Ed arrivò il lunedì dell'Angelo, ora come allora.
Una giornata intera trascorsa in casa a fare ciò che è il mio solito. Per me è meglio così, soprattutto in questa festa.
Sono ormai sette anni che il lunedì dell'Angelo passa via come un giorno qualsiasi per mia libera scelta. L'ultima volta che misi il naso fuori per fare qualcosa di diverso che mi distraesse dal momento particolare, sbagliai in pieno, di conseguenza me ne tornai a testa bassa e con uno stato d'animo peggiore che alla partenza. Non dimenticherò mai tra i miei ricordi quella Pasquetta...
Si era programmato di andare fuori ed io inizialmente ne ero stata entusiasta, avrei trascorso quell'ultimo giorno di "libertà", lontana dal solito scenario, con i miei familiari e senza pensieri tristi.
Meno uno, invece mi dissi quella mattina aprendo gli occhi e l'entusiasmo svanì...
Già, perché il giorno dopo avrei cominciato con la chemio e l'ansia del "non noto" gravava su di me come il cielo cupo e grigio del momento. Conoscendomi sarebbe stato meglio restare a casa, invece mi lasciai trascinare e poi mi sentii completamente estranea, avulsa da un contesto già triste per sé.
Tesa come una corda di violino, nervosa litigai quasi con tutti, invidiando quella loro precisa condizione. Essere coinvolti fino ad un certo punto. In quel momento percepivo così la cosa, sbagliando. Perché quando la malattia fa il suo "prepotente ingresso", entra in una famiglia con "tutte le scarpe", non risparmiando nessuno.
Invidia... un sentimento che prima non avevo conosciuto. Sarebbe stato meglio che fossi rimasta a casa.
Da allora perciò... Pasquetta rigorosamente in casa, a sfaccendare e cucinare, leggere tanto... scrivere un po'. Quest'anno pure a fare da paciere tra due cagnoline insofferenti, una nota diversa e colorita. E poi riflettere e ricordare... andare ancora più indietro nel tempo, ad esempio 36 anni fa...
Una scampagnata in un boschetto ed io col pancione sempre seduta su una sdraio a non fare niente se non guardare in su e sognare Chi di là a un mese avrei stretto tra le braccia. Ogni tanto sentivo il cuore in gola per il timore, pure l'ansia, in realtà era solo trepidare per l'aspettativa di un evento che si sapeva comunque lieto.
E l'anno dopo... stesso boschetto, niente pancione ma un passeggino con una bimba "troppo seria" e pigra che a quasi un anno non voleva assolutamente muovere i primi passi.
Ricordo come fosse ora... i miei tentativi che si concludevano con lo sfinimento, la preoccupazione che fosse altro e non pigrizia. Ma era bello ugualmente, sentivo dentro un'energia inesauribile, avrei avuto tempo, tanto tempo per riprovare... pensavo... una vita intera e perdevo di vista che intanto la bimba sarebbe cresciuta, e poi?...
Beh, il poi l'abbiamo vissuto man mano, le aspettative, compatibilmente con le tappe di crescita, sono rimaste più o meno le stesse, ma ahimè più spesso disattese perché il tempo si accorcia, e se non si impara a sfruttare il buono anche minimo che mai manca, le delusioni aumentano e l'insoddisfazione pure. Questo io l'ho capito a mie spese, peccato non riuscire a renderne pienamente l'idea, convincere Chi dovrebbe farsene una ragione.
Ma tant'è, ripensandoci... rivedo anche "me" a quel tempo completamente fuori dal senso della realtà sia pure in modo diverso.
Forse a trent'anni è normale... sei sano, ti senti forte, presuntuosamente capace o ingiustamente incapace di gestire qualsiasi situazione, come dipendesse completamente da Te. Senza tener conto dell'imprevedibile.
Guardi avanti sempre, la strada è lunga, praticamente infinita... eppure hai fretta di arrivare.
Solo molto tempo dopo imparerai ad apprezzare tante piccole gioie, come il giorno dopo Pasqua, un lunedì qualunque che saprai rendere speciale.
Una giornata intera trascorsa in casa a fare ciò che è il mio solito. Per me è meglio così, soprattutto in questa festa.
