mercoledì 27 ottobre 2010

Ed era quello che io desideravo, una strada da percorrere finalmente senza intoppi che mi portasse verso la guarigione, a vivere di nuovo in serenità con la mia famiglia. Ed intanto era arrivata un'altra domenica; da due giorni ero a casa, ma mentre il giorno prima mi ero mostrata allegra, euforica, presa da una sorta di eccitazione per non so che cosa e comunque contenta per aver fatto qualche passo in avanti, quella mattina non era così. Mi aveva svegliato un respiro profondo, quasi un dolore e una fitta pungente che mi attraversava a sinistra si trasformò in  una fitta di tristezza latente. Mi muovevo per casa e quella sensazione mi accompagnava costantemente, ma io volevo sentirmi meglio perchè avevo bisogno di tanta forza per affrontare tutto. Un po' mi rasserenai all'ascolto della pagina del Vangelo in quella V domenica di Quaresima; si trattava della Resurrezione di Lazzaro e mi diede da pensare. Non ci si può rialzare senza esser caduti prima, non si può tornare a vivere se non si è preso conoscenza della morte. Pensai a quanto facilmente io passassi da uno stato d'animo a un altro completamente contrastante; era quello un momento di transizione e quindi di crescita forte per me. Con la presa di coscienza della malattia ero caduta, arrancavo per rialzarmi, lo volevo tanto e ci sarei riuscita. Consapevole di quanto la mia vita prima avesse avuto poco senso, perchè sempre presa da problematiche assurde ed inutili, morivo a me stessa per risorgere a nuova vita una volta che fossi guarita.
Andammo a pranzo fuori, diciamo così, per festeggiare e mi sentii rituffata nel mondo, quasi frastornata dal brusio della gente "normale" che parlava di cose "normali", quasi stordita per gli svariati profumi non avvertiti per qualche tempo, quasi accecata dalla luce un po' smorzata da un cielo cupo che segnava una pausa in quella primavera appena iniziata.

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