martedì 30 aprile 2019

DONARE COMPASSIONE

Non è solo mostrare visibilmente pietà, che potrebbe essere sentimento sincero o meno, è capacità di porgersi all'Altro nei momenti difficili, condividendone il peso. Non sguardi pietosi o parole di circostanza, ma farsi carico di una "porzione" di vita. E due esistenze si fondono e confondono, affatto confuse, anzi resistono ben distinte e rassicurate dall'aiuto reciproco.
Tutto estremamente semplice, eppure non sempre compreso se non dopo lungo periodo di inquietudine alla ricerca di ciò che conta davvero.
Sarà questo l' "essenziale"? Di questo termine a volte si fa abuso, si fa persino sfoggio scomodando il Piccolo Principe, con la citazione ormai alla pari di un intercalare... l'essenziale è invisibile agli occhi... e poi non si sa neppure che cosa significa o dove si voglia andare a parare.
Ed è naturale tornare al punto di partenza, al dono della compassione, all'Altro che è la "metà" all'oscuro, ci appartiene ed è invisibile solo perché troppo spesso siamo distratti dall'inutile e superfluo, però accattivante. Prevale la "materia" che è in Noi, ma non siamo solo questo perché c'è l'altra "metà complementare" che è l'anima, fatta di spiritualità, amore incondizionato e tanto "oltre".
L'Essenziale, questo sconosciuto la cui presenza è pregnante in ogni agire sia pure inconsapevole. Siamo vita e assenza di questa, andiamo incontro alla gioia e affrontiamo il dolore, l'essenziale è tutto ciò che l'esistenza offre e ci pone sotto gli occhi ogni giorno. E' cogliere senso e scopo anche nelle banalità, senza fermarsi in superficie. Siamo alla fine per il Bene, Nostro e altrui, solo che lo perdiamo di vista, non considerandone il "simbolo" principale, ciò che ci lega l'uno all'Altro, l'"abbraccio nella Luce" che diventa serenità di coscienza e pensiero. Pace interiore.

lunedì 29 aprile 2019

LA NUOVA VITA


Solo una settimana dalla Pasqua e c'è voglia di vedere realizzata la rinascita promessa dall'evento. Fiducia ed impegno... grande speranza. E' come aver fatto "tabula rasa" di tutto il precedente e voler ricominciare col piede giusto, finalmente. Sensazione di tranquilla leggerezza, visione distaccata da tutto ciò che succede, come indossare senza disagio un impermeabile "4 stagioni" che faccia scivolare ogni cosa.
Un giorno segue ad un altro, ed è una vita nuova, si ricomincia senza dimenticare, si rinasce senza morire. Con il "fardello" leggero della consapevolezza.
Oggi domenica della "divina misericordia", indulgenza plenaria per Chi crede, momento di riflessione pure per Chi vive solo di fede in se stesso, perché la rinascita è cosa che tocca a chiunque prima o poi. Già, perché l'uomo nasce non solo nel giorno in cui è partorito ma tutte le volte che fatto o evento gli capita nella vita, per cui in seguito guarderà il mondo con occhi diversi. Spalancati per trauma o stupore, e poi...
Dopo il timore o la paura, la forza e il coraggio, a volte persino l'entusiasmo.
Stamattina in chiesa si celebrava il battesimo di Mattia, creatura inconsapevole che di lì a poco sarebbe nato a vita cristiana. I genitori hanno scelto per lui in tutto, anche il battesimo per immersione totale. Per tre volte con le manine aperte e gli occhi sbarrati, ma non ha pianto e poi si è addormentato tranquillo tra le braccia della mamma. E' rinato per la seconda di tante altre volte che saranno.
Mi sono commossa e ho fatto tesoro di quest'altra esperienza solo in apparenza casuale.
Quanto sia proficuo abbandonarsi con fiducia, assecondare il tempo e l'occasione, con la consapevolezza che in una rinascita sia sempre riservato un "nuovo progetto".

domenica 28 aprile 2019

SEMPLICE E SERENO




Solo questo desidera Chi teme e non sa che cosa sarà domani. Un rapporto semplice e sereno, fatto di disponibilità umana, perché di esseri umani parliamo, posti uno di fronte all'altro, le cui posizioni potrebbero scambiarsi o probabilmente cambiare.
Quanti equivoci e altrettanto dolore evitati se tutto questo fosse ricordato.
Ogni tanto tiro fuori quel foglio che mi fu regalato in segno di stima, perché esprimessi la mia opinione. Quelle parole scritte mi restarono impresse, ma all'occasione ho bisogno di rileggerle per sentirne l'efficace conferma...
" ...vi sono qualità al di là della pura competenza medica, delle quali questi pazienti hanno bisogno e che cercano nei loro medici. Dal medico essi vogliono essere rassicurati, considerati e non solo esaminati. Vogliono essere ascoltati. Vogliono percepire che vi è una grande differenza, invero, per il medico, se essi vivono o muoiono. Vogliono sentire di essere nei pensieri del loro medico" ( Cusin 1982 )
Il tumore non è una malattia come le altre, e coloro che ne vengono colpiti sono di conseguenza malati diversi. Lo sconcerto che prende all'inizio, quando se ne viene a conoscenza, l'evoluzione diversa per ogni caso, la durezza delle terapie, il forte senso di precarietà che accompagna per il resto della vita, fanno sì che si stabilisca con il proprio medico un rapporto che è più di fiducia, è una sorta di condivisione di ogni pensiero, timore, e quando c'è anche di gioia. Non si vuole essere dimenticati, comunque vada a finire la cosa, e d'altra parte anche il medico stesso resta nei loro pensieri come un amico, una spalla su cui piangere, una mano da stringere per prendere forza e dimostrare gratitudine.
Un "punto di riferimento", un faro, un'ancora di salvezza sin dall'inizio e durante le maree.
Un medico, nello specifico un "medico oncologo" rappresenta tutto questo, ed è una grande responsabilità per cui deve essere sempre all'altezza, non può permettersi alcuna "flessione". È cosa ovviamente non semplice, nessuno lo pretende in modo assoluto, però perché non provare qualche volta a mettersi nei panni dell'Altro?
Sono emozioni molto forti, difficili da spiegare.
Immaginiamo solo un senso di smarrimento e disorientamento simile a quello che prende un bambino che muove i primi passi sorretto, e all'improvviso si vede costretto a camminare da solo. Non aggiungo altro.

