domenica 19 dicembre 2010

Delle tre settimane che separano un ciclo di chemio dall'altro, la centrale è certamente la migliore; si viene fuori da giorni d'intenso malessere e sembra di toccare il cielo con un dito, tornano l'appetito, il sorriso e la voglia di fare. Il peggio è alle spalle, il prossimo ciclo è ancora lontano e si ritorna finalmente a vivere. Appunto questo era il mio stato d'animo a una settimana dalla prima "rossa", poi s'aggiungeva un'altra novità: mi sentivo euforica perchè erano arrivate le altre due parrucche, le avevo provate e guardandomi allo specchio mi erano piaciute tantissimo le nuove immagini di me, persona abitudinaria e tradizionalista  che non aveva mai voluto "tradire" se stessa nemmeno nell'aspetto esteriore. Dopo tutto aver osato non era stato troppo difficile nè doloroso, e il risultato alla fine non era niente male. Le tre testine parruccate troneggiavano sul comò non allineate ma con una collocazione leggermente sfalsata, mi piaceva di più tenerle così sistemate, mi divertivano e mi rassicuravano. Alla sera, quando mi mettevo a letto, sdraiata sul fianco sinistro, le guardavo e provavo la stessa gioia di un tempo, quando da bambina prima di addormentarmi davo un ultimo sguardo alle mie bambole accanto a me e poi chiudevo gli occhi, serena, sicura di avere ciò che mi serviva, altro non mi interessava. Intanto i giorni passavano ed io pensavo alla casa, alla spesa, uscivo, incontravo gente e a tutti raccontavo quello che mi stava succedendo, senza paura nè reticenza, mi faceva bene parlarne ed ogni volta era come togliere un sassolino dalla grande massa di pietre che gravava sul mio cuore. Avendo trovato io il coraggio di condividere una cosa così propria e intima, si ridimensionava la curiosità altrui, gli altri non potevano far altro che compiacersi del mio atteggiamento positivo, e mostrare al massimo la loro solidarietà non certo la pietà, cosa che mai e poi mai avrei voluto suscitare. Andavo avanti in questo esercizio che giorno per giorno rafforzava il mio carattere, però trovavo anche il tempo di riflettere, e non so perchè, quando pensavo portavo la mano ai capelli; chissà quando sarebbe iniziata la "grande caduta," o magari no, non sarebbe successo niente, e intanto mi strattonavo un ciuffo col cuore che batteva in gola e gli occhi che non volevano guardare.

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