Quando mi si dice che assomiglio a mia madre, è una grande gioia, è una soddisfazione, come fossi l'esito di un buon lavoro.
È sempre stato così, è segno di continuità, quasi portassi in me e fosse visibile la Sua testimonianza. Ovviamente non si tratta solo di somiglianza fisica, anche se basterebbe questa per farmi sentire unica dopo di Lei.
Ho sempre tenuto a seguirne l'esempio, a ritenere il meglio della Sua esperienza, a comprendere il perché di certe scelte.
Mia madre negli ultimi mesi di vita aveva preso a mangiare solo pane e insalata. Quando le portavano pranzo e cena in ospedale, si faceva dare il panino, apriva la vaschetta dell'insalata... e poi ci pensava da sola a preparare il tutto e gustarselo a gran morsi.
Solo quello... pane e insalata.
E a Noi che la guardavamo stupiti, raccontava che era una Sua antica passione, quando da bambina insieme con la mamma e i nonni, da sfollati preparavano il pane in casa e poi raccoglievano l'insalata nell'orto, e spesso il loro pranzo era tutto lì. Tranne quando il pane diventava duro come pietra, e allora si faceva il "pancotto con le verdure", erbette, cicoria, rucola sempre dello stesso campicello.
La mia mamma aveva l'arte del narrare... anche le storie più difficili e tristi diventavano favole e novelle, a volte dei veri e propri romanzi brevi.
Lei ricordava tutto e tutti, e amava condividere quelle esperienze passate, vissute con la semplicità che rasserena.
Come la vicenda del maialino Campasolo, da lei allevato, accudito e strigliato alla fontana ogni giorno... o del passerotto che svolazzava libero in casa inseguito dalla gatta Mariolina, sorniona e lesta a fermarsi una volta scoperta in posizione di agguato... e poi tante altre.
C'era sempre qualcosa da imparare e ritenere in ciò che raccontava. Se ne sentiva il profumo e il calore, persino il sapore.
Come per me, il gusto che fu suo... di pane e insalata.
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