venerdì 15 aprile 2011

Quella sera al mio diario avevo affidato le paure e la preghiera al Signore perchè mi proteggesse e mantenesse integre la mia coscienza e la mia dignità; lo avevo poi richiuso sostando sulla copertina quasi a voler fissare quegl'intimi pensieri e, riposto nel cassetto del comodino, lì mi avrebbe aspettato con la pazienza di un amico. Nei giorni che seguirono l'intervento non ebbi nè tempo nè forza di riprendere in mano il diario, ma mentalmente prendevo nota di ogni evento ed emozione per poterli riportare su quel quaderno quando ne avessi avuto la possibilità. Al quarto giorno due stati d'animo contrastanti mi spinsero a riprendere la "narrazione" di questa mia storia, ad aggiungere un tassello per ricostruire la mia esistenza e darle un senso in più. Il timore di non riuscire ad escogitare altre strategie, di lasciarmi andare alla stanchezza e nello stesso tempo la certezza che sarei uscita dall'ospedale così come ero entrata con la fierezza di chi è deciso a non arrendersi mai. Come al solito scrivere ciò che provavo mi aiutò moltissimo e ristabilì l'equilibrio necessario tra cuore e ragione donandomi di nuovo la serenità, l'ironia ed anche la voglia di scherzare. La sera toglievo il cappello e rivolgendomi a Luigia dicevo:"Guarda un po', non ti sembro un pulcino spelacchiato?" E lei, "Proprio no, perchè quando uno è bello, è bello sempre!" Così scoppiavamo a ridere, lei con più gusto, io un po' di meno perchè dovevo mantenermi il petto per non sentire il dolore della ferita. Ma come ero tuttavia contenta! Nonostante la testa pelata, qualche doloretto qua e là, la spalla da befana mi sentivo, come dire, protetta, al sicuro perchè in quella condizione dopo tutto "non facevo notizia", ero nella normalità perchè stavo superando qualcosa che per me prima d'allora era assurdo solo pensare. E poi avevo avuto la fortuna di trovare una compagna di stanza così... che fosse anche quello un segno di Dio?

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