Come si cambia per non morire... afferma una famosa canzone, e quante volte mi ritrovo a ripeterlo a me stessa quando scopro una "nota" che non c'era. O magari era nascosta tra le righe di un pentagramma che andava sbiadendo. La mia vita come uno spartito musicale... mi piace questa definizione, venuta su al momento, assolutamente estemporanea. Immagine poetica che spiega bene ciò che sembra essere stato un cambiamento improvviso di tonalità o ritmo. Da un'aria all'altra in un crescendo rossiniano che ancora non accenna a finire.
Ieri, domenica particolarissima di silenzio, dedicata solo a riflessioni e pensieri, sollecitata ho cercato, trovato e pubblicato una mia foto "antica". Avevo 25 anni ed era una delle poche volte che sorridevo. Mi sono guardata e piaciuta. Ma perché ero così tirchia con me stessa? Cerco di fare mente locale ma non trovo risposta, certo è passato molto tempo, però qualcosa potrei ricavare da quel che sono ora, esattamente il contrario, sorridente sempre, per vari gradi anche quando non c'è motivo. Perché poi dovrebbe esserci un motivo specifico, quando è sufficiente esserci Noi stessi?
E il primo quesito ha trovato naturalmente soluzione esaustiva.
E se all'epoca ero scarsa in sorriso per carenza di "buoni motivi", di contro dovevo averne davvero tanti e di pessimi per meritare il soprannome di... "lacrima facile".
Piangevo per lamento, di stizza, rabbia con me stessa ma pure per nostalgia, malinconia e persino per gioia. Mio padre... giusto per tirarmi su... non mi risparmiava, alternando a "lacrima facile" altri appellativi, tipo "pianto greco" e ancor peggio, "Maria lacrimosa", nome da Via Crucis. Mi convinsi così che le lacrime fossero la mia peculiarità, e più me lo facevano notare, sempre più spesso mi veniva da piangere, anche se avrei voluto replicare, contrastare, sfatare quella che era diventata ormai una "credenza" comune in famiglia ed altrove. Ci rinunciai una volta per tutte.
Poi fu quel che mi accadde, e di conseguenza ciò che sono. Oggi sorrido in primis, rido pure di gusto... e piango ancora. Ma in modo diverso. Solo io conosco le mie lacrime e il loro "perché".
Lacrime e sorrisi sono in così rapida successione quasi da confondersi, indiscutibili prove di sentimenti che pur contrastanti lasciano un segno di positività.
Niente è del tutto negativo e a colmare l'innegabile vuoto c'è sempre il conforto dei bei ricordi.
Dal mio dolore e dalla tristezza da cui a volte sono presa, ricavo positività contagiosa.
Perché mi nutro del pensiero che il brutto passa sempre, e presto torna l'arcobaleno.
Ieri, domenica particolarissima di silenzio, dedicata solo a riflessioni e pensieri, sollecitata ho cercato, trovato e pubblicato una mia foto "antica". Avevo 25 anni ed era una delle poche volte che sorridevo. Mi sono guardata e piaciuta. Ma perché ero così tirchia con me stessa? Cerco di fare mente locale ma non trovo risposta, certo è passato molto tempo, però qualcosa potrei ricavare da quel che sono ora, esattamente il contrario, sorridente sempre, per vari gradi anche quando non c'è motivo. Perché poi dovrebbe esserci un motivo specifico, quando è sufficiente esserci Noi stessi?
E il primo quesito ha trovato naturalmente soluzione esaustiva.
E se all'epoca ero scarsa in sorriso per carenza di "buoni motivi", di contro dovevo averne davvero tanti e di pessimi per meritare il soprannome di... "lacrima facile".
Piangevo per lamento, di stizza, rabbia con me stessa ma pure per nostalgia, malinconia e persino per gioia. Mio padre... giusto per tirarmi su... non mi risparmiava, alternando a "lacrima facile" altri appellativi, tipo "pianto greco" e ancor peggio, "Maria lacrimosa", nome da Via Crucis. Mi convinsi così che le lacrime fossero la mia peculiarità, e più me lo facevano notare, sempre più spesso mi veniva da piangere, anche se avrei voluto replicare, contrastare, sfatare quella che era diventata ormai una "credenza" comune in famiglia ed altrove. Ci rinunciai una volta per tutte.
Poi fu quel che mi accadde, e di conseguenza ciò che sono. Oggi sorrido in primis, rido pure di gusto... e piango ancora. Ma in modo diverso. Solo io conosco le mie lacrime e il loro "perché".
Lacrime e sorrisi sono in così rapida successione quasi da confondersi, indiscutibili prove di sentimenti che pur contrastanti lasciano un segno di positività.
Niente è del tutto negativo e a colmare l'innegabile vuoto c'è sempre il conforto dei bei ricordi.
Dal mio dolore e dalla tristezza da cui a volte sono presa, ricavo positività contagiosa.
Perché mi nutro del pensiero che il brutto passa sempre, e presto torna l'arcobaleno.
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