FAVOLA... ILLUSIONE... SPERANZA




Chi può dire con assoluta certezza che non sarà così? Nel bene come nel male, è ovvio. Allora crederò ciò che a me conviene, per il mio bene.
Fu questo il pensiero costante durante la malattia, lo è ancora quando penso ad un eventuale ritorno, perché scacciarne l'idea sarebbe illusorio, e non conviene, guardarlo invece come cosa lontana ma possibile fa da "vaccino" e rinforza le "difese" mentali ed emotive. E col passare del tempo diventa "speranza viva".
Dopo una settimana sono tornata in ospedale, e inutile dirlo, è stato come tornare a casa, con la voglia di riprendere il sorriso di sempre, il desiderio di accoglienza, e l'ansia di fare. Fare qualcosa per l'Altro, ché possa sentirsi accolto con il sorriso che rassicuri e gli infonda speranza. Non è sempre facile, specie in certi momenti ed alcune situazioni, ma l'esperienza degli anni, gli errori corretti, e l'umiltà del servizio aiutano molto, e poi c'è il coraggio e ancor prima l'ascolto di sé, di ciò che avresti voluto a suo tempo e di quello che invece ti fu dato gratuito e sconsiderato, e allora di certo non puoi sbagliare e puoi osare, oppure nell'incertezza, essere accanto col "silenzio pieno" che non ha bisogno di parole.
Nell'affrontare la malattia ci potrà essere la "forza dell'abbandono" che non è rassegnazione, bensì assecondare l'evento per non sprecare energia vitale. Qualcuno poi sceglierà la via della "determinazione ad oltranza", ovvero crederci sempre e convincersi che è così e non potrà essere diversamente, solo perché lo si pensa e si desidera con tutto il Cuore.
Ognuno comunque si creerà una storia su misura, da vivere come protagonista e a lieto fine, una sorta di favola, che a tratti sembrerà un castello di carte da gioco, pronto a crollare con un soffio, ma immediatamente rimesso su dalla forza della Speranza che vede solo il bello e il buono, perché alimentata dalla serenità di pensiero.

sabato 27 aprile 2019

UN "DIARIO" PER APPREZZARE LA VITA




"Ora che ho imparato ad apprezzare la Vita e a comprenderne in pieno il valore... ora più che mai non posso passare oltre..."
Perché la "Speranza" è unica e sola, e se è vero che bisogna guardare avanti, lo è altrettanto procedere con un occhio al passato, soltanto una rapida e fugace occhiata per carpirne gli errori e trasformarli in "bontà", unica e sola.
Mi piace concludere questa giornata senza inutili e banali frasi, ripetute tante volte da non suonar più autentiche per natura, ho pensato invece di riportare "stralci" di un diario... "Il diario di Anna Frank", divenuto in seguito non solo famoso "memoriale" di una ragazzina ebrea bensì "simbolo" di un intero, triste periodo.
Fin dall'inizio spiega il motivo per cui decide di dare un nome a quelle "pagine di carta"... perché "la carta è paziente"... come "amica" discreta ascolta, non replica... soprattutto non giudica.
Termina proclamando il Suo confidare ancora nella speranza... perché in fondo l'Uomo non può essere così cattivo... ha solo dimenticato la Sua capacità di essere buono.
"... a me piace scrivere e soprattutto aprire il mio cuore su ogni sorta di cose, a fondo e completamente.
- La carta è paziente -; rimuginavo entro di me... e siccome non ho affatto intenzione di far poi leggere ad altri questo quaderno rilegato di cartone che porta il pomposo nome di diario, così la faccenda non riguarda che me. Eccomi al punto da cui ha preso origine quest'idea del diario: io non ho un'amica.
...
Perciò questo diario. Allo scopo di dar maggior rilievo nella mia fantasia all'idea di un'amica lungamente attesa, non mi limiterò a scrivere i fatti nel diario, come farebbe qualunque altro, ma farò del diario l'amica, e l'amica si chiamerà Kitty."
"E' un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità."
E Anna, ragazzina maturata troppo in fretta, figlia del tempo che la volle segregata in quell'età in cui la vita esplode, non fu mai chiusa in se stessa, e cercò compagnia e strinse legami per continuare a vivere nella speranza. Perché come Lei stessa afferma...
"Non c'importa tanto di non arrivare da nessuna parte quanto di non avere compagnia durante il tragitto".
Ogni percorso duro e pieno di incognite è meno doloroso se non è vissuto in solitudine. Ovunque porti, comunque vada.

venerdì 26 aprile 2019

A CASA...


Quattro giorni trascorsi fuori città non sono tanti ma abbastanza perché al ritorno tutto possa sembrare come nuovo. La luce del mattino al risveglio, il solito lavoro da sempre noioso, persino il materasso. Si apprezza ciò che si possiede quando manca, e si considera come una vera fortuna poter riaverlo.
Questa la mia riflessione quando appena sveglia ho pensato a tutte le cose da fare, con la schiena a pezzi e le ginocchia doloranti... al pranzo da preparare, alla spesa per il giorno dopo che è pure e di nuovo festa, e tanto altro ancora. Eppure all'improvviso tutto è sembrato semplice, sarà perché stendendo il bucato ho respirato profondo e il tepore della primavera è stato carezza sul volto e per l'anima, e poi riordinare la casa come ritorno ad antiche certezze, che pur mutevoli nel tempo restano comunque valide nel presente, che è ciò che davvero vale.
Trascorsa la metà del giorno, il resto è passato fluido e i ricordi recenti all' "archivio" dolce, simile ad un album di foto che si sfoglia quando prende la malinconia di un momento e c'è bisogno di sentirsi accarezzati ancora, ancora, ancora...
Così realizzo che la vita fatta di cose grandi ma soprattutto di quotidianità, è sempre importante e può essere addirittura attraente ed emozionante solo che lo si desideri. L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso sempre. E' giusto e doveroso, oltre che grato.

mercoledì 24 aprile 2019

IL SOLE E LA PASQUA



(Venerdì)

Che cosa non si farebbe pur di veder contento un figlio, ogni genitore lo sa, e Noi anche se reduci da giornate di intensa attività, ci siamo decisi e... due biglietti per andare, e via... cara, dotta Bologna aspettaci!
Mezz'ora di ritardo, sali e scendi da un taxi perché l'autista non "caricava" a bordo cani, nel caso specifico una pulce sotto le spoglie di un cane, sali su un altro taxi e finalmente scendi sotto casa... e il più è fatto. Manco fosse una fatica! È che in fondo lo diventa fatica, perché ogni minimo cambiamento, diciamolo pure, proprio destabilizza.
Un breve lunch e poi di nuovo in giro, qualche acquisto per la sopravvivenza, una sosta alla Chiesa di San Paolo. È pur sempre Venerdì Santo, tempo di Croce e di Passione, e non solo da vivere come una croce per futili motivi e per giunta nel tempo sbagliato.
Dolce è l'imbrunire nella bella Bologna, dai colori della terra e dai riflessi ambrati, poi lentamente la notte scende, mentre si animano alcune strette strade cittadine dall'aspetto antico.
Questa prima giornata s'avvia alla fine dopo una gustosa e "carissima" pizza d'asporto, una passeggiata per tornare a casa, anche qui col "navigatore" che pare contare i passi e intanto si distrae.
Ma per andare dove dobbiamo andare... dimmi tu... per quale strada dovremo passare?


