Amo il contatto fisico, non invadente, affatto a sproposito, spontaneo e naturale. Il tocco delicato di una carezza, stringere la mano, cingere le spalle per sorreggere ed accompagnare. La forza di un abbraccio per non sentirsi soli.
Potrei finirla qui, con poche parole che esprimono la carica vitale in una relazione difficile, complicata dal dolore e dall'incertezza, necessaria perché si possa continuare a sperare. Illudersi, direbbe qualcuno, penso che a tratti possa andare pure l'illusione perché non si perda la forza di lottare.
Altre volte ho scritto dell'abbraccio, la massima espressione del contatto fisico oltre la fisicità. David Grossman nel Suo libretto dall'omonimo titolo, gli attribuisce la virtù di annullare la solitudine unendo due esseri unici e speciali. Trasmette forza, aggiungo, riporta l'equilibrio quando pare tutto perso, è come riuscire a non far cadere un corpo che imprevedibilmente si abbandona.
Rileggo ciò che ho scritto e mi stupisco. Devo crederci davvero in questa sorta di "magia dell'abbraccio" se estemporanee arrivano tali immagini come tocchi di colore. E non è retorica, perché davvero dispenso abbracci pure a semplici conoscenze, di fronte a sguardi stupefatti che comunque non si tirano indietro. Vuol dire che non è proprio sbagliato.
Dentro un abbraccio... cioè quel che puoi trovarci, era il contenuto di uno dei miei soliti fiocchetti, rosso per la precisione...
- E' il mio colore, in tutte le mie scelte c'è almeno una nota di rosso. Voglio il rosso...
Così ho fatto scivolare il nodo stretto del nastrino e aperto la piccola pergamena...
"Dentro un abbraccio puoi piangere e ridere, trovare il calore che manca".
E' superfluo dire quanto sia stato appropriato in quel momento e per la situazione, e per giunta non ho dovuto neppure pensarci mezzo secondo prima di poter dare l'abbraccio che serviva a dirsi grazie per questa volta, e a darsi appuntamento per altre ancora.
Potrei finirla qui, con poche parole che esprimono la carica vitale in una relazione difficile, complicata dal dolore e dall'incertezza, necessaria perché si possa continuare a sperare. Illudersi, direbbe qualcuno, penso che a tratti possa andare pure l'illusione perché non si perda la forza di lottare.
Altre volte ho scritto dell'abbraccio, la massima espressione del contatto fisico oltre la fisicità. David Grossman nel Suo libretto dall'omonimo titolo, gli attribuisce la virtù di annullare la solitudine unendo due esseri unici e speciali. Trasmette forza, aggiungo, riporta l'equilibrio quando pare tutto perso, è come riuscire a non far cadere un corpo che imprevedibilmente si abbandona.
Rileggo ciò che ho scritto e mi stupisco. Devo crederci davvero in questa sorta di "magia dell'abbraccio" se estemporanee arrivano tali immagini come tocchi di colore. E non è retorica, perché davvero dispenso abbracci pure a semplici conoscenze, di fronte a sguardi stupefatti che comunque non si tirano indietro. Vuol dire che non è proprio sbagliato.
Dentro un abbraccio... cioè quel che puoi trovarci, era il contenuto di uno dei miei soliti fiocchetti, rosso per la precisione...
- E' il mio colore, in tutte le mie scelte c'è almeno una nota di rosso. Voglio il rosso...
Così ho fatto scivolare il nodo stretto del nastrino e aperto la piccola pergamena...
"Dentro un abbraccio puoi piangere e ridere, trovare il calore che manca".
E' superfluo dire quanto sia stato appropriato in quel momento e per la situazione, e per giunta non ho dovuto neppure pensarci mezzo secondo prima di poter dare l'abbraccio che serviva a dirsi grazie per questa volta, e a darsi appuntamento per altre ancora.
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