglio l'imperfezione non si nota, diciamo che sì, questa volta è andata bene. "Sapersi accontentare"... il segreto è tutto qua, il che non vuol dire "tirare a campare" ma cercare e trovare in ogni cosa la positività. Magari per un dolce venuto così così è più facile, ma se si pensa un po'su anche per le vicende importanti della vita è la stessa cosa: niente è completamente "nero," niente è completamente "bianco" ed esistono le mezze tonalità che da sole o mescolate tra di loro colorano la vita. Un dolore, un fallimento, un periodo difficile vanno vissuti e sofferti come è giusto che sia, ma poi è d'obbligo la determinazione a superare ogni cosa, facendosi carico di "batoste" e responsabilità senza però vittimismi, rancori ed aggressività. Non porta a nulla prendersela col mondo intero, quando basterebbe guardarlo e dargli ascolto per imparare a non sentirsi soli nella propria disperazione. "Niente avviene per caso" e forse ciò che succede vuole essere solo un'occasione per guardare oltre e poter trovare tanto e di più.
Strano, mi son ritrovata con delle conclusioni pseudofilosofiche guardando il mio plumcake mal riuscito! Ultimamente mi succede spesso, osservo la mia quotidianità in tutti gli aspetti, la natura con le sue bellezze, la gente che mi trovo accanto e sono contenta perchè... mi sento parte del tutto e il tutto mi appartiene. Quanta ricchezza! E la coscienza di tanta fortuna me l'ha donata la malattia... "Niente avviene per caso."

lunedì 14 febbraio 2011

Stamattina mentre guardavo il fumo venir fuori dal forno e il mio plumcake all'arancia miseramente sbruciacchiarsi in superficie, mi sono chiesta, "ma l'anno sorso a S. Valentino che cosa ho fatto?!" Avrei voluto darmi una risposta più consolatoria di ciò che vedevo, magro risultato dei miei sforzi in cucina, ma poi ho ricordato e mi sono incupita un po'. Era domenica e avevamo pranzato fuori, tutti e quattro, " per festeggiare," diciamo così, in realtà era stato deciso nel tentativo di non pensare a quello che mi stava accadendo; mio marito come me sapeva, sperava che tutto si risolvesse automaticamente come si era presentato, allontanava il pensiero perchè non poteva essere che a noi, proprio a noi capitasse questo. Magari... che fosse un brutto sogno? Ogni tanto cercava di convincermi che si doveva pur fare qualcosa, non potevamo continuare ad... andare avanti con una simile angoscia e alla fine si arrendeva alle mie lacrime, non voleva forzarmi  perchè sapeva in che stato ero e inoltre temeva anche lui la conferma che poi è stata. E giorni erano passati ed era giunta la vigilia di quella festa, S.Valentino. "Dai, andiamo a mangiare fuori, anche con i ragazzi, così ci distraiamo un po', ne abbiamo bisogno. Non possiamo pensare sempre alla stessa cosa. Poi prenderemo una decisione, va bene? O magari passa tutto in questa settimana e finalmente non ci penseremo più." Fui contenta a pranzo, quel giorno, sembrava quasi che quel maledetto "bozzo" non ci fosse mai stato, poi, tornata a casa cominciai a pregare, pregavo di essere illuminata e di trovare il coraggio per poter affrontare tutto quanto: sapevo bene che cosa mi aspettava se quel nodulo si fosse rivelato maligno...
Oggi invece, a distanza di un anno mi son ritrovata con un plumcake dalla forma non ben definita, molto ma molto abbronzato e con il fumo che mi offuscava gli occhi. Beh, almeno questa volta le lacrime non c'entravano. Mi è venuto da ridere, un dolce si può sempre rifare; anzi, ora vado a prendere le uova e ritento, perchè non è più il tempo delle rese, neanche nelle piccole battaglie quotidiane.
Mancava una settimana al matrimonio e finalmente qualche giorno prima del quarto ciclo lo comperai quel benedetto vestito; dopo tanto girare per negozi mi ero fermata in uno vicino casa, avevo scelto un abito carino, lo avevo provato senza soffermarmi troppo allo specchio e lo avevo acquistato, non pienamente convinta, pressata dallo stringere dei tempi, pur tuttavia alla fine soddisfatta. Prima però c'era quell'ultimo appuntamento d'affrontare, un'altra incognita; speravo tanto per l'occasione in una dimenticanza dello "tsunami", se mi avesse "ignorato" non l'avrei presa certo a male! Mi ripetevo che dovevo farcela, che non avrei avuto lo stomaco tanto in subbuglio perchè dopo soli tre giorni Alessandra si sarebbe sposata ed io non potevo esserci ridotta ad uno straccio strizzato. Mi convinsi di ciò ma chissà se sarebbe bastato; e così arrivò quella mattina e pregando arrivai anch'io lì, in ospedale. Solito prelievo, solita "vena sudata" e finalmente inizio dell'infusione. Anche quella volta vedevo la "rossa" scendere giù, goccia a goccia, socchiudevo gli occhi e la sentivo bruciarmi dentro, stringevo le labbra... era comunque l'ultima e dovevo resistere. "Con oggi abbiamo finito, ti darò una lettera da consegnare al dottor C. e così potrà fissare la data dell'intervento. Stai bene, sì??!" "Insomma... ogni tanto il morale non è proprio alle stelle... però..." Risposi al dottor Antonio che venne a darmi il commiato a nome della terapia, poi, non so perchè venni presa dal panico e mi salirono le lacrime agli occhi, se ne accorse Grazia. "Che c'è? Non piangere, non devi aver paura dell'intervento, vedrai... andrà tutto bene." Non riuscii a rispondere e girai la testa dall'altro lato. Il fatto era che stavo per lasciare "qualcosa" che per quanto difficile fosse, costituiva comunque un punto fermo, una certezza, per assurdo così com'ero sarei stata disposta a continuare con la chemio ad oltranza piuttosto che affrontare di nuovo ciò che non conoscevo e che rappresentava per me una prova ancor più difficile.

