domenica 3 aprile 2011

Dovevo assolutamente tenere gli occhi aperti e parlare, sì parlare per tornare alla piena coscienza. Sapevo che se fossi riuscita a non riaddormentarmi nelle prime ore dopo l'intervento, mi sarei ripresa prima e per questo facevo l'appello dei miei familiari chiamandoli uno per uno e non smettevo di far domande; in seguito il mio risveglio sarebbe stato definito perciò "molto collaborativo." Tuttavia ero dolente, il dolore che opprimeva il petto era insopportabile mentre un caldo soffocante soppiantò l'anomalo freddo di poco prima; quasi mi strappai di dosso la pesante coperta e andò un po' meglio anche se continuavo a... respirare con fatica ed avevo le labbra screpolate.  Passerà, pensavo, devo solo stare calma e lasciare che tutto vada come deve. Voglio alzarmi presto però, lasciare questo letto che deve servirmi solo per dormire, riprendermi e soprattutto non devo dimenticare di continuare a...sorridere. E l'ho fatto... con il dolore... la spossatezza... il timore di non riuscire... l'ho fatto ugualmente, e chi venne a farmi visita quel giorno, spontaneamente si ritrovò a dire, "Non sembra affatto che hai subito un intervento." Marcella, mia sorella, volle starmi accanto quella prima notte, anche se io non avrei voluto, capivo che era spinta dall'affetto però detestavo sconvolgere la vita altrui, soprattutto perchè non c'era un effettivo bisogno, distesa nel letto avrei forse un po' riposato, pensato tanto, ringraziato Dio immensamente. Cominciarono ad andare lente le lunghe ore della notte... alla mia sinistra dormiva Luigia, alla mia destra su una sdraio era Marcella. Con gli occhi spalancati nel buio ripercorrevo il recente passato, tanto era stato fatto, chissà quanto era da fare. Supina, non potevo muovermi e i dolori di quel momento a tratti mi toglievano la speranza, ma si sa, le ombre della notte sono sempre più lunghe e scure e solo alla luce dell'alba scompaiono lasciando un labile ricordo.

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