giovedì 14 dicembre 2017

COME STAI?


Dovrei esserci abituata, eppure ogni volta vengo colta di sorpresa, perché non è raro che telefonando a qualcuno che avrebbe il diritto di chiedere per sé, io senta replicare al mio saluto con un... "come stai?". Indugio, allora quasi mi fermo per non riprendere perché la risposta va pensata, pesata e modulata nel modo giusto. Pacata e serena... sto bene, grazie. Ma dimmi Tu piuttosto, come ti senti?
Perché... come stai, non sarebbe mostrare una grande perspicacia o delicatezza. Come vuoi che stia una persona che lotta ogni giorno per vivere, ma che comunque si riprende quando sente una voce amica, in quanto sa che è presente nei pensieri. In quel momento, anche se poco prima era diverso, si sente meglio, e replicherà... non tanto bene.
Da quel punto in poi, la conversazione proseguirà tra alti e bassi, e non mancherà mai il riferimento a Te che hai chiamato, e sia pure con difficoltà e dolore comprenderai che sei utile, indispensabile per un breve momento di sollievo, e rinnoverai la motivazione per continuare.
Per schernirmi e mitigare il disagio causato dalla meraviglia della gente, giustificarmi addirittura, ho sempre sostenuto che restare in campo faceva stare bene me per prima, ora col passare del tempo ne sono pienamente convinta. L'esito del "mutuo aiuto" è continuo e palese. C'è dolore, a volte mancano le parole, vorresti piangere e urlare o chiuderti in una stanza in assoluto silenzio, ma alla fine senti che devi rialzarti ancora, rinascere per dare anelito di vita a Chi dice... faccio fatica a parlare, senti come è roca e flebile la mia voce?
Si, è vero, ti sento a malapena... che senso avrebbe dire il contrario a Chi sa e si rende conto... ma non ti preoccupare parlo io. Sai la tale amica ha chiesto di Te, l'infermiera A. ti saluta, in reparto ieri hanno fatto l'albero di Natale... e così dicendo, a poco a poco, la voce pur flebile è meno roca, si anima Chi parla, ed io prendo calore, perché entrambe uscite fuori dal silenzio.

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