domenica 13 febbraio 2011

Stasera ho riposto le parrucche. Le ho lasciate lì, sul comò per qualche giorno, un po' come si fa spesso con gli addobbi natalizi una volta che le feste son finite. Non ti va di archiviare subito un periodo, ti dà malinconia e aspetti un giorno, forse due, ma al terzo ti pare tutto anacronistico e in una volata metti via ogni cosa e non ci pensi più. Con le parrucche è stato più o meno così; le ho riposte senza rimpianto ma neanche rabbia, non mi son detta, "finalmente è finita, non le indosserò mai più!" per non essere, chissà, un giorno smentita. Grandi alleate nella mia battaglia le ho portate e ora conservate con amore, chiudendo un altro capitolo di questa storia. E ripenso a quelle tre immagini riflesse nello specchio, specialmente l'ultima, la futura che appariva confusa, incerta e dai contorni sfocati; ora l'ho difronte e dentro di me, nitida e chiara e sembrano lontanissimi i tempi in cui solo l'approssimarsi di un nuovo ciclo di chemio mi dava l'angoscia e mi svuotava l'anima.  Come per l'ultimo della neoadiuvante, facevo il conto alla rovescia piangendo in un momento e ridendo un attimo dopo, cercando di distrarmi il più possibile e ricadendo nell'ansia col pensiero dell'intervento ormai imminente. Ma non era poi quello che volevo, eliminare l'odiato intruso?! Mi davo l'ovvia risposta e mi rianimavo e andavo avanti. Ormai si avvicinava anche il matrimonio di Ale, e il girare per negozi alla ricerca di un abito per l'occasione se da una parte mi distoglieva dal mio chiodo fisso, dall'altra mi poneva bruscamente difronte alla realtà quando provando un vestito mi guardavo allo specchio. Il tessuto assecondava le mie forme, ancora, il mio seno era lì, lo vedevo, ma tra qualche tempo che cosa avrei visto? Immaginavo una mostruosità, scacciavo dalla mente quel pensiero e l'abito provato non mi piaceva più, questo ogni volta  per tante volte.