Sono ormai sette anni che il lunedì dell'Angelo passa via come un giorno qualsiasi per mia libera scelta. L'ultima volta che misi il naso fuori per fare qualcosa di diverso che mi distraesse dal momento particolare, sbagliai in pieno, di conseguenza me ne tornai a testa bassa e con uno stato d'animo peggiore che alla partenza. Non dimenticherò mai tra i miei ricordi quella Pasquetta...
Si era programmato di andare fuori ed io inizialmente ne ero stata entusiasta, avrei trascorso quell'ultimo giorno di "libertà", lontana dal solito scenario, con i miei familiari e senza pensieri tristi.
Meno uno, invece mi dissi quella mattina aprendo gli occhi e l'entusiasmo svanì...
Già, perché il giorno dopo avrei cominciato con la chemio e l'ansia del "non noto" gravava su di me come il cielo cupo e grigio del momento. Conoscendomi sarebbe stato meglio restare a casa, invece mi lasciai trascinare e poi mi sentii completamente estranea, avulsa da un contesto già triste per sé.
Tesa come una corda di violino, nervosa litigai quasi con tutti, invidiando quella loro precisa condizione. Essere coinvolti fino ad un certo punto. In quel momento percepivo così la cosa, sbagliando. Perché quando la malattia fa il suo "prepotente ingresso", entra in una famiglia con "tutte le scarpe", non risparmiando nessuno.
Invidia... un sentimento che prima non avevo conosciuto. Sarebbe stato meglio che fossi rimasta a casa.
Da allora perciò... Pasquetta rigorosamente in casa, a sfaccendare e cucinare, leggere tanto... scrivere un po'. Quest'anno pure a fare da paciere tra due cagnoline insofferenti, una nota diversa e colorita. E poi riflettere e ricordare... andare ancora più indietro nel tempo, ad esempio 36 anni fa...
Una scampagnata in un boschetto ed io col pancione sempre seduta su una sdraio a non fare niente se non guardare in su e sognare Chi di là a un mese avrei stretto tra le braccia. Ogni tanto sentivo il cuore in gola per il timore, pure l'ansia, in realtà era solo trepidare per l'aspettativa di un evento che si sapeva comunque lieto.
E l'anno dopo... stesso boschetto, niente pancione ma un passeggino con una bimba "troppo seria" e pigra che a quasi un anno non voleva assolutamente muovere i primi passi.
Ricordo come fosse ora... i miei tentativi che si concludevano con lo sfinimento, la preoccupazione che fosse altro e non pigrizia. Ma era bello ugualmente, sentivo dentro un'energia inesauribile, avrei avuto tempo, tanto tempo per riprovare... pensavo... una vita intera e perdevo di vista che intanto la bimba sarebbe cresciuta, e poi?...
Beh, il poi l'abbiamo vissuto man mano, le aspettative, compatibilmente con le tappe di crescita, sono rimaste più o meno le stesse, ma ahimè più spesso disattese perché il tempo si accorcia, e se non si impara a sfruttare il buono anche minimo che mai manca, le delusioni aumentano e l'insoddisfazione pure. Questo io l'ho capito a mie spese, peccato non riuscire a renderne pienamente l'idea, convincere Chi dovrebbe farsene una ragione.
Ma tant'è, ripensandoci... rivedo anche "me" a quel tempo completamente fuori dal senso della realtà sia pure in modo diverso.
Forse a trent'anni è normale... sei sano, ti senti forte, presuntuosamente capace o ingiustamente incapace di gestire qualsiasi situazione, come dipendesse completamente da Te. Senza tener conto dell'imprevedibile.
Guardi avanti sempre, la strada è lunga, praticamente infinita... eppure hai fretta di arrivare.
Solo molto tempo dopo imparerai ad apprezzare tante piccole gioie, come il giorno dopo Pasqua, un lunedì qualunque che saprai rendere speciale.
Cara Mari, io aggiungo, e la vita continua con i suoi problemi!!!
RispondiEliminaCiao e buona giornata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Grazie, Tomaso... hai proprio ragione.
EliminaUn abbraccio.
Mary