(Sabato)

Giornata inizialmente movimentata, con un po' di tensione che si è dissolta però con la visita a Rocchetta Mattei, un luogo a dir poco fiabesco, coinvolgente per un alone di magico magnetismo.
Un'ora di treno, una discreta salita, ma già levando gli occhi in alto appare, come la bella addormentata sul colle.
Il castello comunemente definito “Rocchetta Mattei” deve il suo nome al Conte Cesare Mattei (1809-1886) che lo fece edificare sulle rovine di una antica costruzione risalente all’XIII secolo, la Rocca di Savignano, appartenuta probabilmente a Matilde di Canossa.
La struttura del castello fu modificata più volte dal conte durante la sua vita, rendendola un labirinto di torri, scalinate monumentali, sale di ricevimento, camere private che richiamano stili diversi, dal medievale al moresco, dal liberty al gotico.
Grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, la Rocchetta Mattei ha riaperto al pubblico il 9 agosto 2015.
Cesare Mattei nacque a Bologna nel 1809, fu ricco e molto acculturato.
Nel 1847 insieme al fratello Giuseppe fece dono a Pio IX di tutti i possedimenti situati sul canale della Magnavacca, via di comunicazione di Comacchio con il mare e naturale separazione dagli insediamenti militari austriaci di Comacchio e Ferrara, offrendo così la possibilità alle truppe pontificie di attestarsi in una favorevole posizione strategica. Il papa ricompensò i due fratelli conferendo loro il titolo ereditario di conte.
La morte della madre per un tumore al seno che le procurò grande sofferenza, lo provò duramente e lo allontanò dalla medicina classica dell’epoca. Per questo, lasciati i rapporti sociali e la politica, si ritirò nella tenuta di Vigorso ed iniziò a studiare una “nuova medicina” più efficace, l'"elettromeopatia", un misto di fisica ed omeopatia, che usava la capacità dell'acqua di condurre le cariche elettriche e alcuni granuli omeopatici, tra cui lo zucchero. La Rocchetta divenne un luogo di cura che accoglieva persone ammalate di ogni estrazione sociale, beneficiando i poveri e ricavando dai più ricchi il guadagno perso.
Il castello, costruito in apparenza con materiali costosi, illudeva con il fasto e dava speranza trasportando in un altro mondo, dove assumendo il nuovo farmaco, si credeva avvenisse il "miracolo".
Una storia affascinante e coinvolgente raccontata, quasi "recitata" da Margot, la guida che magistralmente ci ha condotto attraverso stanze, sale e cappella fino al sarcofago dove riposano le ossa di Mattei.
In un luogo dove di continuo si rappresenta l'eterno conflitto tra il Bene e il Male e si respira forte spiritualità, si conferma il potere della Mente che può far ammalare come guarire, che porta comunque al benessere, se convinti davvero.


(Domenica)

Una bella "galleria" di emozioni per questa santa giornata che sta per concludersi, a partire dalle parole pronunciate dal celebrante stamattina al momento del congedo.
Pregate e pregate tanto per Chi avrebbe voluto ma non ha potuto essere qui oggi per motivi di salute. Ma pregate pure per Chi non ha voluto, perché possa aprirsi nel Cuore una breccia per lo Spirito Santo. Pensate, se Dio ha potuto ribaltare la pietra da un sepolcro, che cosa volete sia per Lui ribaltare un Cuore che non crede.
Così sono venuta via con ulteriore fede e altra motivazione, perché ognuno conosce il suo e magari lo tiene nel segreto del proprio animo, poi è sufficiente un cenno e tutto torna e non pare più inutile.
Potrai andare tante volte a Bologna, e sempre ti sentirai incuriosito a tal punto da voler rivedere ciò che hai già visto e alla fine scoprire qualcosa di nuovo. Le due torri, la statua del Nettuno finalmente libera da impalcature, San Petronio e piazza Maggiore, lateralmente illuminata dai versi de "L'anno che verrà", sistemati a Natale e lasciati lì a "memoria" di Chi li compose e forse pure come "promemoria" per Chi legge, ché sia fiducia nel futuro, apprezzando le conquiste di ogni giorno. Cosa che sanno bene gli artisti di strada, cantanti e giocolieri, e persino Chi con paziente maestria fa statue di sabbia per qualche soldo e poter sbarcare il lunario pure il giorno di Pasqua, soprattutto quel giorno.



(Lunedì)

Perfetto, quattro giorni sono trascorsi in fretta ed è arrivato il momento del rientro.
Bene, lo ripeto nel caso non si sia capito, domani si torna a casa.
Ultimo giorno qui a Bologna, tempo non al top fin dal primo mattino e pure in questo momento che è quasi notte fonda, sento la pioggia battente contro la tapparella.
Stamane abbiamo fatto un giro per la zona universitaria, la passeggiata sotto i portici più antichi, e poi al santuario di San Giacomo, mentre era in programma andare a Ravenna.
A parte la piccola delusione è stato bello uguale, adeguarsi ai cambiamenti soprattutto repentini aiuta, e nello specifico migliora anche i rapporti perché tutto si rimette in gioco.
A proposito, stasera abbiamo concluso con una gustosa cenetta in casa, e forse è stata la giornata più bella. È sempre così, quando cominci a stare bene, è già tempo di andare.
E allora...? Allora domani torno ad essere solo per Voi, pure se in realtà... lo avete visto, non vi ho mai lasciato.
Buonanotte... 


(Martedì)

Il martedì dopo Pasqua è il giorno dei rientri, il ritorno alla normalità. E stamattina mentre rincorrevo certi ricordi che con la normalità post festiva avevano poco a che fare, cercavo pure di non scordare niente prima di partire. Tentativo vano, perché una mia maglia è rimasta in un cassetto, e... va be', i guai sono altri, però sono rimasta contrariata lo stesso per quel quarto d'ora che ha imposto concentrazione prima e distrazione dopo, contando biciclette messe in ordine, comperando delle riviste per il viaggio, e bevendo l'ennesimo cappuccino.
Così il pensiero alla "dimenticanza" va scemando, e realizzo che qualsiasi cosa ha ben poco valore, quando porti dietro tutto l'essenziale, l'affetto che doni ad esempio, e l'amore che ricevi.
Partenza con la pioggia, stracarichi di bagagli. Ma com'è che siamo partiti con niente per quattro giorni, e torniamo come se ne avessimo trascorsi il doppio? Ci perseguita la "sindrome" del tutto può servire, forse a casa manca il latte e potrebbe seccarci andare al super... insomma è la solita storia di sempre.
Le ore trascorrono con accumulo di minuti di ritardo, oltre il finestrino corre il mare, all'inizio agitatissimo e poi sempre meno, come il cielo che diventa sempre più azzurro. Finalmente arriviamo a destinazione "casa" con cinquanta minuti di ritardo e il sole. E non basta, troviamo pure una sorpresa. Può capitare infatti anche a Chi non vince mai, neppure a tombola o sette e mezzo, di "meritare" un uovo di cioccolata per la lotteria di un mini-market. Pensare che avevo scordato di aver puntato 2 euro sul 53, l'anno della mia nascita. Scordi qualcosa, anche più di una, ma altro ti ritorna sotto forma diversa, magari con "sorpresa".