sabato 12 febbraio 2011

Cappetta e Cappettina, madre e figlia, Antonietta e Giovanna, madre e figlia, come me e Valeria dieci mesi fa. Ho incontrato Cappetta e Cappettina, chiamate scherzosamente così dalle infermiere, mentre salivo su in reparto. "Pure oggi in giro?" "Sì, almeno non penso!" "E fai buono." Mi ha detto in un italiano dialettizzato Cappetta madre ed io, confortata da tanta approvazione mi son mossa con ancor più lena su, verso il terzo piano. Entrata con la solita allegria nella prima stanza, ho visto sulla poltrona accanto alla finestra Pasqualina  che oggi aveva messo su la parrucca, ma credo avesse scambiato la parte posteriore con quella anteriore perchè le scendeva sulla fronte, rendendola simile ad una bagnante al sole con il berrettino calato sugli occhi. "Oggi, n'ata parrucca te sei messa?" m'ha chiesto. "Ma quale parrucca! Questi sono i capelli suoi."ha risposto Grazia. "Ma so' belli assai! Auguri!" E da me è venuto il sorriso.
Forse non sarà facile da capire, ma la continuità che s'è venuta a creare con le mie visite assidue nel reparto dove sono stata curata, il non sentirmi dimenticata e il non dimenticare, mi dà una sicurezza e un senso di protezione che molto mi aiutano in questa riconquista della vita: calandomi in quel passato che tanti preferirebbero scordare, non voglio estraniarmi dalla mia realtà, tutt'altro perchè in questo modo riesco con serenità assoluta a far parte del contesto attuale solo sfiorato dal pensiero della malattia.
Dall'altra parte, poi era seduta Antonietta che non avevo mai visto, era così perchè questo era il suo primo ciclo di neoadiuvante per ridurre il tumore, e più in là c'era Giovanna, sua figlia. Dopo dieci mesi ho rivisto me e Valeria. Parlando, non intenzionalmente le guardavo negli occhi, e in quelli di Antonietta vi ho letto il timore di affrontare qualcosa di troppo grande e sconosciuto, un misto di ansia e preoccupazione, stati d'animo che conosco bene, e nello sguardo di sua figlia il desiderio di rassicurarla in ogni momento, di proteggerla in una sorta d'inversione di ruoli tenera e commovente. Quell'atteggiamento... anche quell'atteggiamento, lo conoscevo molto bene.

venerdì 11 febbraio 2011

"Ma siete proprio voi, anzi tu! Mi era parso... così... dalla voce. Ma guarda un po'! Ieri ho pensato: quella signora che ho incontrato in autobus prima di Natale... non l'ho vista più, chissà come sta?!!" Alla fermata stamattina avevo avuto la sensazione che qualcuno mi guardasse, mi ero girata, e in effetti uno sguardo perplesso mi fissava. "Ci siamo già viste... le altre volte avevo la parrucca!" ho replicato sciogliendo il dubbio, e Carla, così si chiama, è riesplosa con gioioso entusiasmo."Oh, come siete, anzi come sei bella! Che belli questi capelli! Tienili sempre così corti! Sono bellissimi! Oh, come sono contenta! Brava, brava!" Siamo salite sull'autobus e abbiamo fatto parte del tragitto insieme, chiacchierando e trasmettendoci solarità; e prima di scendere, "Voglio darti una cosa, mio marito me ne ha portata tanta!" e ha tirato fuori dal carrello della spesa due insalate e un cavolfiore. Ed è stato il primo dono di questa giornata. Sì, perchè mentre vivo questi mesi mi convinco sempre più che ogni giorno è un dono o meglio "un pacco dono" che Dio mi fa, un insieme di piccoli gesti, grandi incontri, anche forti arrabbiature, e poi odori, sapori e da domenica scorsa pure la carezza dell'aria sui capelli. Che meraviglia! E la cosa più bella è che, non dando niente più per scontato apprezzo a pieno tutto ciò che mi viene offerto e mi vien voglia di confrontarmi con gli altri, di condividerne l'esperienze per continuare a... imparare dal vissuto di chi il Signore mi pone accanto. Come è stato oggi l'aver conosciuto Enza, più volte provata da "questo nostro male," e che pure mantiene una forza tale da mettere quasi soggezione; in alcuni momenti mi sono mancate le parole per replicare persino al suo sguardo! Ma anche da lei ho imparato e preso consapevolezza di alcuni miei limiti che non conoscevo. E poi c'era Elisa, un'altra amica "come me;" che dire del suo smarrimento a causa dei vari malanni e della ripetuta sensibilità a tutti gli effetti collaterali delle varie terapie? E di suo marito Michele, dalla tenerezza che commuove?  Probabilmente se iniziassi  non potrei più smettere perchè tantissime sono le sfumature da annotare, vari gli spunti su cui riflettere. " Oggi sei silenziosa", mi ha detto Grazia. Non sempre si può parlare, bisogna pure saper ascoltare per dar voce a chi soffre e di solito ascolta senza parlare.

