Si può ben immaginare come sia importante in una relazione di aiuto la comunicazione che possa essere anche terapeutica. Essa dipenderà da fattori generali e specifici.
L'ambiente deve essere accogliente e non freddo e asettico. Il paziente, superati i vari momenti di ansia, paura e a volte anche di prostrazione, ritrova un certo equilibrio se Chi ha di fronte si mostra sereno e rassicurante.
Importante è la "continuità relazionale" che fa nel tempo il rapporto amichevole, confidenziale. Non è raro che un paziente riesca a dire tutto ciò che lo opprime ad un volontario che sa prestargli ascolto, piuttosto che ad un familiare. La condivisione anche di ricordi tristi male elaborati gli favorirà il superamento sia pure parziale della sofferenza che vive.
Il volontario quindi sarà sempre disponibile all'ascolto e partecipe in silenzio. Mostrerà di comprendere, incoraggerà con piccoli gesti come una stretta di mano o una carezza sui capelli. E poi poche domande, discrete ed attinenti.
La risposta ad un tale comportamento del tutto corretto arriverà dal paziente tramite alcuni stili di "coping" (l'insieme dei meccanismi psicologici adattativi messi in atto da un individuo per fronteggiare le situazioni potenzialmente stressanti). Rassegnazione e fatalismo, riversare la colpa su qualcuno o qualcosa, tentativo di distrarsi, condividere e pensare ad altro, affidarsi con fiducia ad una persona e seguirne i consigli.
La qualità e l'efficacia del servizio è determinato prima che dal rapporto del singolo volontario- paziente, dai rapporti multidisciplinari e multidirezionali che si sviluppano in una organizzazione.
Lo scopo finale è quello di conservare o tendere a recuperare in ogni momento l'integrità globale della persona.
Il volontario è in una situazione di privilegio per esercitare una sorta di supporto nei confronti del paziente dal momento che ha il compito di soddisfare i suoi fondamentali bisogni che lo riportano alla condizione di normalità precedente alla malattia. Quindi all'equilibrio e alla serenità.
Chi si impegna nella relazione di aiuto sarà perciò sereno e rasserenante, equilibrato e capace di "svuotare" mente e cuore di ogni preoccupazione e affanno. I Suoi punti di forza saranno la determinazione e la costanza mai toccate dallo scoramento e dalla sfiducia, e se qualche volta il timore di non essere all'altezza e la paura di non farcela prenderanno, dovrà essere abile a trasformarli in punti di forza. Come...?
Mettendosi nei panni dell'Altro, immaginando la stessa sofferenza, chiedendosi poi... che cosa vorrei per essere quasi felice nell'infelicità di un momento?
L'ambiente deve essere accogliente e non freddo e asettico. Il paziente, superati i vari momenti di ansia, paura e a volte anche di prostrazione, ritrova un certo equilibrio se Chi ha di fronte si mostra sereno e rassicurante.
Importante è la "continuità relazionale" che fa nel tempo il rapporto amichevole, confidenziale. Non è raro che un paziente riesca a dire tutto ciò che lo opprime ad un volontario che sa prestargli ascolto, piuttosto che ad un familiare. La condivisione anche di ricordi tristi male elaborati gli favorirà il superamento sia pure parziale della sofferenza che vive.
Il volontario quindi sarà sempre disponibile all'ascolto e partecipe in silenzio. Mostrerà di comprendere, incoraggerà con piccoli gesti come una stretta di mano o una carezza sui capelli. E poi poche domande, discrete ed attinenti.
La risposta ad un tale comportamento del tutto corretto arriverà dal paziente tramite alcuni stili di "coping" (l'insieme dei meccanismi psicologici adattativi messi in atto da un individuo per fronteggiare le situazioni potenzialmente stressanti). Rassegnazione e fatalismo, riversare la colpa su qualcuno o qualcosa, tentativo di distrarsi, condividere e pensare ad altro, affidarsi con fiducia ad una persona e seguirne i consigli.
La qualità e l'efficacia del servizio è determinato prima che dal rapporto del singolo volontario- paziente, dai rapporti multidisciplinari e multidirezionali che si sviluppano in una organizzazione.
Lo scopo finale è quello di conservare o tendere a recuperare in ogni momento l'integrità globale della persona.
Il volontario è in una situazione di privilegio per esercitare una sorta di supporto nei confronti del paziente dal momento che ha il compito di soddisfare i suoi fondamentali bisogni che lo riportano alla condizione di normalità precedente alla malattia. Quindi all'equilibrio e alla serenità.
Chi si impegna nella relazione di aiuto sarà perciò sereno e rasserenante, equilibrato e capace di "svuotare" mente e cuore di ogni preoccupazione e affanno. I Suoi punti di forza saranno la determinazione e la costanza mai toccate dallo scoramento e dalla sfiducia, e se qualche volta il timore di non essere all'altezza e la paura di non farcela prenderanno, dovrà essere abile a trasformarli in punti di forza. Come...?
Mettendosi nei panni dell'Altro, immaginando la stessa sofferenza, chiedendosi poi... che cosa vorrei per essere quasi felice nell'infelicità di un momento?
Non pretendo che una persona che sta per iniziare la chemio, e credo non sia facile il percorso che le aspetta, mi scriva delle sue condizioni, ma "evitarmi", non lo capisco. In questo momento ho dato la mia disponibilità, ma sembra che non sia ben accetta. Buona giornata dolce Mary.
RispondiEliminaNon prendertela, Ale. Per il momento la Persona si è chiusa a riccio. Non ha ancora accettato la malattia. L'accettazione è alla base di ogni richiesta. Anche tacita.
EliminaUn bacio.
Mary