IL CALENDARIO DELLA SETTIMANA SANTA


Fino ad oggi giovedì di quella Santa Settimana, è stato un "crescendo" di note alte e basse cui sono abituata e che pure mi stupiscono. Dalla foto di "gruppo" al precetto in "gruppo", dal ricordo alla realtà che accomuna.
Al Day Hospital mattinata tranquilla, volti noti, alcuni sorridenti ed altri spaventati forse rassegnati. Tutto come sempre. Così ci siamo dedicati alla sala d'attesa, qualche battuta ironica e molte confidenze, ed è ogni volta una sorpresa perché non diresti mai che una persona conosciuta solo qualche minuto prima, possa raccontarti la Sua vita intera, malanni e accidenti vari, sogni premonitori compresi. In questo modo come non autorizzare Te stesso, pur senza permesso ad invitare perché sia sempre più ricco l'albero della Vita affisso alla parete? E il bello è che l'invito viene accolto, segno che la sintonia è completa. E per ogni foglia colorata all'albero, una colorata tenerezza dal mio cestino, in un mutuo scambio che pare quasi divino. Eppure è solo un "sano contagio", contagio positivo.
L'altro giorno, era martedì sempre di quella Santa Settimana, stavo per andare via e qualcuno mi ha fermato in corridoio...
Vieni, Dino deve darti una cosa.
Era tardi ma non ho detto di no, e da Lui sono andata...
Ieri sera ero da solo, un po' sconfortato, poi... all'improvviso mi è venuto l'"impeto" e ho seguito il tuo consiglio, ho scritto questo e mi sono sentito meglio.
Visto che funziona...?... mi sono detta, poi ho preso quel ritaglio di fotocopia di un prestampato per chissà quale servizio, e ho letto ciò che era scritto... la data e poi un atto di sfida...
IL CANCRO
Un giorno si presenta un "lui" senza averlo invitato. Gli dico... chi sei? Lui dice... io. Non ti conosco, io già ce l'ho il "mio io", tu non mi servi. Ma lui dice... io, adesso sono il "tuo io" e dipendi da me. E da quel momento fu di me ciò che lui vuole. Ma se io credo nel mio io, forse riuscirò a mandarlo via.
Leonardo (alias DINO)
Da una sfida la voglia di rivincita e il desiderio di rinascita del proprio "io". La forza interiore che punta il dito e non consente che sia la fine.

venerdì 19 aprile 2019

L'ARABA FENICE




Un simbolo della cristianità va a fuoco, prende lo sgomento, ma non viene persa la speranza. Passerà del tempo, Notre Dame risorgerà più bella di prima, e dalle ceneri davvero come l'Araba Fenice.
E' strano ma proprio nelle situazioni estreme, con le esperienze più devastanti si sente il bisogno di non disperarsi, ci si aggrappa a qualcosa e alla fine ci sarà la convinzione che qualcosa può cambiare.
Riflessione lucida ma non rassegnata, perché comunque c'è un lungo lavoro da fare su se stessi, nulla giunge da sé e tutto è una conquista.
Ieri al convegno di estetica oncologica ho ascoltato attentamente la relazione del chirurgo plastico, sarà perché il "tema" mi interessa da vicino, non saprei... anzi lo so, io cerco ancora di capire e darmi una risposta. Ma quando si parla di ricostruzione, si intende il ripristino di un organo, un facsimile o cosa...?
Mi torna in mente quella volta che chiesi al chirurgo che mi aveva "ricostruito"... ma resta così questa specie di scalino?... in riferimento ad un rialzo sopra la cicatrice. La risposta fu... Scalino? Quale scalino, è un tuo pensiero, lo credi tu. Non c'è alcun scalino.
Da quel momento compresi che dovevo "ricostruirmi" da sola. Il pensiero, la credenza, la convinzione. Perché bene o male avevo superato la malattia ma per raggiungere il benessere fisico e mentale non ci dovevo pensare più a come ero stata ma impegnarmi piuttosto a "ricostruire" un'appagante percezione fisica di me stessa, cosa non facile per la presenza di un corpo estraneo, ma possibile se l'avessi considerato come punto di partenza per altro. Fortuna che non ho mai puntato sulla bellezza, forse perché solo "carina, graziosa, garbata", e invece coltivai da sempre ogni aspetto dell'intelligenza, unica vera dote per ambo i sessi e soprattutto per la donna, di cui si dice non a caso ne sappia una più del diavolo.
Così ho continuato ad allenare le mie "risorse", la memoria, l'intuito, la perspicacia, e a scoprirne una nuova che non pensavo di possedere, l'empatia. Grazie a tutto ciò, e a questo solo, riesco a sorvolare su un certo dislivello, qualche disagio e persino a "raccontarmi" che non è cambiato niente, è tutto come prima, anzi meglio. Ricostruzione perfetta.

giovedì 18 aprile 2019

ERO MALATO... (dall'illustrazione al titolo)


Ho desiderato che fosse benedetto il mio "talloncino" con gli altri nuovi, sempre lo stesso però, scritto a mano come i fiocchi di tenerezza, semplice perché ci sono affezionata come al "primo amore".
Ero malato e mi avete visitato...
Un bel titolo per una giornata che ha fatto da ricarica di forza, consapevolezza ed amore.
Avrebbe dovuto essere intensa da vivere, lo è stata ancora di più.
La Santa Messa celebrata dal Vescovo a cui partecipare, subito dopo un "angolino" da dedicare ad un convegno sull'estetica oncologica, nel pomeriggio poi il precetto pasquale con la consegna dei pass ai nuovi volontari.
Prima di recarmi in chiesa sono salita su in reparto...
Maria, il marcatore è più alto...
Non potevo far finta di niente, non si può restare sordi ad un richiamo del genere...
Non preoccuparti, succede...
E il Vescovo all'improvviso nella stanza, in quella stanza. Il Suo umile abbraccio all'Amica di Tutti, l'invito a me di rimanere lì dove c'era il "bisogno"...
Resta qui, è questa la vera messa. Pregherò io per te.
Ed è stato come avesse abbracciato anche me.
Poi sono scesa per il convegno, l'Amica che ha fatto da moderatrice fa il mio nome per una testimonianza.
Coordino il gruppo del Make Up in Oncologia, mi trucco poco o niente, ma credo nel recupero della corporeità, far pace col proprio corpo che ha tradito. Sono però ancor più convinta che la vera ricostruzione, unica e completa è nell'accettare il cambiamento.
Pausa pranzo, gran da fare, e ancora molto da imparare.
La Santa Messa di precetto viene celebrata da un giovane sacerdote dal tono di voce chiaro quanto il Suo pensiero.
La presenza di un gruppo di auto mutuo aiuto oncologico appare provvidenziale e nella giusta locazione temporale. E' la settimana santa, il testo del Vangelo è del Giovedì Santo, l'Ultima Cena, quando l'empatia degli Apostoli è evidente, sia pure diversa in ognuno. Pietro crede in ciò che sente e quando si vede smentito, piange contrito nella consapevolezza della propria fragilità. Succede a tutti gli esseri umani, succede a volte anche a Noi volontari in certi momenti e soprattutto di fronte all'"evento finale", quando dimentichiamo che per sorgere di nuovo bisogna passare per il buio della notte.
Si conclude così questa giornata significativa e con tante motivazioni, con le persone giuste al momento giusto, con un'infinità di messaggi tra le righe.