giovedì 10 febbraio 2011

A lungo nubi scure sono state all'orizzonte: le scrutavo sperando che mai raggiungessero il mio cielo. Pian piano si avvicinavano ma io mi dicevo: "Finchè non è tutto coperto non fa niente, un colpo di vento può far tornare il sereno." E il colpo di vento invece ha raccolto tutte le nubi scure, anche le più nascoste ed è arrivato a coprire il mio cielo. Minacciose gravavano sul capo, mi angosciavano, poi...tutto è successo ed è stato temporale, bufera, tempesta, tutto ciò che porta sconvolgimento e paura. Tanto è durato; a tratti uno squarcio s'apriva... speranza, un arcobaleno tra  le nuvole... poi, di nuovo tutto buio ed ero un fuscello in un vortice d'aria. Col tempo la pioggia scrosciante diventò battente, poi come pioggerellina rischiarò il mio cielo con larghi spazi d'azzurro. Ora... il sole! Non proprio quello luminosissimo d'estate, magari un po' velato, però sempre sole. Ma perchè devo ancora sentire il brontolio dei tuoni che arriva da ogni parte? Non è stato abbastanza cattivo tempo per me? Non sono una quercia secolare, non posso resistere a tempo indeterminato. Allora mi sono creata un piccolo spazio dove il piccolo cielo è sempre azzurro solo perchè io voglio colorarlo dopo che è diventato bigio per i brutti pensieri. Ne restino fuori ansie e crucci, rimpianti e falsi pentimenti, mi passino pure davanti ma senza nemmeno sfiorarmi: faccio tanta fatica per mantenermi quello spazio d'azzurro conquistato. Non voglio rinunciarci!

mercoledì 9 febbraio 2011

"Mela" come frutto del peccato di biblica memoria, "mela" come pomo della discordia se Paride l'assegnò per decretare la più bella, "mela" oggi per me frutto della gioia se d'ora in poi mi rammenterà questo nuovo affacciarmi alla vita. Spostando finalmente il centro d'interesse dalla malattia, ho incominciato naturalmente a reimpossessarmi di tutto ciò che credevo aver perso, comprese le mie attività per diletto; all'improvviso qualche domenica fa ho ripreso a far la "mia" torta di mele e da quel giorno ne faccio in quantità industriali e mi sembra persino che mi riesca meglio di prima! Ma forse questo non fa testo perchè ora è tutto meglio di prima, tanta è appunto la "gioia" di ricominciare continuando ad... andare solo sulla falsariga del tempo che è stato.
Così stamattina ne ho portata anche una, di quelle torte, in ospedale per festeggiare il ritorno alla luce dei miei capelli e per condividere, dopo ansie, lacrime e tensioni anche un momento di dolcezza e di gioia, ed ecco perchè "mela come frutto di gioia". Sono andata pure corredata di copie della ricetta perchè di tale condivisione potesse restare un segno per chi lo avesse desiderato: tutto è stato molto apprezzato e per una volta tanto non si è parlato solo di flebo,vene e aghi.
Ora è ovvio che non posso condividere con chi legge una torta di mele, ma trascriverne la ricetta, sì, questo lo posso fare, in modo da regalare un po' della mia gioia a chi non mi è vicino fisicamente ma lo è di certo con lo spirito se ha tanta pazienza da seguirmi in questo narrare del mio riemergere dal buio.

                                              TORTA MELINA

Ingredienti: 100 gr. di ricotta, 150 gr. di farina, 100 gr. di zucchero, un uovo, 4 grosse mele, una bustina di lievito, un cucchiaio di olio d'oliva, la scorza di un limone grattugiato, un bicchiere di latte, zucchero a granella.

 In una ciotola mescolate la farina con il lievito e stemperateli con il latte, poi aggiungete la scorza di limone, lo zucchero, l'olio e l'uovo sbattuto. Unite al composto la ricotta e amalgamate il tutto in modo da ottenere una pastella morbida. Tagliate a dadini 2 mele e uniteli alla pastella. Amalgamate gli ingredienti e versate l'impasto in una tortiera precedentemente imburrata e leggermente infarinata. Tagliate a fettine le altre 2 mele e decorate la torta in superficie, spolverizzate di zucchero e infornate a 180 gradi per 45 minuti circa. Quando la torta sarà ben fredda spargete lo zucchero a granella.

