mercoledì 15 maggio 2019

ABBI CURA DI PRENDERTI CURA




Potrebbe essere il "primo comandamento" del volontario che non legato da alcun contratto se non da un dovere di coscienza per l'impegno preso, dovrà averlo sempre ben presente come traguardo ma pure come mezzo.
Essere uno per l'altro, solidale nel dare risposte concrete, cercare di capire pur "in punta di piedi" dove è la sofferenza, quale è la sua natura, portare "solatio", ovvero conforto giacché se c'è dolore per il corpo soffre anche la psiche, ed è di più semplice risoluzione il male fisico che quello provato dall'animo.
Chi soffre, spesso, si chiude in se stesso, isolandosi in un profondo silenzio, in una solitudine dal risvolto non solo psicologico, ma anche relazionale. Egli ha bisogno di sentirsi accompagnato da persone che si prendono cura delle sue emozioni, del suo spirito e al tempo stesso del suo corpo, affinché possa affrontare serenamente, secondo i suoi modi e desideri, l'esperienza della malattia. Nel suo pathos ha bisogno di essere ascoltato, ha bisogno di atteggiamenti di valorizzazione e di accoglienza. Ed è importante che sia un’accettazione incondizionata. 
Tutto questo ho imparato a percepirlo e coltivarlo. 
Perché si crei armonia e quindi sia la "relazione d'aiuto" efficace, credo sia opportuno prendersi cura del singolo... in quel singolo momento. Come accogliere nel "nido", stringere in un abbraccio, proteggere in famiglia.
E spiegherò meglio il riferimento al concetto di "famiglia".
Capita che un componente, soprattutto uno dei figli attraversi un periodo poco felice. Come ci si comporta in questo caso? L'attenzione, le cure, ogni energia saranno concentrate, focalizzate su di Lui, perché passi il momento e intanto non si senta solo e in un certo senso, abbandonato. 
In un gruppo di mutuo-aiuto dovrebbe essere altrettanto. Stare accanto alla "creatura", soccorrerla nel bisogno... camminare insieme "sotto la pioggia" perché il conforto sia proprio nel toccare la mano dell'altro e sentirla fradicia della stessa acqua.

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