martedì 28 ottobre 2014

QUESTIONE DI... FEELING


E' un rapporto profondo, di fiducia e intima sintonia, che si stabilisce tra medico e paziente, soprattutto quando la patologia è di quelle che a volte fa sentire sospesi tra ansie e dubbi, ad un filo, a parole mormorate sottovoce.
Lo so bene io, che quel giorno... alla chiusura di un reparto a causa dei tagli alla sanità... sentii perdere terreno sotto i piedi, letteralmente abbandonata al mio destino. Non sapevo che cosa fare... che ne sarebbe stato di me.
Passai all'Oncologia Medica, dove i medici sono più di uno, ma prima di fermarmi all'attuale, diciamo li ho passati un po' tutti.
Questo "mio" ora è perfetto, una persona che ha modi e parole giuste pure per dirti che stai messo male, almeno per me è così... l' "ideale".
Questione di feeling?... forse non proprio in questi termini, ma credo di si, assolutamente.
E tornano i miei ricordi di 4 anni fa... a quel famoso "terzo piano".
Qualche tempo prima di trasferirci nel " nostro " nuovo reparto, durante una delle frequenti chiacchierate, il Dottore disse che avrebbe voluto esporre un cartello con un testo, una sorta di meditazione, ma che poi, per rispetto della sensibilità altrui, non lo aveva fatto più. Riteneva, infatti che non tutti sarebbero stati in grado di capirne il bellissimo e profondo significato, in quanto tra le altre cose si parlava di morte.
Me lo aveva fatto leggere ed io lo avevo trovato stupendo.
Riporto questo testo per condividerne l'essenza e le conseguenti emozioni.
" ...vi sono qualità al di là della pura competenza medica, delle quali questi pazienti hanno bisogno e che cercano nei loro medici. Dal medico essi vogliono essere rassicurati, considerati e non solo esaminati. Vogliono essere ascoltati. Vogliono percepire che vi è una grande differenza, invero, per il medico, se essi vivono o muoiono. Vogliono sentire di essere nei pensieri del loro medico " ( Cusin 1982 )
Il tumore non è una malattia come le altre, altrettanto gravi, e coloro che ne vengono colpiti sono di conseguenza malati diversi. Lo sconcerto che prende all'inizio, quando se ne viene a conoscenza, l'evoluzione diversa per ogni caso, la durezza delle terapie, il forte senso di precarietà che accompagna per il resto della vita, fanno sì che si stabilisca con il proprio medico un rapporto che è qualcosa in più, la condivisione di ogni pensiero, timore, e quando c'è anche di gioia.
Non si vuole essere dimenticati, comunque vada a finire la cosa, e d'altra parte anche il medico stesso resta nei loro pensieri come un amico, una spalla su cui piangere, una mano da stringere per prendere forza e dimostrare gratitudine.
Perché si tratta di emozioni intense, molto forti, difficili da spiegare, impossibili da condividere in un secondo tempo.
Vanno trasmesse nel momento stesso che le senti vivere, vibrare addosso... solo così non si disperderà la loro forza.

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