mercoledì 17 aprile 2019

PER MIGLIORARE


Prima delle festività pasquali ultimo incontro del GAMA, che chiude un periodo di intensa attività ed apre anche una parentesi di rielaborazione prima di ricominciare più formati ed informati, e con un cospicuo numero di volontari.
Ormai l'associazione si è fatta conoscere nei vari ambienti ospedalieri, meritandosi la stima generale, e di rimando l'impegno diventa sempre più serio e continuativo.
Si è concluso pure il Terzo Corso di Formazione per Volontari Oncologici curato dal GAMA, e stasera alcuni tra gli aspiranti hanno espresso opinioni a riguardo e suggerimenti perché ogni attività sia palesemente riconosciuta come mezzo per il raggiungimento di traguardi concreti.
"Annotare" ogni successo per dare rilievo alla bontà dell'opera.
La serata si è svolta nella maniera più positiva e gaia possibile, per la data odierna era stata fissata l'estrazione dei biglietti della "Prima Lotteria di Pasqua" che si è conclusa con una grande soddisfazione, i premi più importanti sono rimasti a casa. Naturalmente, contenti Tutti Noi per Chi ha vinto, perché anche in questo caso, il successo di uno solo diventa il successo di Tutti.
E il Nostro pensiero a conclusione dell'incontro, tra un fiocco di tenerezza ed una fetta di colomba, va già a domani, giornata piuttosto impegnativa con più eventi in programma, che ci vedrà al solito partecipi ed attivi come un gruppo solidale impone, per aiutare ed aiutarsi.

martedì 16 aprile 2019

LA FERITA RISANATA (non c'è Pasqua senza un Venerdì)


Son trascorsi ormai i "quaranta giorni", domani comincia la Settimana Santa.
Dell'omelia di quest'oggi, domenica delle Palme, trattengo due espressioni che sento appartenermi con forza. "Ferita risanata" e "Non c'è Pasqua senza un Venerdì". Il celebrante ha raccontato un ricordo personale della propria infanzia, di giochi di bambini, incoscienza e cicatrici, segni indelebili che cancellano definitivamente quel che fu e che pur superficiali restano incisi nel profondo.
Come per Te, hai sentito... come la "tua ferita".
Devo riconoscere che da mio marito un'affermazione tale non me l'aspettavo, ma Lui è così, è fatto per sorprendermi, e forse mi ha conquistato per questo. Va be', dicevamo... si, della mia ferita risanata che porta una cicatrice ampia come il più bello dei sorrisi, e che mi "guarisce" ogni giorno.
Già... una verità inconfutabile.
Non esiste resurrezione o rinascita se non si passa per la "morte", magari non sarà fisica, magari sarà solo il buio di un momento o morire a se stessi per rimettersi in piedi e far frutto di un'opportunità per caso, ma di certo forti in autostima e in perfetto equilibrio con se stessi e gli Altri.
Spesso quel che è rotto lo buttiamo, quel che non è perfetto viene nascosto. Una ferita dell’anima fa paura a chi la vive e a chi da fuori la osserva. E invece le cicatrici fanno parte della Nostra vita e possono renderla più preziosa, qualcosa di nuovo.
Da una ferita risanata può rinascere una forma di bellezza e di perfezione superiore, i segni impressi dalla vita sulla nostra pelle e nella nostra mente hanno un valore e un significato, e dalla loro accettazione, dalla loro rimarginazione prendono il via i processi di rigenerazione e di rinascita interiore che ci rendono delle persone nuove e risolte.

lunedì 15 aprile 2019

13 APRILE 2012 - 13 APRILE 2019




Due date, due "ricostruzioni" diverse. Persi qualcosa, cercai di adattarmi a quel che giunse dopo, oggi mi rendo conto che mi è stato donato molto di più. Un "potenziale" che viene fuori, si mette in atto per diventare risorsa e non solo per me.
Sono stata invitata a partecipare... guarda caso... ad un convegno sul "valore della narrazione", ed ho "narrato" di me, del "prima", e del "dopo" in un'enfasi emotiva contenuta da una serena consapevolezza.
Raccontare a voce, raccontarsi con semplici parole, condividere anche con la scrittura che diventa nel momento stesso in cui si mette nero su bianco, una forma di psicoterapia fai da te.
Io cominciai così, per non affogare nell'isolamento che porta al senso di solitudine con la malattia.
All'inizio poche righe che pensavo nessuno mai avrebbe letto, ma che servivano a me per sentirmi viva. Una strategia come un'altra per adattarsi ai vari cambiamenti che comporta un evento come quello. Infatti la prima pagina del mio blog comincia proprio così...
Sto per scrivere di qualcosa che all'improvviso ha cambiato il corso dei giorni e il significato della mia vita vissuta finora...
... e da quel momento non ho mai smesso. Nove anni di pagine scritte, una al giorno, a tarda sera, anzi di notte, raccogliendo le idee, formulandole in pensieri, espressione di emozioni. Le mie e le altrui, perché se cominciai con la personale storia di malattia, oggi continuo da volontaria, raccogliendo parole spesso dette a metà, cogliendo pensieri dagli sguardi, ascoltando il dolore in ogni forma. E poi racconto, e i pensieri inespressi diventano fiumi di parole, espressione di varia umanità.
E' così, la "scrittura" è stata ed è la mia risorsa più grande. E' il mezzo con cui elaboro e metabolizzo... è il modo con cui esorcizzo ancora la malattia, perché scrivendone è come se prendessi da essa le distanze.
Lo decisi un giorno per continuare a sentire quella vita che temevo di perdere. Doveva vibrarmi nella mente quando pensavo, scorrere nelle vene mentre con gioia realizzavo i concetti e raccontavo le esperienze.
E fu così davvero, poi prendevo a leggere ciò che avevo scritto, e a stento mi riconoscevo, però quella "storia" mi piaceva tanto e avrei voluto sapere subito come sarebbe andata a finire.
A finire?... mi chiedevo... e come è possibile se la "protagonista" sono IO, viva e vegeta, perfettamente lucida e con una gran voglia di andare avanti.
Solo di recente poi, ho saputo che in psicoterapia la scrittura, autobiografica ma anche poetica o narrativa, viene adottata come terapia supporto per elaborare traumi, lutti e malattie... IO, ci ero arrivata da sola in un momento di disperazione, aggrappandomi a ciò che pensavo saper fare meglio. Come un naufrago ad un tronco per non affogare.
E infatti a galla sono rimasta, le mie difese immunitarie sono più forti, così pure il coraggio e la voglia di andare.
Con me ha funzionato, eppure non sono poi così speciale, ho solo osato e il salto di qualità c'è stato.

