E non saranno sufficienti Disponibilità ed Altruismo, che pure sono qualità basilari, per diventare un bravo volontario. O meglio... fino agli inizi degli anni '80, bastavano pure, in aggiunta ad una buona dote di sensibilità, poi fu la Lega contro i Tumori di Milano ad istituire nel 1984 la Scuola di Formazione del Volontariato in Oncologia, mettendo a punto un modello formativo che è stato in seguito adottato da molte associazioni.
La Formazione del Volontario mira a riconoscere i limiti naturali della Persona, confermarne gli intenti, imparare ad agire nell'ambito di un contesto associativo mettendo a disposizione le proprie competenze in dote ed acquisite.
Si va così ad utilizzare la propria esperienza come stimolo alla crescita personale, emotiva, mentale e spirituale. Riconoscere sensazioni e fantasie di rifiuto per non soccombere ad esse. Riconoscere in sé sentimenti di impotenza e di incapacità per poterli accettare. Stimolare in sé la consapevolezza di essere in grado di contribuire positivamente. Favorire il conseguimento degli obiettivi della propria associazione. Comprendere i possibili significati e le funzioni della sofferenza nel malato e nell'uomo. Affrontare ed ascoltare il proprio timore della morte. Sperimentare appagamento e pace di fronte alla perdita, attribuendo significato al proprio operato. Riconoscere i propri pregiudizi per considerare l'Altro distinto da sé, che resta sempre e comunque degno di rispetto e speranza condivisa.
Un volontario dopo una seria formazione che lo porterà ad essere anche sufficientemente informato sui vari aspetti della patologia, i diritti dei pazienti, e i numerosi risvolti psicologici, sarà consapevole di evolvere mediante la propria esperienza, tollerante verso la frustrazione, sereno anche nelle situazioni difficili, presente nella compassione e condivisione pure di fronte all'impotenza. Infine... empatico ma distaccato, ovvero capace di farsi carico della sofferenza altrui restando lucido e presente a se stesso. Perché guai se così non fosse, sarebbe coinvolto a tal punto da fare danno generale, annullando il buon intento di partenza, mettendo a rischio pure in modo serio il proprio equilibrio.
La Formazione del Volontario mira a riconoscere i limiti naturali della Persona, confermarne gli intenti, imparare ad agire nell'ambito di un contesto associativo mettendo a disposizione le proprie competenze in dote ed acquisite.
Si va così ad utilizzare la propria esperienza come stimolo alla crescita personale, emotiva, mentale e spirituale. Riconoscere sensazioni e fantasie di rifiuto per non soccombere ad esse. Riconoscere in sé sentimenti di impotenza e di incapacità per poterli accettare. Stimolare in sé la consapevolezza di essere in grado di contribuire positivamente. Favorire il conseguimento degli obiettivi della propria associazione. Comprendere i possibili significati e le funzioni della sofferenza nel malato e nell'uomo. Affrontare ed ascoltare il proprio timore della morte. Sperimentare appagamento e pace di fronte alla perdita, attribuendo significato al proprio operato. Riconoscere i propri pregiudizi per considerare l'Altro distinto da sé, che resta sempre e comunque degno di rispetto e speranza condivisa.
Un volontario dopo una seria formazione che lo porterà ad essere anche sufficientemente informato sui vari aspetti della patologia, i diritti dei pazienti, e i numerosi risvolti psicologici, sarà consapevole di evolvere mediante la propria esperienza, tollerante verso la frustrazione, sereno anche nelle situazioni difficili, presente nella compassione e condivisione pure di fronte all'impotenza. Infine... empatico ma distaccato, ovvero capace di farsi carico della sofferenza altrui restando lucido e presente a se stesso. Perché guai se così non fosse, sarebbe coinvolto a tal punto da fare danno generale, annullando il buon intento di partenza, mettendo a rischio pure in modo serio il proprio equilibrio.
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