
Punto di partenza sono le parole che ho ascoltato durante l'omelia odierna. Una frase soprattutto... il perché della sofferenza, di tanta sofferenza che non si spiega.
Perché...? Perché ci sono i peccati da scontare.
Mi si sono rizzati i capelli. Potrò pure non avere ragione, resta il fatto che non condivido tale opinione, anzi la reputo di stampo terroristico. Antiquata, inutile e fuorviante. E del "Padre misericordioso" della scorsa domenica che ne è stato? Lo hanno fatto imboscare?
Credo che ad allontanare l'uomo dalla Chiesa, sia la Chiesa stessa con tante contraddizioni. Dice di accogliere e si mostra selettiva, di perdonare e poi si pone in atteggiamento di giudizio categorico e condanna.
Posso dire la mia? Magari sbaglio, ma so per certo perché provato a pelle sulla mia pelle, che pensarla e viverla così come dirò mi ha fatto accettare sofferenza e conseguenze, ne ha dato spiegazione persino logica, e alla fine ha ridimensionato a tal punto il dolore residuo, trasformandolo in gioia. E non è eresia.
La sofferenza nasce dalla natura stessa dell'essere umano, creatura complessa nel fisico e imprevedibile per mente ed animo, nell'insieme fragile e di continuo a rischio. Indifeso quindi da se stesso. Cade tante volte ma altrettante si rialza, ed ognuna è un'opportunità che se vorrà saprà cogliere. Ha potenzialità e strumenti per farlo, e sarà semplice conquista su se stesso se non va oltre, e invece tassello di un progetto se intuisce fortemente che c'è la mano di Dio. E non sarebbe questa forse gioia grande?
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