mercoledì 5 settembre 2018

LE CICATRICI


Stasera trovo l'incipit in uno dei miei pensieri più recenti. Nell'ulimo scritto riferendomi al compagno della mia vita, l'ho definito "fortemente" coinvolto nel momento di praticarmi i fori ai lobi. Non tollerava l'idea di procurarmi dolore o meglio, indirettamente senza volontà, cicatrici.
Non capisco che bisogno c'è di vedere uno "spillo" attraversare la carne... diceva.
Ma è cartilagine... replicavo io, ma Lui niente, continuava a sostenere fosse autentica barbarie. Eppure fare i fori alle orecchie, diciamo così, faceva parte del Suo mestiere. Solo ci teneva alle mie, ché non avessero cicatrici.
Poi, al momento che insieme per la prima volta guardammo allo specchio l'esito della mastectomia, mi stupì, anzi ci stupimmo reciprocamente perché entrambi in quella larga cicatrice che percorreva l'abbozzo di una mammella, trovammo uno "smile", un sorriso. Fu una cosa simultanea, io volli vederlo per accettare e sopravvivere, Lui forse per non perdermi. Ci abbracciammo e finì lì. In seguito l'accarezzò quel sorriso più volte, dicendo che era tanto dolce da farlo innamorare di nuovo. Verità o pietosa bugia, comunque segno di un legame che va oltre la fisicità, prova di una grande stima.
Perché condivido questo particolare della mia vita intima? Credo si possa dedurre quanta importanza in senso positivo anche una cicatrice, esito indelebile nel tempo, assuma. Non si può cancellare, che si rivaluti allora la funzione. Alla fine si dovrebbe dimenticare o almeno accantonare il motivo della sua presenza, che sia perciò solo un promemoria di quanto invece e in compenso si è acquistato.
Prova di coraggio e forza, sicurezza in sé e stima... forse o sicuramente... da Chi è accanto.

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