mercoledì 30 maggio 2018

VEDO COME SCRIVI E TI DIRO' CHI SEI (prima parte)




Al GAMA stasera interessante incontro con l'esperta grafologa, dott.ssa Valentina Di Tullio che in maniera chiara e vivace ha illustrato l'affascinante mondo dei segni grafici, loro significato e valore.
Un mondo affascinante, definizione immediata ma che non rende merito a ciò che è in realtà la Grafologia, sempre più in uso in vari ambienti professionali, in campo legale ed anche medico.
La Grafologia non è un'arte magica, forse una disciplina, sicuramente una scienza recente che si rivela incredibilmente utile proprio per scoprire o approfondire aspetti del nostro carattere a volte sconosciuti anche a noi stessi attraverso l’analisi della produzione grafica sia essa grafia, disegno o scarabocchio.
Considerando in particolare quest'ultimo, primo segno grafico nel bambino, se ne comprenderà il temperamento tranquillo e lo stato d'animo sereno se lo "scarabocchio" sarà tondeggiante, in uno spazio limitato. Al contrario rivelerà un carattere irrequieto e capriccioso se tenderà a venir fuori con linee disordinate e sovrapposte.
Il segno grafico rispecchia l’idea che lo scrivente ha di se stesso e quella che vuole trasmettere agli altri. Risente dell’evoluzione nel tempo dell’individuo e dello stato psicofisico del momento in cui egli scrive e offre informazioni attendibili e preziose sull’intelligenza, sull’emotività, sulle strategie di vita adottate.
I primi accenni di studio della grafia si riscontrano già nel I secolo a.C. e qualcosa si trova già negli scritti di Aristotele e di Svetonio, quando la comunicazione epistolare senza mittente lasciava all'intuito del ricevente il compito di comprendere senso e intenzioni di Chi scriveva. Ma è solo tra la fine del IX e l'inizio del X che lo studio si fa serio e comincia ad imporsi con fine soprattutto pedagogico.
Lo scrivente di fronte allo spazio sul foglio vede la rappresentazione, in piccolo e limitata, di se stesso nello spazio ambientale intorno a sé. Tutto questo lo si può dedurre dall’ampiezza o meno dei margini (superiore, inferiore, destro e sinistro), degli spazi usati tra una riga e l’altra, tra una parola e l’altra e le distanze anche tra una lettera e l’altra all’interno di una stessa parola.
Attraverso la gestione di tale spazio delimitato dal foglio il soggetto scrivente racconta la sua storia, la sua personalità, la sua vita presente, passata e futura, e il modo di porsi verso gli altri, siano essi familiari o conoscenti siano invece degli sconosciuti.
Lo spazio ed il modo di gestirlo è la prima cosa che si nota guardando una scrittura, quindi corrisponde anche alla prima impressione che si ha della persona scrivente come se ci stesse di fronte, leggendo e valutando la scrittura il grafologo entra nell’interiorità della persona e scopre anche la parte più nascosta, quella celata, quella intima e privata.
Il primo studioso della simbologia dello spazio nella scrittura è stato Max Pulver, psicologo e grafologo svizzero, il quale sottolineava che ci sono dei simboli arcaici che ci portiamo dentro dalla notte dei tempi, delle associazioni mentali che usiamo abitualmente nella vita e che ci orientano senza che noi ce ne rendiamo conto per cui:
in ALTO stanno il cielo, la luce, la spiritualità, il pensiero.
in BASSO stanno la profondità, le tenebre, gli istinti, la materialità.
a SINISTRA stanno le origini, la madre, il passato, l’introversione.
e a DESTRA stanno il futuro, il padre, l’estroversione, la realizzazione.
  (continua...)

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