CON L'AUGURIO DI DOLCI MOMENTI DI GIOIA.

martedì 8 febbraio 2011

Solo ora ci penso: le tappe più significative di questa mia avventura hanno avuto come data il 6. Di giorno 6 mi fu fatta la diagnosi di carcinoma duttale infiltrante, il 6 del mese successivo cominciavo la chemioterapia, ieri, 6 febbraio ho detto addio alla parrucca. I ricordi si susseguono in un silenzio che mi piace creare non solo intorno, ma soprattutto dentro di me, e nel cuore si trasformano in forti emozioni che lasciano una traccia. Infatti non è raro che mi ritrovi a piangere senza un apparente motivo, mi chiedo allora perchè e la risposta mi viene dal ricordo che in quel momento percorre la mia mente. Quando vivevo quelle situazioni magari ero più forte, vincevo le lacrime, per dignità e per non perdere la voglia di combattere, si trattava di sopravvivenza, ora che tutto è passato, guardare indietro mi fa più male, quasi il dolore ritornasse a farsi vivo impietoso e bruciante. Mi dò ad un libero sfogo perchè anche questo è liberatorio, ma poi mi scrollo di dosso ogni malumore e continuo ad... andare avanti. In tutti questi mesi in cui lo specchio non mi è stato proprio amico, mi ero imposta un'immagine, come una maschera l'avevo indossata e non ci sono state alternative, ieri lasciando la parrucca sul comò, è riemersa tutta la sofferenza forzatamente riposta e la commozione è stata tanta. Ma c'era altrettanta gioia e il pianto che è venuto fuori mi ha definitivamente liberato: ora sono così, con i miei capelli, ma diversa. Non voglio che la mia immagine sia la stessa di prima perchè sento di essere una persona nuova; non riesco ad immaginarmi bionda e nemmeno mora, castana o ramata, mi vedo così come sono e basta. Un colore vale un altro ma io valgo di più, non voglio nascondermi perchè ciò che ho vissuto mi ha lasciato un segno che desidero sia testimoniato anche dall'argento dei miei capelli.
Intanto le tre parrucche per qualche giorno restano allo stesso posto; pian piano perderà di senso anche la loro permanenza sul comò e allora sarà facile riporle. Lo farò con amore perchè continuando ad ... amarmi ho vissuto quel periodo che oggi si chiude; lascio alle spalle ciò che è stato, attendendo con speranza le sorprese che il futuro vorrà riservarmi.

lunedì 7 febbraio 2011

"Gisellaaa! Guarda qui!" "Perfetta! Belli, non li tingere, stai benissimo." Non pensavo certo che la situazione cambiasse così rapidamente e soprattutto in questo modo strabiliante; in meno di venti giorni i miei capelli hanno cambiato i connotati, hanno ripreso a crescere nel verso giusto disponendosi a riccioli morbidi e il colore non è più di quell'acciaio spento, ma son d'argento, luminosi come la luce della luna in una notte d'estate. Finalmente comincio a piacermi, anzi, son passate poche ore e mi piaccio proprio! Mi dicevano che sarebbero stati più belli, folti, corposi, lucidi, ma non avevo dato credito più di tanto, considerando quelle parole come un incoraggiamento per sopportare meglio la triste condizione; al termine della terapia era cominciata la crescita, dapprima timida peluria tremante, poi esercito allo sbando, ribelle ad ogni mio tentativo di ripristinare ordine. Alla fine mi ero convinta che sarei stata forse l'unica a metter su capelli più brutti di prima... questo fino a qualche giorno fa, poi stamattina li ho lavati, anche di fretta perchè avevo da fare e come per magia, docili si facevano spazzolare al soffio tiepido del phon, morbidi li accarezzavo con un piacere mai provato prima, lucidi prendevano dei riflessi alla luce di un sole quasi primaverile. Mi son guardata allo specchio e anche questa volta ho sorriso; ho preso il mio pettinino color di rosa e ho incominciato a pettinarmi, adesso sì, lo potevo fare, non si trattava più di cercar d'acconciare quattro peli senza senso ed è stata un'emozione fortissima. Ho preso i miei cuoricini pendenti e li ho messi all'orecchie e hoi continuato a... guardarmi allo specchio e sarei rimasta lì ferma per tanto altro tempo ancora se non mi fosse venuta in mente Gisella, una mia amica dell'isolato accanto che una volta mi aveva detto: "Quando smetterai la parrucca non tingere i capelli, sono belli così, un po' sale un po' pepe, a me piacciono tanto." A dire il vero a me non piacevano affatto così, un po' sale un po' pepe, ma poi oggi mi son vista e mi son piaciuta all'improvviso, forse perchè mi sono accorta che veramente ora comincia la mia rinascita o forse perchè rivedo nel mio volto i lineamenti di mia madre così incorniciati d'argento, e allora volevo farli vedere a Gisella, il suo giudizio positivo avrebbe aumentato la mia gioia. Stavo per alzare la cornetta del telefono quando dalla finestra l'ho vista, sono uscita sul balcone e l'ho chiamata: il suo parere è stato quello detto sopra e la mia felicità  immensa. Stasera sono uscita per la prima volta dopo dieci mesi senza parrucca, ho fatto un altro salto nel buio con i miei nuovi "colpi di luna".

