giovedì 23 settembre 2021

UNA "CERTA" SPERANZA ( n.56) (Quando sostanza è...)


... non abbisogna di promozione, sono atteggiamento e condotta a farla, non una tantum ma tanto quanto vale.
Retorica e ipocrisia invece vanno sempre a braccetto con l'apparire, come si può ben immaginare.
La seconda ha bisogno dell'altra per essere credibile, e la prima a sua volta di questa si nutre per "gonfiarsi" di efficacia. Entrambe fanno da cornice a quel che si vede, appare ma è tutto da verificare.
Promozione di sé con un "selfie" per non guardarsi dentro e di conseguenza apprezzarsi poco.
Una finestra chiusa sulla realtà circostante e il continuo disaccordo pure con se stessi.
Quanto meglio sarebbe invece, risolto qualche dubbio, trovare pace restando "veri".
Provare a dare un senso a ciò che si è scelto di essere e non di fare, ché a fare una qualsiasi cosa o mestiere sarebbero tutti capaci pure per inerzia.
Dare un senso al domani, poter guardarsi allo "specchio" e stimarsi per la coerenza, guardare "l'Altro" e "Oltre".
Il traguardo di una "professione", il completamento di una parte mancante da sempre.
La stupenda sensazione di "contare"... essere utile, e dire e fare lascia un piccolo segno che non farà dimenticare.
Più volte pensando a questo mi sono chiesta se non fosse "vanagloria" ... il vuoto desiderio di sentirsi indispensabile ed importante.
È chiaro che parte tutto da una sorta di egoismo, ma poi la cosa dovrebbe evolversi, essere solo per l' "Altro", dimenticando la parte "vanitosa" di sé. E guardare "oltre".
Ridimensionando assurde pretese.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante albero e spazio al chiuso


1 commento:

  1. Me lo ricordo a volte, quando facevo il volontario in Caritas, questo senso di indispensabilità, di essere io l'aiuto. Ce ne ho messo a capire che l'aiuto lo davano gli ospiti a me. E quante volte mi è mancato dopo..

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