Al ritorno a casa dall'ospedale, in famiglia parlo degli incontri che ho fatto. Nello specifico rispondo alla domanda... Chi hai visto oggi? Un po' come succedeva un tempo, ai miei tempi quando nei giorni fissati per la terapia le persone erano più o meno le stesse. Mi si faceva la domanda per distrarmi, perché non pensassi ai disagi vari, la nausea e tutto il resto. E in realtà non ce n'era affatto bisogno dal momento che io ero sempre un fiume in piena nel raccontare, condividere, quasi sceneggiare ogni incontro di quelle mattine, riportare minuziosamente persino le conversazioni. Allora facevo pure i nomi, perché eravamo come una grande famiglia allargata e i miei, loro malgrado, si erano abituati a sentirsene parte. Oggi è diverso. Racconto la "situazione", e poi mi fermo. Nessun dato anagrafico, alcun particolare. Per rispetto alla dignità della persona, per non suscitare compassione. Solo la grandezza, il coraggio di Chi non si arrende. Qualche volta la stanchezza che prende, porta a piegarsi sulle ginocchia e poi rialzarsi di scatto. Parlo di questo, e lo faccio pure spesso con una punta di stizza, come risposta a quelle lamentele immotivate, al preoccuparsi per cose di quotidiana normalità, contrarietà, fastidi, pseudo ingiustizie. Tutto questo mi irrita e mi "vendico" così.
Sarò cattiva? Beh, me lo permetto e poi mi assolvo, perché io non ho rimosso.
Non ho rimosso l'ansia e l'angosciante attesa di vedere la prima ciocca di capelli tra le mani, il non riconoscere il mio sguardo nello specchio, il "bruciore rosso" nelle vene. E poi tutto il resto.
Sai che proprio non mi ricordo di te senza capelli?
Strano, eppure mi dicevi... mi piaci lo stesso, se non di più. Forse era una pietosa bugia, soprattutto in certi momenti che dovevano essere i più belli, quando la parrucca non ci stava e le lacrime scendevano lente e fredde.
Mamma, non aver paura, ce la faremo. Insieme.
Un messaggio breve ma pieno di speranza, perché annullava il vuoto del momento e diradava la nebbia ai lati che mi faceva da paraocchi. Anche Tu, hai dimenticato...
Davvero, l'ho scritto? Non me lo ricordo più.
Nel bene e nel male, per Voi è come non fosse successo niente. Avete rimosso per allontanare l'evento e non tornare a soffrire.
Io non posso permettermelo, per contrastare le folate di vento all'improvviso, che tornano un po' alla volta, prima piano simili a spifferi malandrini. Devo essere lesta a chiudere le porte. Non posso distrarmi. Non posso rimuovere.
Sarò cattiva? Beh, me lo permetto e poi mi assolvo, perché io non ho rimosso.
Non ho rimosso l'ansia e l'angosciante attesa di vedere la prima ciocca di capelli tra le mani, il non riconoscere il mio sguardo nello specchio, il "bruciore rosso" nelle vene. E poi tutto il resto.
Sai che proprio non mi ricordo di te senza capelli?
Strano, eppure mi dicevi... mi piaci lo stesso, se non di più. Forse era una pietosa bugia, soprattutto in certi momenti che dovevano essere i più belli, quando la parrucca non ci stava e le lacrime scendevano lente e fredde.
Mamma, non aver paura, ce la faremo. Insieme.
Un messaggio breve ma pieno di speranza, perché annullava il vuoto del momento e diradava la nebbia ai lati che mi faceva da paraocchi. Anche Tu, hai dimenticato...
Davvero, l'ho scritto? Non me lo ricordo più.
Nel bene e nel male, per Voi è come non fosse successo niente. Avete rimosso per allontanare l'evento e non tornare a soffrire.
Io non posso permettermelo, per contrastare le folate di vento all'improvviso, che tornano un po' alla volta, prima piano simili a spifferi malandrini. Devo essere lesta a chiudere le porte. Non posso distrarmi. Non posso rimuovere.
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