giovedì 29 agosto 2013

Quando si ammala la Mamma...

"Ma TU... Tu non puoi fare così, devi andare da un medico, insomma preferisci rimanere con il dubbio?! Non Ti capisco... perchè IO sono angosciata da questo pensiero, capisci!? ANGOSCIATA!"... e poi si chiudeva in camera dopo aver sbattuto la porta. Passata mezz'ora, non di più... me la ritrovavo di fronte... "Allora... che hai deciso?... quando vai da un medico?", ed io facevo spallucce, incoscientemente cacciavo la testa sotto la sabbia, sperando che quando l'avessi tirata fuori "quel che mi stava capitando" non ci fosse più.
Oggi... se sono ancora qui molto probabilmente lo devo a mia figlia... se non mi avesse sottoposto ad una terapia d'urto come quella, avrei continuato a... ignorare ciò che istintivamente non avevo sottovalutato. Eppure per quella dannata paura lasciai passare due mesi... eppure fu Lei, mia figlia alla fine a trascinarmi dal medico. Prima di sapere era angosciata ed arrabbiata, poi quando diagnosi fu fatta era diventata tranquilla e rassicurante... al fianco mio per dirmi apertamente o in silenzio... ce la faremo!
Perchè questi ricordi?... a volte sembra che io voglia davvero farmi male da sola, però non è sempre così, stavolta ad esempio è stata una naturale conseguenza.
L'altro giorno in reparto ho incontrato due "giovani mamme" e una mamma, diciamo così "grande", non anziana ma appunto... grande perchè accanto a Lei c'era un "figlio grande". Erano stranieri dell'Est... la mamma in Italia da più di dieci anni, Lui, il figlio qui solo da 28 giorni, venuto per starle vicino.
La "mamma grande" si è ammalata da quattro anni e non riesce ancora a venirne fuori... ha cercato di proteggere la Sua famiglia lontana, ha affrontato tutto da sola senza mai lamentarsi o chiedere aiuto... ora non ce l'ha fatta più e il "figlio grande" l'ha raggiunta e non andrà via fino a quando tutto non sarà finito.
Quello che mi ha colpito nel guardarli è stato l'evidente scambio dei ruoli e nello stesso tempo la volontà di entrambi di proteggersi a vicenda.
Era perciò naturale che mi ricordassi gli inizi della mia "storia", quando mia figlia era diventata la madre di Sua madre, ed Io... pur angosciata, vulnerabile avrei voluto che nulla fosse per non darle dolore... non farla sentire smarrita, costretta a mostrarsi forte per darmi forza.

6 commenti:

  1. Buona giornata cara Mary, oggi bel sole.
    Tomaso

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    1. Sono felice per Te, Amico mio...
      Un abbraccio.
      Mary

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  2. Penso a mio figlio, sorride poco, parla poco.... ma quante volte mi ha visto sorridere? Devo darmi una mossa Mary, qui il tempo passa e sono sempre uguale.... Ti ringrazio per questo post. I nostri figli sono più forti di quello che pensiamo. Un grande abbraccio.

    p.s. Grazie Anto.

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    1. E' vero, Ale... sono più forti e determinati anche di Noi, ma hanno bisogno di motivazioni, di sentirsi approvati ed anche il contrario, e soprattutto importanti per Chi li ha messi al mondo.
      Un sorriso, anche solo una parola può servire a questo... a convincere che può mancare tutto però Loro ci sono e su di Loro si può sempre contare.
      Un abbraccio e... grazie sempre a TE.
      Mary

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  3. Ciao Mary,
    calarsi nello stato d'animo di un figlio che teme per la salute della madre, porta chiunque, a tutte le età, nell'angoscia e nella necessità imcontenibile di sapere nonostante la paura del peggio.E' un modo per proteggere la madre e cercare di fare il possibile. Anche se in famiglia non abbiamo vissuto l'incubo della malattia, ad un certo punto i ruoli si sono invertiti ed io sono diventata madre e la mia cara mamma era figlia, fa parte della vicenda umana e completa l'essere figli e genitori.
    Un abbraccio a te ed a tua figlia con tutto il cuore
    Marilena

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    1. Certo, Marilena cara e forse è per questo che il legame tra madre e figlio non finisce mai, neanche dopo la morte. E' nell' intercambiabilità dei ruoli,in quel cordone ombelicale che pur discreto in realtà mai si spezza, la chiave di lettura della bellezza di un rapporto unico che non ha eguali.
      Grazie per essere qui e... un abbraccio.
      Mary

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