Interessante incontro quello di stasera che ha visto come relatrice la Nostra Amica life coach, Tiziana. Con la chiarezza che la contraddistingue ha trattato di "Credenze e Convinzioni", ovvero dei giudizi e delle valutazioni su Noi stessi, sugli Altri e sul mondo.
Sono esse una componente indispensabile della Nostra "struttura profonda" e creano le "strutture superficiali" dei pensieri, parole e azioni che ci riguardano. Secondo le convinzioni si interpretano gli eventi, se ne dà un significato e in base a questo quasi in automatico è deciso il comportamento in un senso invece che in un altro. Quindi costituiscono in un certo senso un "condizionamento".
Significativo ed appropriato è l'esempio dell' "Elefante e la cordicella".
Si narra di un grande elefante che si trova legato da una cordicella sottile sottile ad un paletto. Un bambino osserva stupito l’enorme animale che, pur avendo la possibilità di fuggire, liberandosi dalla corda, se ne sta invece tranquillo. In assenza di risposte chiare da parte degli adulti sul perché questo accada, quello stesso bambino, diventato grande, scopre che la risposta risiede nel fatto che l’elefante era stato legato con quella medesima corda a quel paletto quando era molto piccolo, ed invano aveva provato a liberarsi, fino a che aveva rinunciato, credendolo impossibile. Ora che era cresciuto, ancora condizionato dai tanti fallimenti passati, la sua credenza di essere incapace di liberarsi da quella cordicella, faceva sì che non ci provasse nemmeno.
Come nel caso dell’elefantino, anche in noi essere umani, i pensieri ripetuti più e più volte contribuiscono a far nascere le credenze. E quando tali credenze si radicano in noi, diventano vere e proprie certezze del nostro inconscio, fino a trasformarsi in realtà, determinando il nostro modo di agire e di comportarci.
Le nostre credenze limitanti sono come la corda di quell’elefantino, dunque, e ci legano ad un palo immaginario impedendoci di percorrere la nostra strada. Raggiungere il successo e, soprattutto, la serenità, passa attraverso l’eliminazione di tali blocchi interiori, nati dalle nostre esperienze passate e presenti, e di tutto ciò che, pur esistendo solo nei nostri pensieri, ci impedisce di progredire,
Sbarazzarci delle credenze limitanti, dopo averle riconosciute, sostituendole con pensieri potenzianti e positivi, è quanto di più produttivo possiamo fare per noi stessi in ogni occasione della vita. Anche in un contesto di grave patologia, quando già al momento della diagnosi quasi inconsciamente si è portati a sbarrare il futuro. In seguito ci si augura che la Mente riesca a liberarsi dal blocco delle credenze ataviche trasmesse dalle esperienze altrui, e se ne faccia delle proprie che per istinto di sopravvivenza risulteranno non più limitanti ma potenziate verso l'obiettivo della "guarigione".
Di qui... atteggiamenti, pensieri, persino postura che indicano positività. La malattia viene affrontata di petto nel vero senso della parola, non piegati su se stessi, e col volto sorridente. Un'immagine totalmente diversa da quella solita del malato grave che lotta per una "breve sopravvivenza". Egli deve poter guardarsi allo specchio e convincersi che dopo tutto non sono significativi quei mutamenti che vede, e che comunque dipende anche da lui migliorarli in qualche modo.
Ricordo che il periodo peggiore della mia malattia furono quei due mesi che precedettero la consapevolezza che fosse toccata anche a me. Non accettavo perché convinta che nell'eventualità avrei potuto non farcela.
E lo specchio rifletteva proprio quell'immagine. Dopo la diagnosi, un ideale scatto di reni, determinato da una gran voglia di vivere, mi portò a cambiare "convinzione". Cominciai a camminare bella dritta su quel percorso, sempre col sorriso. Sorriso che prima di allora e in tempi non sospetti era stato raro e scarso, credendo erroneamente che per sorridere dovevano esserci "seri motivi".
