Emoticon heart
Vado in giro per il web e un po' tra le "mie righe" quando ho da preparare i "fiocchi di tenerezza" quindicinali. Trovo tanti pensieri davvero molto belli, e alcuni restano tra i miei come valore aggiunto al continuo riflettere e scavarmi dentro.
Leggete questo, ad esempio...
Leggete questo, ad esempio...
"La speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose, e le cose buone non muoiono mai"
(Le ali della libertà)
(Le ali della libertà)
Non è come leggere... speranza al quadrato?
Perché non può essere che il persistere di essa a spingere oltre il pensabile. E si trasforma in coraggio, audacia quasi amore del rischio.
Ed è innegabile... il rischio c'è ed è grosso, quello di andare oltre e sfondare la barriera dell'incoscienza.
Un po' quello che succede quando t'immergi in mare, sai nuotare ma fino a quel momento non sei mai andato oltre la boa, "prudentemente" non ti sei inoltrato. Poi prendi coraggio perché senti tutta la forza ad animarti e lo fai... vai avanti e ad un certo punto ti accorgi che manca il respiro.
Due sono allora le possibilità... ritornare indietro, velocemente ma rischiando di non farcela lo stesso, oppure rilassarsi e prender fiato e consapevolezza dei propri limiti.
Come per un pesciolino rosso dopo aver provato a sentirsi squalo in mare aperto, certo invece di nuotare in una boccia di vetro, così sarà possibile ridimensionarsi e dopo un po' fare ritorno a grandi bracciate, sapendo con sicurezza fino a che punto osare.
Non sarebbe... arrendersi, ma riprendere quel po' di forza dopo aver lasciato andare la paura.
Le "storie" che ascolto, il "ricordo" degli Amici tra "quelli che contano" che non ce l'hanno fatta in questa dura battaglia per la Vita, a volte... lo confesso... mi tolgono il respiro e paradossalmente mi verrebbe voglia di tapparmi le orecchie con un cuscino quasi fossi in mezzo ad un vociare caotico ed assordante. Di fronte alla debolezza e precarietà dell'essere umano, sentendomi ancora viva e forte comincerei a correre quasi a perdifiato perché l'aria possa ferirmi il viso e provare dolore... un dolore semplice, normale... un test di percezione e sensibilità.
Questo vorrei per me... a volte.
Poi mi fermo a pensare... a che cosa servirebbe non udire e vedere, non conoscere una realtà in cui mi sono ritrovata, ho voluto restare per non avere da angosciarmi un "eventuale domani"?
Ho creduto di esserne capace e mi sono inoltrata... non me ne pento, ma devo accettare anche quando il mio Cuore soffre e non si capacita di altra e più grande sofferenza che appare persino ingiusta al più convinto dei credenti.
Se mi sento quasi in colpa per l'essere stata messa in un angolo dalla malattia... devo sforzarmi di pensare che per me, almeno al momento è riservato un altro tipo di procedere... fare un percorso con Altri come sostegno, un esempio di speranza "concreta" che si vede... è di carne ed ossa, e alterna lacrime e sorrisi.
Perché... ahimè, quando mi commuovo non posso trattenere il pianto e a Chi mi dice... come, piangi anche Tu?... rispondo col sorriso... certo, ma è già passato, vedi? Ora non piango più.
Perché non può essere che il persistere di essa a spingere oltre il pensabile. E si trasforma in coraggio, audacia quasi amore del rischio.
Ed è innegabile... il rischio c'è ed è grosso, quello di andare oltre e sfondare la barriera dell'incoscienza.
Un po' quello che succede quando t'immergi in mare, sai nuotare ma fino a quel momento non sei mai andato oltre la boa, "prudentemente" non ti sei inoltrato. Poi prendi coraggio perché senti tutta la forza ad animarti e lo fai... vai avanti e ad un certo punto ti accorgi che manca il respiro.
Due sono allora le possibilità... ritornare indietro, velocemente ma rischiando di non farcela lo stesso, oppure rilassarsi e prender fiato e consapevolezza dei propri limiti.
Come per un pesciolino rosso dopo aver provato a sentirsi squalo in mare aperto, certo invece di nuotare in una boccia di vetro, così sarà possibile ridimensionarsi e dopo un po' fare ritorno a grandi bracciate, sapendo con sicurezza fino a che punto osare.
Non sarebbe... arrendersi, ma riprendere quel po' di forza dopo aver lasciato andare la paura.
Le "storie" che ascolto, il "ricordo" degli Amici tra "quelli che contano" che non ce l'hanno fatta in questa dura battaglia per la Vita, a volte... lo confesso... mi tolgono il respiro e paradossalmente mi verrebbe voglia di tapparmi le orecchie con un cuscino quasi fossi in mezzo ad un vociare caotico ed assordante. Di fronte alla debolezza e precarietà dell'essere umano, sentendomi ancora viva e forte comincerei a correre quasi a perdifiato perché l'aria possa ferirmi il viso e provare dolore... un dolore semplice, normale... un test di percezione e sensibilità.
Questo vorrei per me... a volte.
Poi mi fermo a pensare... a che cosa servirebbe non udire e vedere, non conoscere una realtà in cui mi sono ritrovata, ho voluto restare per non avere da angosciarmi un "eventuale domani"?
Ho creduto di esserne capace e mi sono inoltrata... non me ne pento, ma devo accettare anche quando il mio Cuore soffre e non si capacita di altra e più grande sofferenza che appare persino ingiusta al più convinto dei credenti.
Se mi sento quasi in colpa per l'essere stata messa in un angolo dalla malattia... devo sforzarmi di pensare che per me, almeno al momento è riservato un altro tipo di procedere... fare un percorso con Altri come sostegno, un esempio di speranza "concreta" che si vede... è di carne ed ossa, e alterna lacrime e sorrisi.
Perché... ahimè, quando mi commuovo non posso trattenere il pianto e a Chi mi dice... come, piangi anche Tu?... rispondo col sorriso... certo, ma è già passato, vedi? Ora non piango più.
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