domenica 14 aprile 2019

NORME DI IGIENE E PROFILASSI



Il 5 maggio è stato designato dall'Oms come Giornata mondiale sul lavaggio delle mani e sia il ministero della Salute che l’Oms hanno prodotto guide semplici e utili per il lavaggio delle mani. Lavare le mani è regola igienica base, fondamentale per una corretta profilassi. Serve ad allontanare dalla cute i germi patogeni presenti attraverso un'azione meccanica. Bisogna dunque lavarle bene, non è sufficiente metterle sotto il rubinetto aperto.
Per essere sicuri di lavarle correttamente:
- utilizzare sapone (meglio quello liquido della saponetta) e acqua corrente, preferibilmente calda. Il sapone liquido non è esposto all'aria e quindi non permette ai germi di proliferare, come invece può accadere sulla superficie della saponetta
- asciugare le mani possibilmente con carta usa e getta o con un asciugamano personale pulito o con un dispositivo ad aria calda
- non toccare rubinetti o maniglie con le mani appena lavate. Per chiudere il rubinetto usare una salviettina pulita, meglio se monouso
- applicare, eventualmente, una crema o lozione idratante per prevenire le irritazioni, in caso di detergenti troppo aggressivi o dopo lavaggi prolungati.
Per rimuovere i germi dalle mani è sufficiente il comune sapone, ma, in assenza di acqua, si può ricorrere agli igienizzanti per le mani a base alcolica. Questi prodotti vanno usati quando le mani sono asciutte, altrimenti non sono efficaci.
Le mani vanno lavate prima di...
- mangiare
- maneggiare o consumare alimenti
- somministrare farmaci
- medicare o toccare una ferita
- applicare o rimuovere le lenti a contatto
e dopo...
- aver tossito, starnutito o soffiato il naso
- aver usato il bagno
- aver cambiato un pannolino
- aver maneggiato denaro
- aver usato un mezzo di trasporto (autobus, taxi, treno)
- aver soggiornato in luoghi molto affollati come palestre, cinema, sale d'aspetto di aeroporti, ferrovie.
Nella Giornata mondiale sul lavaggio delle mani l’Oms chiede alle strutture sanitarie di prevenire la sepsi associata all'assistenza sanitaria attraverso l'igiene delle mani e l'azione di prevenzione e controllo delle infezioni.
Dopo il lavaggio delle mani seguono come norme igieniche
- Trattamento della biancheria a domicilio
- Adeguate norme durante le visite (non affollare gli ambienti, non lasciare molti oggetti sul comodino, non lasciare alimenti o stoviglie sporche nelle camere di degenza)
- Tutela dei degenti e dei visitatori che possono essere suscettibili alle infezioni.
- Utilizzo corretto di eventuali dispositvi di protezione individuale.
L'uso indiscriminato dei guanti non sostituisce il lavaggio delle mani, anzi a volte può risultare dannoso.
I guanti sterili si usano per medicazioni chirurgiche, posizionamento e gestione di accessi vascolari centrali, preparazione di nutrizione parenterale e di agenti chemioterapici.
Vanno usati guanti puliti a contatto con tutti i liquidi biologici e cute non integra, prelievo di sangue, e altre operazioni come manipolazione e pulizia delle apparecchiature, padelle e pappagalli, manipolazione dei rifiuti.
Al contrario non sono indicati i guanti quando si misura la pressione, la temperatura, si valuta il polso, si lava e si veste il paziente. E neppure quando si usa il telefono, si somministra la terapia orale, si distribuiscono pasti o si raccolgono le stoviglie.
Proviamo ad individuare i vari momenti dell'igiene delle mani.
- gesti di cortesia (stringere la mano)
- contatto diretto (aiutare un paziente a cambiare postura, aiutare un paziente a camminare)
Non si effettua un'adeguata igiene delle mani con un tempo di frizionamento alcolico inferiore a 15 secondi, con un tempo di lavaggio con acqua e sapone inferiore a 40 secondi, con un'insufficiente asciugatura, un utilizzo di anelli e bracciali, e unghie eccessivamente lunghe e decorate.
Occorre lavare le mani prima di indossare i guanti e dopo averli rimossi, tutte le volte che si viene a contatto con oggetti, compresi camice, occhiali, pulsantiere, carrelli e cartelle cliniche.
I guanti devono essere prelevati con mani pulite, mai utilizzati su più pazienti o conservati nelle tasche dei camici. Inutile è l'uso dei doppi guanti.
Una curiosità. Negli Stati Uniti è sempre più in uso il "Fist Bump", pugno contro pugno, un saluto che trasmette meno microorganismi rispetto alla classica stretta di mano. Cautela certamente esasperata, e di sicuro sostituibile con un lavaggio accurato delle mani una volta che si è tornati a casa.

POCO MOLTO POCO




A sera, quando è quasi notte fonda si affollano i pensieri, sunto a tratti del giorno scivolato via. 
Raccolgo le idee e vado a ritroso, cominciando dal primo mattino, quando la casa è silenziosa. 
Vibra il telefono perché ho escluso la suoneria, e mentre sfaccendo mi arriva come un ronzio e le parole prendono a tenermi compagnia. 
Come sempre... esclama sornione Chi con me divide la vita ormai da molti anni, e "ob torto collo" finge di subire quest'ultimo quarto ma in fondo è contento perché non pensava a tanto, anzi forse non credeva neppure possibile mettere insieme altri nove anni, insieme... Lui ed io. Ci penso sempre a questa cosa, ogni giorno ed è una sorta di "laude" laica ammirando il sole quando c'è, e il cielo che c'è sempre come Lui, mio compagno da una vita. Perché è così, devo ringraziare anche per quanto a Suo modo mi supporta sopportando i miei alti e bassi, l'appassionarmi per qualcosa di cui normalmente si evita persino il pensiero.
Così quando a volte stizzito mi chiede...
Dopo tutto che c'hai da fare?
Rispondo con sufficienza e finta indifferenza...
Poco, molto poco.
Aiutare, tener compagnia, piangere e sorridere.
E ancora incalzando...
Ma pure... cucinare, lavare, rassettare e avere a mille, pensieri per la testa.
Dici potrà bastare per farmi amare quanto t'amo io?