domenica 6 febbraio 2011

Me n'ero accorta già da tempo, s'andava riducendo, non più "bozzo" ma finalmente "nodulo" vero e proprio. Nella sua nuova dimensione al tatto appariva più tondeggiante, con i contorni netti, ben definiti e persino mobile; se alzavo il braccio e mi guardavo allo specchio non lo vedevo più, mentre prima si rifletteva come una protuberanza liscia e anche i linfonodi ascellari parevano essere più piccoli. Poi il dottor Antonio me lo aveva confermato dopo avermi visitato, stavo rispondendo bene alla terapia, i risultati erano soddisfacenti e dopo l'ultimo ciclo di neoadiuvante sarei stata pronta per affrontare l'intervento. Ne ero contenta ma allo stesso tempo cominciavo ad aver paura e pressanti mi si presentavano infiniti interrogativi; ce l'avrei fatta, avrei sofferto, il braccio si sarebbe gonfiato, ma soprattutto quale sarebbe stata la mia reazione nel vedermi priva di una mammella? A questo punto scacciavo quell'idea cercando di pensare ad altro, dopo tutto mancava ancora un ciclo di chemio e a conti fatti sarebbe passato più di un mese e mezzo fino all'operazione, era quindi ben inutile mettersi in passione con tanto anticipo. Ma quando mi guardavo allo specchio era come se vedessi tre immagini riflesse, quella di un tempo, l'attuale e la futura; la prima mi immalinconiva, venuta già meno non sarebbe stata più la stessa perchè carente nel fulcro della mia femminilità; la seconda era triste perchè essendo simile a quella di molti monaci tibetani, pelati al centro e spelacchiati tutt'intorno al capo, appariva volentata nella sua grazia; l'immagine futura, poi, mi angosciava, non riuscivo, non volevo vederla e a tratti pensavo che non l'avrei vista affatto perchè probabilmente non ci sarebbe stata. Quanti brutti pensieri! E chi nella stessa condizione non l'ha mai fatti? Ma sono solo pensieri, ombre fugaci che passano in fretta perchè è la vita stessa che grida di non badare a ciò che è stato e sarà: ora sei ciò che sei, ma sarai quello che vorrai essere, sì con la sofferenza e il pianto, ma soprattutto con la forza ed il sorriso.

sabato 5 febbraio 2011

In questo momento di standby della malattia quando, lasciato il peggio alle spalle tutto tace e c'è tranquillità, osservo di lontano la mia esistenza e mi appare fragile come un piccolo globo di vetro soffiato ed eterea come una bolla di sapone. Basterebbe un soffio e potrebbe non esserci più. Ma intanto ora c'è e come il globetto e la bolla di sapone alla luce, la cattura e riesce a brillare; potrebbe ugualmente sparire ma non avrebbe importanza dopo che ha raggiunto il massimo desiderabile. Mi accorgo di questa mia condizione e invece di averne paura me ne compiaccio perchè non sono mai stata viva come ora; a volte sono gli altri ad esaltarla, ed ecco che piccoli doni inaspettati come un bon bon avvolto in una carta dorata con su scritto "PER TE",  un grembiule da cucina a quadretti con un cagnolino applicato, o anche un messaggio, "Se sto bene è grazie a te." mi fanno capire che esisto, non solo per me stessa ma anche per gli altri e che se all'improvviso non ci fossi più forse qualcuno se ne accorgerebbe. E mi vien fuori ancor più la voglia di lottare, per ora adagiata su un cauto ottimismo, ma pronta a destarsi alla prima avvisaglia. "Ma che fai, te le chiami le disgrazie?" Proprio no, rispondo al compagno della mia vita, così facendo mi proteggo da esse, perchè non essendo possibile, nell'eventualità, evitarle preparo uno scudo per pararne i colpi e poi... ben venga ciò che deve avvenire. E' vedere la vita sempre color di rosa, credere in se stessi, non abbattersi mai: divenire così un modello di ottimismo per chi ti sta accanto e non solo. E se ho deciso di parlare di questa mia storia, traendone un beneficio superiore ad ogni aspettativa, l'ho fatto non tanto per superare e affatto per dimenticare, ma per ricordare ogni momento, ogni particolare ed essere utile ad altri che, sopraffatti dall'angoscia non credono di avere in se stessi la risorsa vincente.

