I miei pensieri stasera, non per amor di polemica ma quasi uno sfogo, tra ricordi e considerazioni, con metafore ed anche parole dirette.
Perché tutto questo proprio oggi? Meglio subito, per poi al solito voltare pagina e ricominciare, ché Noi... e mi ci metto anch'io, paziente tranquilla sotto ogni aspetto... non ci possiamo permettere il lusso di piangere sul latte versato da altri. Dobbiamo guardare avanti, ci dicono e lo facciamo, ma non prima di aver sostato a guardare indietro, dato un'occhiata intorno e in fretta distolto lo sguardo, per non sentirci soli, ridotti a rotismi di un meccanismo che con presunzione si vorrebbe definire preciso.
Quando alla fine del mio percorso di cura presi ad essere accanto a qualcuno, più di uno, a tanti nel tempo, ero presa da così grande euforia che trasmettevo entusiasmo col solo sguardo, poi fiducia col sorriso e l'abbraccio, tanti abbracci stretti che sollevavano dalla paura di non farcela. Una persona mi paragonò al generatore di corrente, che si rigenera a sua volta, perché non manifestavo mai stanchezza, anzi ero sempre più... più di quello che si potesse immaginare. Poi un giorno una paziente esclamò all'improvviso... peccato, non potevi essere il nostro medico? Mi colse di sorpresa e mi limitai a sorridere scuotendo la testa, ma a casa feci di nuovo la domanda a me stessa...
Perché non ho mai pensato di fare il medico? Sarebbe stato anche comodo un medico in famiglia, d'altra parte da sempre accudente, paziente, la gente mi piaceva senza alcuna distinzione, e poi...? Magari... fama e niente... fame. Già, il riscontro economico... i soldi, cedendo a qualche piccolo compromesso... a discapito di qualcun'altro? ... dopo tutto, che fa?
Ecco, su questo punto non mi trovai d'accordo, provai un nodo allo stomaco, mi venne il magone. Sarà stato perché dal pieno di quella storia ero appena uscita, o anche perché fissa era l'immagine del giorno che avevo messo piede per la prima volta in un reparto di oncologia e tutto mi pareva così estraneo da voler cercare supporto in un OSS che avevo scambiato per un medico. A quella persona in seguito mi ero affezionata a tal punto che ancora l'abbraccio con immutato affetto quando l'incontro per quelle "sudate scale" che un tempo sembravano interminabili.
Ecco, se avessi fatto il medico mi avrebbero radiato subito, mi avrebbero fatto radiare perché non avrei ceduto ai compromessi, sarei stata "troppo" di tutto ciò che un medico è meglio che non sia, in senso buono ovviamente, oppure sarei stata un dottore senza fissa dimora, in cerca di pace, dove poter mantener fede al giuramento di Ippocrate, e non temere niente, meno che mai, il merito sottovalutato. Perché io ero stata dall'altra parte, ed ora in quest'altra non avevo bisogno di immaginare. Consapevole di tutto, dall'"A" alla "Z".
Perché tutto questo proprio oggi? Meglio subito, per poi al solito voltare pagina e ricominciare, ché Noi... e mi ci metto anch'io, paziente tranquilla sotto ogni aspetto... non ci possiamo permettere il lusso di piangere sul latte versato da altri. Dobbiamo guardare avanti, ci dicono e lo facciamo, ma non prima di aver sostato a guardare indietro, dato un'occhiata intorno e in fretta distolto lo sguardo, per non sentirci soli, ridotti a rotismi di un meccanismo che con presunzione si vorrebbe definire preciso.
Quando alla fine del mio percorso di cura presi ad essere accanto a qualcuno, più di uno, a tanti nel tempo, ero presa da così grande euforia che trasmettevo entusiasmo col solo sguardo, poi fiducia col sorriso e l'abbraccio, tanti abbracci stretti che sollevavano dalla paura di non farcela. Una persona mi paragonò al generatore di corrente, che si rigenera a sua volta, perché non manifestavo mai stanchezza, anzi ero sempre più... più di quello che si potesse immaginare. Poi un giorno una paziente esclamò all'improvviso... peccato, non potevi essere il nostro medico? Mi colse di sorpresa e mi limitai a sorridere scuotendo la testa, ma a casa feci di nuovo la domanda a me stessa...
Perché non ho mai pensato di fare il medico? Sarebbe stato anche comodo un medico in famiglia, d'altra parte da sempre accudente, paziente, la gente mi piaceva senza alcuna distinzione, e poi...? Magari... fama e niente... fame. Già, il riscontro economico... i soldi, cedendo a qualche piccolo compromesso... a discapito di qualcun'altro? ... dopo tutto, che fa?
Ecco, su questo punto non mi trovai d'accordo, provai un nodo allo stomaco, mi venne il magone. Sarà stato perché dal pieno di quella storia ero appena uscita, o anche perché fissa era l'immagine del giorno che avevo messo piede per la prima volta in un reparto di oncologia e tutto mi pareva così estraneo da voler cercare supporto in un OSS che avevo scambiato per un medico. A quella persona in seguito mi ero affezionata a tal punto che ancora l'abbraccio con immutato affetto quando l'incontro per quelle "sudate scale" che un tempo sembravano interminabili.
Ecco, se avessi fatto il medico mi avrebbero radiato subito, mi avrebbero fatto radiare perché non avrei ceduto ai compromessi, sarei stata "troppo" di tutto ciò che un medico è meglio che non sia, in senso buono ovviamente, oppure sarei stata un dottore senza fissa dimora, in cerca di pace, dove poter mantener fede al giuramento di Ippocrate, e non temere niente, meno che mai, il merito sottovalutato. Perché io ero stata dall'altra parte, ed ora in quest'altra non avevo bisogno di immaginare. Consapevole di tutto, dall'"A" alla "Z".
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