domenica 28 marzo 2021

DAL MIO "DIARIO DELLA GRATITUDINE... E DELLA FRAGILITÀ" (n.72) (Il silenzio buono)

  Non sempre se resto in silenzio è perché mi mancano le parole, ce le avrei e pure giuste, solo non è quello il momento. A volte tacere è l'unica proposta ed anche risposta.

Quando di fronte hai la paura sotto le mentite spoglie di incertezza, la sfiducia che rasenta di nuovo la rabbia, che potresti mai dire? E del dolore, così all'improvviso?
Parole di compassione sgomenterebbero, altre intese a sdrammatizzare risulterebbero ipocrite, banali... inutili. Meglio il silenzio allora, e una carezza pure da lontano o... come si è soliti dire ora... "da remoto".
Poche parole quindi, e tanto silenzio, che pure assorda, ma almeno non fa danni.
Sono certe situazioni che fanno rumore, e ad un certo punto pure se ormai sono abituata, sento il bisogno di appartarmi in me stessa.
È un modo per riprendermi, vivendo il silenzio che ricarica, quello buono.
Un po' come succedeva quando facevo chemio e nel pomeriggio mi chiudevo in camera, con gli occhi chiusi, una tuta pulita, sdraiata su lenzuola profumate di fresco.
Una scelta, quella del silenzio che è ora terapia per l'anima, con pochi effetti collaterali, tra cui quello di non essere capiti, e l'opportunità però di elaborare ogni cosa secondo i propri tempi.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante spazio al chiuso

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