venerdì 4 febbraio 2011

L'aria del maggio inoltrato s'andava profumando già d'estate; respiravo a pieni polmoni mentre passeggiavo su quel lungomare con la brezza che mi dava la pelle d'oca e il sole deciso che mi confortava. Che meraviglia la vita! Provare due sensazioni contrastanti e amarle entrambe, gustarle a fondo perchè le vivi fisicamente, niente di trascendentale: le senti, ci sei. Da bambina con quel tipo di luce avevo imparato a strizzare gli occhi senza chiuderli completamente, mi piaceva tanto perchè mi sembrava di vedere stelline colorate, porporina variopinta delle letterine di Natale, un'emozione forte che riusciva ad isolarmi dal mondo esterno e di rimando i rumori mi arrivavano ovattati e ciò che provavo sulla pelle scoperta era una carezza leggera. Perchè ho ricordato tutto questo? Perchè quella domenica di maggio avevo una percezione molto simile, riscoprivo da un'anima impolverata gioie autentiche che nonostante il passare degli anni erano rimaste intatte, dimenticate forse, ma intatte.
A pranzo, poi ero riuscita a mangiare quasi un'intera pizza e senza provare disgusto: era andata meglio del previsto. Ah, cosa può fare la forza della volontà! La testardaggine, la tenacia con cui mi ero proposta a quella giornata avevano compiuto un piccolo miracolo e i disturbi erano dimenticati, i disagi superati e intorno e nel mio cuore era solo festa.
 Il suono dell'organo e i canti della schola cantorum di quell'antico monastero completarono le emozioni di un momento particolare; l'armonia del suono con la voce mi riportò a Dio che è armonia stessa, e provai la netta sensazione della sua vicinanza, una pace profonda con me stessa.

giovedì 3 febbraio 2011

E passò pure quella bufera e il giorno dopo fu tremendo, la luce mi feriva e l'aria mi stordiva, ma passò anche quello e poi volli riprendermi, in fretta perchè la domenica si avvicinava e mi aspettava l'impegno della Cresima di Alessandra, mia nipote. Erano venti anni che me lo aveva chiesto e solo ora aveva fissato la data, che dire... proprio il momento giusto! Tanto che io, sdrammatizzando, le avevo detto per scherzo, "Ma tu aspettavi che mi venisse il cancro per deciderti?" "Ma zia, che dici?" Avevamo riso su quelle parole e il cancro, nominato in quel modo e in tale contesto per un momento non ci sembrò neanche una malattia tanto grave, perchè si impara presto in queste situazioni che le malattie, le difficoltà fanno meno paura se le si guarda in faccia e le si chiama con il loro nome senza inutili giri di parole. E ironizzando poi tutto viene ridotto a una "parentesi", triste, difficile, ma pur sempre e solo una parentesi che prima o poi si chiuderà.
Mi ero preparata per quell'occasione, un completo nuovo da indossare e tanta voglia di vivere una giornata diversa, serenamente, accantonando prelievi e terapie, nausea e pappe svezzamento. Ci tenevo per me ma anche per Ale, che nonostante i suoi trentadue anni conserva l'entusiasmo e gli sprazzi d'allegria di una bambina, e per questo non volevo di certo guastarle la festa. E' tanto cara! Nei primi giorni del ricovero in ospedale aveva rimandato la partenza e mi era stata vicino, a farmi coraggio sempre con naturalezza e serenità e i suoi occhi conservavano la stessa luce di quando, piccolissima pronunciò per la prima volta il mio nome, secondo solo alla parola "mamma".
Il mio impegno alla fine fu premiato perchè la ripresa fu più rapida del solito e al sabato... niente più nausea, affatto stanchezza. La sera feci le grandi prove per il giorno dopo; indossai il mio completo nuovo, del colore trendy per quella stagione, bianco e fango, in testa la parrucca, ai lobi un bel paio di perle e poi mi guardai allo specchio... ah, ma stavo dimenticando qualcosa... sì, le scarpe, anche quelle nuove, modaiole, senza punta. Ora sì... perfetta! Mi sentivo bene perchè mi vedevo bene! E la chemio di tre giorni prima? Era bell'e dimenticata!!