venerdì 12 aprile 2019

DARSI DA FARE


Tanto per cambiare, ho sempre da fare. Forse perché mi do da fare, nel senso che mi regalo le giuste occasioni per non pensare.
Ormai credo sia chiaro, preferisco scrivere che parlare, e lo faccio meglio che menare parole al vento e fare del male. Uso le parole per il bene, e con la scrittura è l'ideale.
Nove anni di pagine scritte, un esercizio quotidiano, che mi hanno reso più sicura e donato la quasi certezza che almeno qualcosa più o meno son capace di fare.
Ad oggi la Scrittura è per me uno dei miei "punti di forza". Tanti anni di contraccambiato amore in assoluto. E pensare che la tirai fuori per restare a galla, ora continuo per diletto ma confesso pure di "usarla" a volte come valvola di sfogo o sicurezza, altrimenti per certe pressioni esterne ed interne rischierei di scantonare, scoppiare o perdermi nel rimuginio, il peggiore dei rischi.
Scrivere è leggere in se stessi.
All'inizio della "storia" riferivo a me stessa l'ansia, la paura e l'angoscia che sapevo già, ed era come dirlo ad un'altra persona. Mi svuotavo e riprendevo più leggera. Una vera auto-terapia di supporto psicologico.
Continuo ora a scrivere per "fissare" in uno spazio immaginario ciò che vedo, noto e imparo. Prendo nota con brevi passaggi di questa mia nuova vita, l'ultimo quarto di serena consapevolezza.
Mi sentirei di consigliarlo proprio... scrivere per leggersi dentro. Perché succede di avere tanto da dire, sentimenti celati per pudore, stati d'animo particolari, pensieri nascosti che premono ed opprimono, e scrivere diventa così uno splendido lusso da concedersi e per giunta a portata di mano. Si comincia con brevi periodi o versi, semplici scritti e alla fine si trasmettono emozioni.
Chi scrive dona se stesso mentre si conosce, davvero un gran bel da fare che gli merita una costante, inviolata "verginità interiore" inconsapevole e di gran valore.

giovedì 11 aprile 2019

IL LAVORO DI EQUIPE IN ONCOLOGIA


Staccarsi per un paio d'ore dalla cosiddetta "normalità" ed immergersi in una realtà che coinvolge sempre più persone, dall'una e dall'altra parte. Un mondo incredibile.
Incontro impostato in modo aperto, inteso ad informare e formare pazienti, ex pazienti e volontari.
La nascita dell'oncologia ha origini antiche, come il male che si prefigge di studiare e sconfiggere. In uno dei primi scritti riguardante casi di tumore, risalente alla medicina egizia, il papiro di Ebers (1550 a.C.) si parla di aglio come rimedio, anche se all'epoca il cancro poco noto e affatto incompreso, era considerato male incurabile.
L'Oncologia o "studio del rigonfiamento" è la branca specialistica della medicina che concerne lo studio e il trattamento dei tumori.
Nel 1942 in Germania si scopre che alcuni prodotti chimici potevano danneggiare e distruggere l'agente causale di alcune malattie infettive. Nasce così la chemioterapia. In campo oncologico l'anno seguente scoprono l'effetto curante delle mostarde azotate su organismi affetti da tumori.
Ma come funziona la chemioterapia?
La chemioterapia si basa sulla somministrazione di particolari farmaci, detti citotossici o antiblastici, con la funzione di attaccare e distruggere le cellule tumorali e di bloccarne la duplicazione. Dopo un certo periodo, variabile nel tempo può verificarsi la "farmacoresistenza", l'inefficacia del farmaco a causa della capacità di determinate specie di microrganismi di resistere all'azione di sostanze che possono causarne la morte o arrestarne l'accrescimento.
Oggi alle cure si aprono altre strade, esserne consapevoli conoscere il percorso da affrontare, parlare senza reticenze diventa parte attiva della terapia stessa, scelta quindi e non subita.
Il medico deve valutare il paziente nella Sua totalità, con gli occhi da uomo, cercare di comprenderne l'ansia e le paure, ben sapendo quanto possa essere gravoso anche il minimo dubbio, cosciente che una patologia oncologica coinvolge non solo Chi ne viene colpito ma la famiglia intera, grande punto di forza se adeguatamente supportato. Quindi un medico oncologo, una volta considerato solo "chemioterapista", ora deve essere in grado di prendere in carico "persone" e non limitarsi a "curare" malati, c'è infatti grande differenza appunto tra curare e "prendersi cura" che equivale ad accarezzare l'anima di Chi mette la propria vita nelle mani di un Altro.
E' importante essere informati, conoscere come ha origine un tumore, da una piccola cellula, decima parte del punto lasciato da una matita sul foglio, quindi invisibile, pur capace per infinite cause (ambientali, alimentari, genetiche, ecc.) di crescere e aggregare. I nuovi orizzonti terapeutici oltre la Chemioterapia, la Targeted terapia (terapia a bersaglio molecolare), l' Immunoterapia (potenziamento del sistema immunitario, i linfociti T), gli esiti felici e i perché degli insuccessi, essendo ogni caso a sé e perciò oggetto di osservazione e cauti tentativi. Nutrire la speranza sempre più certezza che anche con metastasi oggi è possibile addirittura guarire o almeno essere curati, quindi cronicizzare la malattia.
Un malato di tumore però non è identificabile con la sola patologia, è soprattutto "persona" che vive, ed è egli stesso a rendersene conto proprio quando si ammala. Chiediamogli di raccontare la Sua vita, lo farà in poco tempo e sarà una narrazione fatta di elementi essenziali, e tutto il resto? Il resto non lo ricorderà perchè in realtà fino a quel momento ha solo sopravvissuto.
La vita è come un piano inclinato su cui scivoliamo lentamente nella normalità, per cui tutto è scontato e a volte neppure notato. Poi ad un certo punto si presenta un muro, fatto di ansia, paure e sofferenza e tutto si ferma, non si può vedere oltre, e allora non resta che guardare dietro e cercare di recuperare nelle piccole cose la gioia persa, e poi intorno per scoprire così un "Mondo incredibile", fatto di Persone, e note per Altri forse indifferenti, ma per Chi è fermo, come ibernato, dal calore e colore inaspettati.

