giovedì 11 maggio 2023

NON FINIRE MAI DI ESSERCI (n. 44) (... riflettendo)

Va bene tutto, dalla prevenzione alla ricerca, dalla ricerca alla cura. Ma che dire dello "stare accanto", "esserci" per colmare solitudini, alleggerire pensieri, dar voce alla speranza? C'è da farsi carico, camminare insieme, tenendo la mano. E non dimenticare. Quando alla fine del mio percorso di cura presi ad essere accanto a qualcuno, più di uno, a tanti nel tempo, una persona mi paragonò al generatore di corrente, che si rigenera a sua volta, perché non manifestavo mai stanchezza, anzi ero sempre più... più di quello che si potesse immaginare. Evidentemente avevo fatto proprio colpo se un giorno una paziente esclamò all'improvviso... peccato, non potevi essere il nostro medico? Mi colse di sorpresa e mi limitai a sorridere scuotendo la testa, ma a casa feci di nuovo la domanda a me stessa... Perché non ho mai pensato di fare il medico? Sarebbe stato anche comodo un medico in famiglia, d'altra parte da sempre accudente, paziente, la gente mi piaceva senza alcuna distinzione, e poi...? Magari... fama e niente... fame. Già, il riscontro economico... i soldi, cedendo a qualche piccolo compromesso... a discapito di qualcun'altro? ... dopo tutto, che fa? Ecco, su questo punto totalmente in disaccordo, provai un nodo allo stomaco, mi venne il magone. Essere accanto a qualcuno che soffre non è certo cosa per tutti. È una scelta difficile che fa sentire spesso inadeguati, è attingere costantemente alle proprie risorse. Procedere insieme per un tratto di strada, cercando di rendere meno duro il cammino. Non è solo presenza fisica, stringere una mano, asciugare una lacrima. È piangere dentro, insieme, e poi risollevarsi con un sorriso, e ricominciare. È una scelta difficile, ma è la risposta a molte domande, lo sprone a guardare la vita in ogni suo aspetto.

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