mercoledì 2 febbraio 2011

A sera inoltrata, quasi notte la mente chiama a raccolta i pensieri e tutti i ricordi e dall'incontro non proprio casuale di persone e situazioni nascono, frutto di speciale armonia le emozioni del cuore. E non posso non rivolgermi a Lui, grande architetto delle nostre esistenze, che pur concedendo il libero arbitrio, dispone che tutto si incastri alla perfezione. E di ciò che ho vissuto oggi ringrazio Dio, di quello che accadrà domani, il Signore Dio, di tutti questi doni, Dio, Signore e Padre. Grazie, per quell'ansia altrui di cui, in questa giornata, mi son fatta carico perchè ha distolto il pensiero da me stessa, e per quella dolcezza condivisa che mi ha regalato dolce ricompensa. Grazie, perchè non so domani come sarà, bello o brutto che sia, comunque passerà e lascerà un altro po' di ricchezza nella mia vita che va ricomponendosi più bella di prima. Grazie, perchè in me aumenterà la speranza tanto da poterne far dono a chi, come un funambulo, si sente in bilico e teme di cadere.
Grazie, perchè tutto mi appare nuovo, e riesco a guardare con occhi diversi anche la potatura di un albero d'inverno vedendone già con gioia i fiori della primavera. Grazie, perchè il cielo grigio, la pioggia non sono più una noia e il piede nella pozzanghera mi riporta alla gioia dell'infanzia. Grazie, perchè finalmente non c'è più programma a tiranneggiare la mia vita e tutto è bello solo perchè esiste.
Ma finora questo mio sentire dov'era? Ci rifletto su: se ora è, c'è sempre stato, però non lo percepivo perchè la mia mente era frastornata, assordata dai rumorosi, vuoti affanni che andavo creando per dare un senso all'esistenza.

martedì 1 febbraio 2011

Cercavo di non pensarci; dopo tutto perchè avrei dovuto star male? "E' questione di testa!" mi ripetevo e intanto sfaccendavo in cucina. La bocca all'improvviso cominciò ad essere secca e la lingua faceva fatica a staccarsi dal palato. "Mangerò una gelatina... ne prendo una al lampone." Scartai in fretta la caramella, e l'assaporai cercando di convincermi che fosse l'"antidoto" giusto e che presto sarei stata sollevata dal disagio... "bisogna solo crederci... è tutta questione di testa!" Ero sola a casa in quelle prime ore del pomeriggio, e cosa insolita, mi sentii disorientata come chi è sul punto di perdere il controllo della situazione, pregai che i miei figli tornassero presto, poi mi feci coraggio, del resto non era "questione di testa?" E allora bastava pensare a qualcosa di piacevole! Evidentemente, però non lo era abbastanza perchè il malessere, la spossatezza, la nausea avevano preso un ritmo che se pur lento andava in un crescendo tutt'altro che piacevole. Una pausa nella partitura: lo squillo del citofono. Finalmente! Non ero più sola. A Valeria bastò guardarmi in faccia: "Che c'è mamma? Come va?" "Così così. E' meglio che vada a sdraiarmi un po'." E anche questa volta stentavo a prender sonno, e se per caso riuscivo ad appisolarmi un po', mi svegliavo di soprassalto con un forte senso di soffocamento come se avessi caldo, mentre i brividi percorrevano la mia spina dorsale. A metà pomeriggio fu impossibile restare a letto, capii che lo "tsunami" stava per colpire di nuovo, meglio "arginarlo" nel bagno, avrei fatto meno danni e poi... volevo vedermela da sola, almeno così speravo. Nel tragitto dalla camera al bagno mi arrivò dalla finestra aperta un forte odore di pane abbrustolito: la nausea fu tremenda. Mi sedetti e sperai che tutto finisse presto. Ma perchè doveva succedere tutto questo? Non era ancora abbastanza? Il sudore aumentò, freddo raggelava la pelle, le tempie pulsavano e ad un certo punto la vista offuscandosi venne meno. "Non vedo più!!" Valeria e Francesco e anche la piccola Biù Biù arrivarono di corsa giusto in tempo per assistere al prorompere dello "tsunami". Spettacolo indegno! Lo volevo tutto per me... ma niente da fare. E anche arginarlo non era stato possibile... "Mamma, però la prossima volta almeno non mangiare il formaggio, ti prego!"