Sono esse una componente indispensabile della Nostra "struttura profonda" e creano le "strutture superficiali" dei pensieri, parole e azioni che ci riguardano. Secondo le convinzioni si interpretano gli eventi, se ne dà un significato e in base a questo quasi in automatico è deciso il comportamento in un senso invece che in un altro. Quindi costituiscono in un certo senso un "condizionamento".
Significativo ed appropriato è l'esempio dell' "Elefante e la cordicella".
Si narra di un grande elefante che si trova legato da una cordicella sottile sottile ad un paletto. Un bambino osserva stupito l’enorme animale che, pur avendo la possibilità di fuggire, liberandosi dalla corda, se ne sta invece tranquillo. In assenza di risposte chiare da parte degli adulti sul perché questo accada, quello stesso bambino, diventato grande, scopre che la risposta risiede nel fatto che l’elefante era stato legato con quella medesima corda a quel paletto quando era molto piccolo, ed invano aveva provato a liberarsi, fino a che aveva rinunciato, credendolo impossibile. Ora che era cresciuto, ancora condizionato dai tanti fallimenti passati, la sua credenza di essere incapace di liberarsi da quella cordicella, faceva sì che non ci provasse nemmeno.
Come nel caso dell’elefantino, anche in noi essere umani, i pensieri ripetuti più e più volte contribuiscono a far nascere le credenze. E quando tali credenze si radicano in noi, diventano vere e proprie certezze del nostro inconscio, fino a trasformarsi in realtà, determinando il nostro modo di agire e di comportarci.
Le nostre credenze limitanti sono come la corda di quell’elefantino, dunque, e ci legano ad un palo immaginario impedendoci di percorrere la nostra strada. Raggiungere il successo e, soprattutto, la serenità, passa attraverso l’eliminazione di tali blocchi interiori, nati dalle nostre esperienze passate e presenti, e di tutto ciò che, pur esistendo solo nei nostri pensieri, ci impedisce di progredire,
Sbarazzarci delle credenze limitanti, dopo averle riconosciute, sostituendole con pensieri potenzianti e positivi, è quanto di più produttivo possiamo fare per noi stessi in ogni occasione della vita. Anche in un contesto di grave patologia, quando già al momento della diagnosi quasi inconsciamente si è portati a sbarrare il futuro. In seguito ci si augura che la Mente riesca a liberarsi dal blocco delle credenze ataviche trasmesse dalle esperienze altrui, e se ne faccia delle proprie che per istinto di sopravvivenza risulteranno non più limitanti ma potenziate verso l'obiettivo della "guarigione".
Di qui... atteggiamenti, pensieri, persino postura che indicano positività. La malattia viene affrontata di petto nel vero senso della parola, non piegati su se stessi, e col volto sorridente. Un'immagine totalmente diversa da quella solita del malato grave che lotta per una "breve sopravvivenza". Egli deve poter guardarsi allo specchio e convincersi che dopo tutto non sono significativi quei mutamenti che vede, e che comunque dipende anche da lui migliorarli in qualche modo.
Ricordo che il periodo peggiore della mia malattia furono quei due mesi che precedettero la consapevolezza che fosse toccata anche a me. Non accettavo perché convinta che nell'eventualità avrei potuto non farcela.
E lo specchio rifletteva proprio quell'immagine. Dopo la diagnosi, un ideale scatto di reni, determinato da una gran voglia di vivere, mi portò a cambiare "convinzione". Cominciai a camminare bella dritta su quel percorso, sempre col sorriso. Sorriso che prima di allora e in tempi non sospetti era stato raro e scarso, credendo erroneamente che per sorridere dovevano esserci "seri motivi".
Ciao e buon 8 maggio cara amica con un forte abbraccio e un sorriso:-)
RispondiEliminaTomaso
Oggi ho fatto degli esami, speriamo bene Mary. Serena giornata.
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