mercoledì 25 agosto 2010

In quel momento tutti i sogni, le speranze, i progetti sparivano all'istante e lasciavano il posto alla strana sensazione di avere una vita "a scadenza"e al timore di non farcela. Lo scorrere della barrella lungo il corridoio mi fece sussultare e mi distolse dai pensieri; mi avvicinai a mio padre e accarezzandogli la guancia lo chiamai, poi mi allontanai perchè non riuscivo a sostenerne lo sguardo ancora non pienamente cosciente. Ora toccava a me! Fra un po' il chirurgo che lo aveva operato mi avrebbe visitato, ci sarebbe stata una diagnosi ufficiale, avrebbe deciso il da farsi. L'ansia mi aveva asciugato la gola, non avevo praticamente piu' saliva, mentre le mani erano madide di sudore gelato; intorno gli altri cercavano di rassicurarmi ma le parole arrivavano alle orecchie come ronzii. L'attesa non fu breve e comunque parve lunga un secolo allorchè il dottor F.C., terminato il giro di visite al reparto, venne ad aprire il suo studio.
"Prego, accomodatevi", e varcai quella soglia come se facessi un salto nel buio. "A vostro padre è andato tutto bene, si riprenderà presto". Lo so, pensavo, ma non posso gioire di questo, ora almeno,e domani, che cosa succederà domani? Fu Maria Cristina, la mia carissima amica medico che mi aveva accompagnato per essermi vicino in quel momento molto particolare, ad esordire rompendo il ghiaccio. "Dopo il padre c'è ora la figlia che ha bisogno di aiuto; ha un problema al seno ed è molto angosciata". Presi coraggio e con un filo di voce dissi: "Dottore, aiutatemi, perchè il pensiero stesso di non aver molto davanti a me ,mi sta logorando: ho tanta paura." Non riuscii ad aggiungere altro, mentre gli occhi mi si riempirono di lacrime.

Nessun commento:

Posta un commento