giovedì 10 gennaio 2013

"Il regalo più grande che tu possa fare a qualcuno è il tuo tempo, perchè regali un pezzo della tua vita, che non tornerà indietro..."

E' questo il breve pensiero con cui inizia "Un pezzo di strada insieme", testimonianza di un anno di "percorso" compiuto da un gruppo di auto-mutuo-aiuto.
Per me averlo letto è stata gratificazione e motivazione insieme e i "perchè" sono facilmente intuibili.
E' chiaro che "regalare il proprio tempo" non è cosa che si può programmare come si fa col regalo di compleanno o di Natale... non è imposto dalle circostanze anche se a volte sono le circostanze stesse a favorirlo.
Per me è stato così... Chi mi conosce, anche attraverso queste "emozioni a briglia sciolta"... lo sa bene.
Un momento triste che non avresti mai pensato di dover vivere diventa inaspettatamente un' "occasione", una vera e propria "opportunità"... una chance in più che non va assolutamente sprecata.
Quando al termine della chemio mi fu detto che al momento potevo essere "licenziata" mi sentii felice come non mai e un attimo dopo però avvertii un senso di vuoto, d'abbandono come se da quell'attimo in poi io non interessassi più a nessuno, forse neanche a me stessa. Com'era possibile?! Avevo avuto un tumore... non il raffreddore, mica cosa da niente... un TUMORE! E ora dovevo ritirarmi così... come se niente fosse stato o avessi trascorso sette mesi in una beauty farm?
Furono inutili le felicitazioni e i complimenti che mi venivano da ogni parte...
"Ora dimentica... getta tutto alle spalle. Fai un viaggio... anzi no, una bella crociera!"... quasi fosse stato verosimile buttare a mare tutta quella sofferenza.
"Divertiti... fai quello che Ti piace... Te lo meriti!"... eh già, con la sorte avevo scommesso sulla mia vita e quella prima partita me l'ero aggiudicata, ma poi? Meglio non ritirare tutto e subito il "premio", caso mai fossi stata sfidata una seconda volta.
Tutte quelle parole mi sembravano banali, tediosi convenevoli che mi davano ansia piuttosto che levarla.
Poi... solo da Chi poteva comprendermi totalmente senza considerarmi folle mi fu offerto l'aiuto vero, concreto che mi diede la speranza di poter davvero guarire... se ce la mettevo tutta, se avessi avuto forza e coraggio di scongiurare un ritorno.
"Vieni quando vuoi... questo reparto è la Tua casa"... e in quel "tornare a casa" ogni giorno trovai la mia seconda "famiglia"... il Dottore, le infermiere ma soprattutto i miei Amici tra "quelli che contano" cui volli regalare il mio tempo e da cui ne ricevetti tanto tantissimo, forse moltiplicato... per 100!

4 commenti:

  1. Quello che hai scritto, mi ha fatto ritornare indietro negli anni... Quando la Neuropsichiatria era diventata la mia seconda famiglia... (essendo rimasta sola), andavo in quel reparto e avevo i dottori, le infermiere, che mi regalavano qualche parola di conforto...
    Alla fine proprio lì sono andata a lavorare... e allora è cambiato TUTTO... ma questa è un'altra storia. Buona giornata cara Mary e un abbraccio.

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    1. Cara Ale... i mesi che ho trascorso in quel reparto senza un'effettiva necessità mi hanno fatto crescere come persona in un processo iniziato già con la malattia. La "mia crescita" però è ancora in divenire e pur tra alterne vicende io non mi fermo...
      "Quel terzo piano" ormai non è più e forse non lo è neppure la Mary che andava lì ogni giorno. Tutto cambia...
      Ho letto recentemente che sopravvive (in senso lato) solo Chi sa accettare i cambiamenti... sa adeguarsi. Ora, alla luce di questa affermazione, non conviene con un pizzico di "filosofia" accogliere tutto quel che capita, in tempi più o meno brevi, secondo i casi?
      Un abbraccio... col Cuore... esclusivo, tutto per TE.
      Mary

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  2. Bello sei molto brava con la penna un caro saluto e buona fine settimana

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    1. GRAZIE, Edvige... sei molto cara.
      Un saluto affettuosissimo per Te...
      Mary

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