martedì 9 aprile 2019

DUE PAROLE DUE SULLA SPERANZA


Un po' per nostalgia, un po' per confrontarmi col passato da com'ero a come sono, torno a rileggermi.
Nove anni nove di pagine quotidiane, la "storia mia" da canovaccio, le tante emozioni come punti ad ago sottile. Un ricamo dell'animo umano.
Tra i molti "ritratti" uno in particolare.
"Ma dimmi... come potevo leggere questo biglietto?"
Rosso in viso come al solito per l'imbarazzo ma anche per la riservatezza che lo caratterizzava, mi guardava porgendomi il bigliettino color verde speranza.
Perchè?
Gli occhi alle prime due parole di quel biglietto... "O Dio..."
Ma guarda, avevo pensato, proprio a Lui doveva capitare una frase tanto esplicita!? D'altra parte quel "Qualcuno"doveva pur provarci in qualche modo a "comunicare" con quella testa di coccio dagli occhi azzurri e profondi come il mare.
Viveva il Suo male da solo, con la moglie che non gli faceva più compagnia e invece aggiungeva dolore alle Sue giornate. Era perciò indispettito e non credeva a niente, meno che mai a Dio, almeno così sosteneva.
La Nostra conoscenza cominciò con un esordio apparentemente banale...
Che cosa mangi oggi a pranzo?
Andavo sul sicuro per iniziare una conversazione, rischiavo poco e niente, Tutti mangiano... è un argomento generico e poi allegro perchè in modo certo è legato alla vita.
Non so, quello che trovo. Ogni giorno mangio quello che trovo in tavola... fu la Sua risposta, ed io quella volta non aggiunsi altro.
Qualche giorno dopo fu Lui a parlare spontaneamente della malattia, molto rassegnato... troppo. Per scuoterlo ad un certo momento venni fuori con una battuta...
Devi lottare, non sei solo. Hai Dio al Tuo fianco!
E Lui mi aveva fulminato con lo sguardo e le parole... Dio, ma Chi é... Chi lo conosce?
Presa alla sprovvista riuscii a dire solo... Tu, non credi? Ma subito mi ero ripresa... Vabbè, non importa, devi combattere lo stesso, vorrà dire che lo farai da solo!
Stoltamente, dopo un esordio discretamente felice avevo fatto un "tonfo", ero entrata nel "Suo spazio intimo" senza che me lo avesse chiesto.
Fu un momento, e stava per alzarsi una "barriera"... poi, un sospiro di sollievo... ed avevamo ripreso l'equilibrio della "simmetria".
Quanto è difficile trattare la Speranza, servono poche parole e infinito ascolto, ad oggi sono a buon punto ma ancora ho da imparare. All'inizio fu come una casa senza luce, ora ha le finestre ma non sempre sono tutte aperte.
Un tempo mi ci voleva quasi uno sgabello sulla sedia, per essere all'altezza.
Sentirsi così a volte, inadeguata e priva dei più semplici elementi per arrivare... dove, mi era impossibile anche solo capirlo.
E l'anima diventava come una "casa senza finestre", grande abbastanza per tanti sentimenti ma priva di quella "luce" che serve ad illuminarli e renderli visibili.
Forse dalla crepa più nascosta alla fine riuscì ad infilarsi un raggio di luce, e mi sembrò in una sera che le stelle raggiunsero l'intento.

lunedì 8 aprile 2019

ANCORA SUL PERDONO


Nel periodo forte che prepara ad una festa cristiana si torna a parlare spesso di perdono, non ché in altri momenti sia superfluo ma in queste occasioni, Natale e Pasqua, è come sentirne il bisogno a vantaggio prima per se stessi. Per dono la pace interiore.
In quest'ultima domenica di Quaresima che precede quella delle Palme, il Vangelo di Giovanni è incentrato sulla facilità di giudizio come ostacolo al perdono.
Chi è senza peccato, scagli la prima pietra... e nessuno alla fine si sente di farlo, e l'adultera è libera di andare come gli altri, e tutti sono perdonati. In armonia con l'Amore di Chi ci ha creato.
Certo è che ci si solleva da un gran peso, e anche l'esistenza riacquista valore, anzi di più, perché perdonare richiede coraggio, quindi diventa un valore aggiunto. Ci si può sentire persino felici, e questo perché, riconciliati col dolore ricevuto, si è pronti a lasciarlo andare definitivamente, dopo aver concesso a sé, al proprio animo un po' di quiete. Considerando che la ragione non è mai da una sola parte, e bianco e nero sono da entrambe.
Oggi in chiesa si celebrava un 50° anniversario di matrimonio, un lungo cammino tra erte salite e facili discese, sicuri scontri, qualche ripicca. Chissà quante volte avranno litigato con dolore, ma di certo altrettante si saranno riappacificati con gioia e per Amore, se erano lì, dopo tanti anni a rinnovare una promessa. Non importa se alla fine Lei non ha messo a Lui l'anello alla mano giusta, e Lui ha ricambiato con un'occhiataccia. Destra o sinistra, che fa? Sempre "fede" è. Conta crederci, fondamentale è credere. E Loro c'hanno creduto.

domenica 7 aprile 2019

QUALITA' E COMPETENZA DEL VOLONTARIO IN ONCOLOGIA (seconda parte)




Molteplici sono le caratteristiche del volontario in oncologia.
Serio, maturo ed equilibrato. Sensibile e solidale. Responsabile, saprà non risparmiarsi. Formato adeguatamente, con mente aperta ed accogliente e mai giudicante. Appassionato, collaborativo, paziente. Discreto ed umile, consapevole di sé e con il controllo delle proprie emozioni. Ma soprattutto capace di "ascolto empatico".
L'ascolto empatico è la capacità di mettersi nei panni dell'altro condividendo i vissuti e la percezione emotiva. Saper ascoltare presuppone un'attenzione anche al proprio sentire, proteggersi tramite un lucido distacco. Con l'Altro si condividono pensieri e stati d'animo, si cerca di vedere le cose dal Suo punto di vista, avendo una totale attenzione verso i Suoi sentimenti. Ma attenzione al pericoloso contagio emotivo e a mantenere costante il distanziamento difensivo.
Non si può veramente ascoltare l'Altro se prima non si è capace di ascoltare ed accettare ciò che accade in Noi stessi, il Nostro modo di essere, decifrare e gestire le Nostre emozioni e capire quanto possono influenzare i rapporti con gli Altri.
Conoscere se stessi è basilare. Indispensabile riconoscere le difficoltà, accettarle e saper chiedere aiuto. In caso contrario, il problema di Chi è di fronte prende il sopravvento.
L'intelligenza emotiva è la capacità di percepire, identificare e riconoscere le proprie emozioni e quelle degli Altri, e nel saperle gestire in modo costruttivo.
Secondo Goleman si basa su tre abilità fondamentali:
- Autoconsapevolezza (riconoscere e differenziare le proprie emozioni)
- Autocontrollo (capacità di dominare l'emozione senza reprimerla)
- Empatia (capacità di mettersi in sintonia emotiva con un'altra persona)
Per sviluppare tali abilità dobbiamo:
- porre attenzione ai Nostri stati interiori e interrogarci sulla loro natura e origine
- accettare le emozioni come parte fondamentale di Noi
- imparare a riconoscere e blccare i pensieri illogici e automatici che spesso accompagnano le emozioni
- connotare gli eventi come temporanei e dipendenti da cause specifiche
- ascoltare gli Altri sospendendo il giudizio e cercando di comprendere il loro messaggio
- imparare a prestare attenzione al linguaggio non verbale.
L'intelligenza sociale è la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera efficiente, costruttiva e socialmente compatibile. Attraverso di essa è possibile rendere piacevole la vita degli altri, in modo corretto per non portare a conseguenze negative.
Nella medicina centrata sul paziente la relazione diventa un momento del processo di cura che ha come protagonista la persona in uno stato di fragilità ed è finalizzata a comprendere i significati che dà alla malattia, i sentimenti e i bisogni da essa generati, le aspettative e i desideri vero l'istituzione sanitaria, il contesto familiare, sociale e culturale.
Concludendo. Idealmente il volontario si presterà a due "volti", quello del camaleonte, per la capacità di adattarsi ad ogni situazione, e a quello dell'angelo, per la compassione e la spiritualità della missione.