Ci pensavo ieri durante la celebrazione in suffragio di mia madre, di cui in questi giorni ricorre il tredicesimo anniversario della morte. Noi parenti eravamo quasi tutti lì, ma di sicuro i pensieri che percorrevano le menti di ognuno erano diversi. Certo, il "denominatore" comune era il ricordo della persona cara, però le sensazioni e le conseguenti emozioni quali veramente? Perché si sa ed è ovvio, queste dipendono dal vissuto individuale ed anche dal carattere di ciascuno.
Così, mi si perdoni, ma per un attimo ho pensato che forse per l'occasione sarebbe stato meglio riunirci in altro luogo e mettere in comune non la prece silenziosa, a tratti distratta, bensì tutto ciò che sentivamo in quel momento, ricordi belli e brutti, rimpianto, gioie, e malinconia. In un'unica parola... nostalgia, che altro non è alla fine, dolore mitigato da se stessi, dalla volontà di continuare per grata memoria. Almeno io l'intendo così.
Avremmo parlato, ci saremmo parlati in un mutuo scambio di parole mai dette, incomprensioni chiarite, questioni anche minime finalmente risolte.
Si vive una vita coltivando al buio malumori ed astio, alimentati da convinzioni sbagliate, quando basterebbe parlare, parlarsi e mettere fuori tutto il dispiacere provato per uno sguardo distratto, una risposta fuori luogo, un rifiuto o un'omissione all'improvviso tornata a galla... e tanto altro fino a quando non c'è più tempo per recuperare e pareggiare i conti. Dare e Avere mai in equilibrio, almeno finché si resta legati in maniera incompleta all'esistenza, incapaci di andare oltre non perché non credenti, ma quasi convinti di essere qui in eterno.
Sono convinta in modo fermo che la chiave di tutto sia nel coraggio di mettersi a nudo, un po' incoscienti e tanto generosi di se stessi. Meno razionalità che fa da filtro alle emozioni, e maggior spazio alla spontaneità d'istinto e col pudore giusto. Attraverso parole pensate per non ferire ma farsi capire, e se non si trovano meglio il "silenzio pieno", colmo di sguardi che perdonano e strette di mano che confortano. Siamo tutti sotto lo stesso cielo, o nella stessa barca, comunque su questa terra non per restarci.
Così, mi si perdoni, ma per un attimo ho pensato che forse per l'occasione sarebbe stato meglio riunirci in altro luogo e mettere in comune non la prece silenziosa, a tratti distratta, bensì tutto ciò che sentivamo in quel momento, ricordi belli e brutti, rimpianto, gioie, e malinconia. In un'unica parola... nostalgia, che altro non è alla fine, dolore mitigato da se stessi, dalla volontà di continuare per grata memoria. Almeno io l'intendo così.
Avremmo parlato, ci saremmo parlati in un mutuo scambio di parole mai dette, incomprensioni chiarite, questioni anche minime finalmente risolte.
Si vive una vita coltivando al buio malumori ed astio, alimentati da convinzioni sbagliate, quando basterebbe parlare, parlarsi e mettere fuori tutto il dispiacere provato per uno sguardo distratto, una risposta fuori luogo, un rifiuto o un'omissione all'improvviso tornata a galla... e tanto altro fino a quando non c'è più tempo per recuperare e pareggiare i conti. Dare e Avere mai in equilibrio, almeno finché si resta legati in maniera incompleta all'esistenza, incapaci di andare oltre non perché non credenti, ma quasi convinti di essere qui in eterno.
Sono convinta in modo fermo che la chiave di tutto sia nel coraggio di mettersi a nudo, un po' incoscienti e tanto generosi di se stessi. Meno razionalità che fa da filtro alle emozioni, e maggior spazio alla spontaneità d'istinto e col pudore giusto. Attraverso parole pensate per non ferire ma farsi capire, e se non si trovano meglio il "silenzio pieno", colmo di sguardi che perdonano e strette di mano che confortano. Siamo tutti sotto lo stesso cielo, o nella stessa barca, comunque su questa terra non per restarci.
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