mercoledì 3 aprile 2019

IL PROGETTO MAKE UP. RISCOPERTA DELLA CORPOREITA'


A giusto titolo rientra tra le strategie di coping il "Progetto Make Up", quale mezzo per adattarsi all'inevitabile cambiamento fisico dopo interventi e terapie. Ma prestare all'aspetto cure e attenzioni perché possa apparire sempre gradevole è "risorsa" antica.
In ogni epoca ed in qualsiasi parte del mondo, ogni cultura ha utilizzato degli accorgimenti per far risaltare il proprio corpo, a fini religiosi, culturali o semplicemente estetici, messaggi che l’essere umano invia verso l’esterno per esprimersi.
Il trucco è sempre stato ritenuto un mezzo importante di comunicazione, nell’antichità era usato per mettere in contatto l’essere umano con la Divinità.
In Europa attorno al Seicento, nelle varie corti era importantissima la cura del corpo. Le donne e gli uomini di alto livello sociale si facevano disegnare dei nei, ritenuti estremamente eleganti, che a seconda della loro collocazione e forma esprimevano un diverso significato. Nel periodo del Romanticismo per le donne avere una pelle diafana divenne una regola assoluta, infatti il pallore era associato alla sofferenza a dimostrazione dell’intensità dei sentimenti provati.
Appare evidente che il trucco è da sempre un modo per comunicare, oltre che espressione di costante ricerca della bellezza. È nel nostro DNA ricercare piacere per l'occhio, come se fosse un sesto senso che ci dona felicità e armonia. La bellezza è da sempre un atto di ottimismo che dona positività ad anima e corpo. Insomma, se c'è trucco c'è speranza!
La malattia investe tutta la persona, non solo il fisico, anzi è qualcosa che prende prima la mente nella sua totalità, pensieri, sogni e progetti. Così stressata la mente allora influenzerà l'aspetto fisico nelle varie fasi del percorso. Ci sarà la "negazione", e lo sguardo smarrito, impaurito e sfuggente. La pelle spenta e i capelli flosci o difficili da gestire. Si dichiara guerra al corpo che ha tradito. Nella seconda fase dell'"accettazione", con la consapevolezza subentra una sorta di armistizio e l'alleanza con lo specchio, che impietoso riflette un'immagine che non si riconosce ma appartiene. Con l' "elaborazione", prepotente arriva il senso di "sfida". Devo essere più forte di "lui"... lui mi vuole morta ed io oggi sono viva... lui gode nel sapermi curva, grigia e spenta ed io mi drizzerò, ravvivata di luce e colore.
Inizia così il percorso in positivo, perché quando tutto manca, bisogna scavarsi dentro, studiare le più azzardate strategie per sopravvivere. Anzi vivere, e pure alla grande.
Per quanto tutto va come deve andare, lasciare che vada in un certo modo, senza essere "protagonista" comporta il rischio di sentirsi "vittima".
Chi si trova a dover vivere l'esperienza della chemioterapia, va in crisi con la propria immagine e ben presto vede persa l'identità. Occorre ritrovarla, magari con un "nuovo look".
Il Progetto Make Up presso il Nostro Day Hospital, nasce nel 2015 come atelier di benessere e bellezza, per il recupero della positività e il rinforzo della corporeità. Perché il progetto abbia esito felice, base indispensabile è il sorriso, il resto verrà da sé. Col Make Up in corsia le volontarie approcciano proprio in questo modo, invogliando nell'immediato verso quella "curva" che raddrizza ogni cosa. Un atteggiamento positivo in generale offre subito la prospettiva migliore per Chi non vive un bel momento e che in modo naturale sceglierà l'immagine giusta. Per ritrovare l'identità rubata dalla malattia, per abbandonare di questa il volto e acquistarne uno nuovo per sé.
Proporre il trucco ad una donna in terapia come alternativa in quel "momento parallelo" è un modo di accoglierla ridimensionandone il dramma. Lei sarà portata ad aprirsi, raccontarsi... fidarsi. Permetterà che le si tocchi il volto, quel volto che ora non riconosce e quasi rifiuta, sperando che qualcosa cambi anche solo per un giorno per tornare a piacersi.
A volte basta pure solo un tratto di matita sotto gli occhi o intorno alle labbra, perché un difetto diventi un punto di forza, una virtù.
Dei colori giusti, adatti all'incarnato e una donna scopre di non essersi mai vista così bella allo specchio. E fantastico è che non lo nota solo lei.
Foulard o parrucca, bandana o cappello... addirittura "pelata scoperta", in qualsiasi modo purché sia per libera scelta e di questa soddisfatta.
E non è solo questione di testa, ma pure di volto, pallido e spesso smagrito... un paio di occhi da valorizzare, orecchie da ornare, labbra secche e screpolate da idratare e far colorite.
Come un'opera d'arte recuperata da un "uragano", con l'intento di riportarla allo stato iniziale. A volte è difficile che torni come prima, ma molto spesso può diventare ancora più bella. Mancherà pure la "cornice" originale, ma il "dipinto" sarà quello che conta. Si tratta di convincersi che si può, è un'"opportunità" anche questa... giocare col proprio aspetto e sentirsi persino "artisti" a pieno titolo.
Make up per tirarsi su, quando l'immagine allo specchio racconta la sua verità, e per chi guarda è tutt'altra.
Occorre conciliarle in un onorevole compromesso che alla fine poco peserà se accomodante e vissuto con disinvoltura.
Prendiamo in considerazione le scelte più comuni... il foulard, la parrucca, ed una estrosa per chi vuole osare, lo stencil. Con altri accessori e il trucco che evidenzi gli occhi, qualunque sia il colore, disegni le labbra e illumini l'incarnato, costituiranno un nuovo look, il "lasciapassare" a tempo determinato per la sopravvivenza.
Così, vivendo in modo giocoso e quasi normale un periodo che non lo è, sembrerà meno difficile.
Durante le nostre mattinate al Day Hospital ascoltiamo tante storie che lasciano intendere una grande varietà di scelta, abbinamenti, strategie a breve e lungo termine. Parrucca per nascondere ad occhi indiscreti e non essere sottoposte a giudizi sia pur compassionevoli, in casa a pelata scoperta o con una leggera bandana o un cappellino... e ancora, velate sciarpe sovrapposte a creare piacevoli trasparenze o variopinti foulard intrecciati, legati a turbante.
La cicatrice di una operazione per rimuovere un cancro, è un brutto indelebile ricordo per molte persone, alcune però, soprattutto donne operate al seno, con tatuaggi sono riuscite a trasformare un brutto segno in un bellissimo, artistico, colorato segno indelebile, per cui guardarsi allo specchio significa sorridere di nuovo.
Un soggetto molto comune è il "fior di loto", dalla simbologia molto significativa. Questo meraviglioso fiore infatti ha una particolarità, è in grado di mantenersi sempre puro e pulito in modo autonomo, pur affondando le sue radici nel fango.
In questi anni di servizio costante, opera di persuasione e successi inaspettati con pazienti che avevano persino coperto gli specchi di casa, si è rafforzata la convinzione che quando è possibile bisogna tentare di vivere con leggerezza. Vivere la vita come un gioco preso sul serio, purché non sia d'azzardo ma con il coraggio che serve.

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