martedì 3 agosto 2010

I miei familiari attribuivano il cambiamento alla malattia del cane, gli altri, quelli che incontravo quotidianamente avevano forse intuito la verità: un profondo stato di tensione come quello di chi cammina su una fune sospesa nel vuoto. Volutamente evitavo persino di incontrare lo sguardo delle amiche piu' care per non tradirmi e per poter continuare a restare con la sola compagnia dei miei pensieri. Intanto le feste volgevano al termine e alla vigilia dell'Epifania si delineneò un primo epilogo; dopo un insperato miglioramento al mattino, a sera Betty peggiorò. Volle salirmi in grembo dove visse le sue ultime tre ore in agonia; era notte fonda quando spirò. Solo chi ha avuto la fortuna di vivere un rapporto "speciale" con un animale domestico può capire ciò che si prova quando lo si perde: è un filo che si spezza, è come se il cuore battesse a metà. Continuando a tenerla stretta a me per altre due ore mi balenò un pensiero che tante volte aveva velocemente percorso la mia mente. Che cosa mai le sarebbe successo se a me fosse capitato qualcosa; ne sarebbe certamente morta tanto mi era legata, cosi' ora era per me. Cominciai ad individuare uno strano disegno del destino,un parallelismo tra la vicenda del mio cane e quello che mi stava capitando e relizzai con timidezza e timore che forse quel "bozzo" non sarebbe mai passato. Al mattino mentre Betty veniva sepolta al cimitero degli animali, nel mio animo si riesumava prepotentemente il motivo della mia angoscia. Ormai non avevo piu' alibi.

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