martedì 4 aprile 2017

COME AIUTARSI? (sull'onda delle emozioni)


Ultimo incontro del GAMA prima delle festività pasquali, all'insegna dell'Accettazione e dell'Apertura. Doveva essere occasione di approfondimento della tecnica ACT nella relazione di cura, si è alla fine risolto con l'opportunità per alcuni di Noi, ma comunque con il coinvolgimento totale di Tutti, di mettersi a nudo completamente. Sofferenze, problematiche, difficoltà e strategie riguardanti la patologia che tra le tante ancora spaventa di più.
Già, purtroppo non c'è nulla da fare, il Cancro... solo nel pronunciarne il termine... evoca morte e perdita di speranza, quindi... grande paura. Dal momento della diagnosi, si fissano nella mente tre parole. IO SONO MALATO (fusione cognitiva). E ci si identifica con la malattia e le sue conseguenze. Ovvero, sentirsi orrendo e penalizzato a tal punto da non vivere pienamente e non mettere in atto ciò che si desidera. E' chiaro che, in assenza di grave sofferenza fisica, non è la malattia ad essere di ostacolo bensì il soggetto stesso che amplifica sensazioni ed emozioni, spingendosi oltre il momento che vive.
Tutto questo quando la malattia è presente, in atto nella Nostra vita. Quando invece solo l'idea lambisce la mente, oppure è diventata parte di un passato impossibile da dimenticare, con il pensiero ricorrente di un eventuale ritorno, proviamo mai ad immaginare il Nostro atteggiamento nella condizione di massima fragilità fisica e psicologica?
Questa la domanda che ci è stata posta dallo psiconcologo. E da quel momento in poi si è accesa la "discussione", sfociata poi in un "outing" dopo l'altro, col racconto di storie ed esperienze che evidenziano nella diversità degli atteggiamenti e delle reazioni, l'unico punto in comune. La tendenza a superare in ogni modo e con qualsiasi strategia i momenti più critici.
Qualcuno ha affermato che l'"allenamento" a pensare se stesso nel dolore non poteva essere valido e nemmeno comprensibile, al massimo sarebbe stato di "conforto" pensando ad altri in condizioni peggiori. Altri hanno espresso la volontà di dimenticare il peggio vissuto e non pensare all'eventualità futura, ma ringraziare per l'identità ritrovata. Un paziente ha sottolineato le Sue difficoltà oggettive nella quotidianità a causa di una mutilazione, su cui impossibile sorvolare perché evidente.
E poi ci sono stati altri interventi, compreso il mio, perché certi stati d'animo, anche a distanza di tempo e in particolari condizioni, riacquistano l'immediatezza di una ferita in fondo sempre aperta.
Quello che però ha colpito di più è stata la testimonianza di una persona che dopo quasi cinque anni non aveva messo in conto la possibilità di un ritorno della malattia. L'ha scoperto per caso, e non voleva crederci. Se ci sono state altrui responsabilità precise per superficialità o quant'altro non si può dire, né servirebbe saperlo a questo punto. Ciò che serve è non disperdere le energie indispensabili per "focalizzare" il problema e darsi da fare. La casualità, il destino, un percorso stabilito già nel DNA... è questo che avviene. Gli altri esseri umani che ci ruotano intorno sono responsabili solamente perché sono parte della stessa realtà.

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