giovedì 21 ottobre 2010

Quella sera ci ritrovammo tutti a festeggiare da mio padre; era la festa del papà, per noi doppia festa perchè aveva superato anche un brutto momento, e poi c'ero io, sempre con il mio problema, ma in una prospettiva diversa e con la speranza della risoluzione. Una bellissima serata di festa di cui la serenità fu incontrastata animatrice; trovammo motivi per ridere di gusto, ricordi da rivivere con un velo di malinconia e tanto appetito per poter apprezzare saporite pizzelle e dolcissime zeppole. Nonostante per me non fosse cambiato granchè ero euforica, mi sentivo ridere dentro e questo si vedeva anche al di fuori. Avevo deciso di vivere quei giorni fino all'esito dell'agobiopsia nella maniera più normale possibile, senza pensarci, godendomi ogni istante, come se nulla fosse mai successo. Tornata a casa a tarda sera, dopo quattro coccole a Beauty, mi preparai a trascorrere quella prima notte fuori dall'ospedale. Ancora un giro per le stanze, pareti amiche che non mi avevano dimenticato, uno sguardo alla mia cucina, a tutte le mie cose:  questa volta avrei spento io la luce.
Indossai il pigiama e m'infilai a letto; un segno di croce per ringraziare il buon Dio e il pensiero indietro a rivivere le emozioni di quel giorno. Avvolta nel tepore che sentivo come calore della mia famiglia, me ne stavo sdraiata sul fianco sinistro a guardare il volto di mio marito, dell'uomo che amavo da tempo immemorabile, che mi era vicino, a suo modo, ma vicino, e che si trovava a dover condividere con me un momento difficile. La sua carezza a luce spenta, il profumo delle mie lenzuola, la gioia che l'indomani sarebbe stato un giorno diverso tutto da costruire mi fecero scivolare piano piano nel sonno.

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