Ma è cosa che si sa, non è nuova... penso e scrivo, e poiché col tempo e ancor più con l'esercizio i pensieri scorrono veloci come nuvole rosate nel cielo di primavera, scrivo di getto. Eppure quando rileggo trovo le parole per esprimere i pensieri del momento, moderate e pacate... garbate, insomma giuste. E affermo questo non per "incensarmi", non sono il tipo. Anzi.
Però mi congratulo con me stessa, riuscire ad esprimere ciò che sento, far sì che Altri possano sentirsi come mi sento io, e poi riflettere senza mettere da parte una punta di leggerezza, e alla fine scoprire la "risorsa" più importante per sé, diversa per ognuno, beh... è una bella cosa. Mi dà motivazione ad andare avanti e impegnarmi maggiormente. Anche e soprattutto quando le parole non sono scritte ma dette a voce, quando il tempo... spazio tra le emozioni... è necessariamente breve, e il rischio di dire corbellerie fuori luogo o che feriscono è molto elevato.
Ah... quante ne sento... e poi noto in Chi le ha dette pure una certa soddisfazione, convinto com'è di aver parlato giusto, magari pure aiutato. E nell'altra persona invece, prima sbigottimento a stento celato per educazione, poi indifferenza cui segue cambio d'argomento. A questo punto cala pesante l'imbarazzo.
Bisognerebbe pensare prima di parlare, ma tempo non c'è. Allora che fare...? Se provassimo a ripeterle quelle parole come fossero a Noi rivolte, chissà...
Forse scopriremmo che non sono appropriate e manco dette con la giusta modalità. Così eviteremmo il danno più frequente e grave... sconvolgere alcune certezze che aiutano ad andare avanti.
Quando proprio si vuol dire qualcosa e non si sa cosa, meglio una parola gentile e affettuosa, sui generis è vero, che non c'entra molto ovviamente, ma capace di addolcire la rabbia che dura da tempo, sedare l'ansia del momento, restituire la fiducia persa. Nel domani e soprattutto in quel prossimo che è allora vicino e rappresenta il mondo intero.
Però mi congratulo con me stessa, riuscire ad esprimere ciò che sento, far sì che Altri possano sentirsi come mi sento io, e poi riflettere senza mettere da parte una punta di leggerezza, e alla fine scoprire la "risorsa" più importante per sé, diversa per ognuno, beh... è una bella cosa. Mi dà motivazione ad andare avanti e impegnarmi maggiormente. Anche e soprattutto quando le parole non sono scritte ma dette a voce, quando il tempo... spazio tra le emozioni... è necessariamente breve, e il rischio di dire corbellerie fuori luogo o che feriscono è molto elevato.
Ah... quante ne sento... e poi noto in Chi le ha dette pure una certa soddisfazione, convinto com'è di aver parlato giusto, magari pure aiutato. E nell'altra persona invece, prima sbigottimento a stento celato per educazione, poi indifferenza cui segue cambio d'argomento. A questo punto cala pesante l'imbarazzo.
Bisognerebbe pensare prima di parlare, ma tempo non c'è. Allora che fare...? Se provassimo a ripeterle quelle parole come fossero a Noi rivolte, chissà...
Forse scopriremmo che non sono appropriate e manco dette con la giusta modalità. Così eviteremmo il danno più frequente e grave... sconvolgere alcune certezze che aiutano ad andare avanti.
Quando proprio si vuol dire qualcosa e non si sa cosa, meglio una parola gentile e affettuosa, sui generis è vero, che non c'entra molto ovviamente, ma capace di addolcire la rabbia che dura da tempo, sedare l'ansia del momento, restituire la fiducia persa. Nel domani e soprattutto in quel prossimo che è allora vicino e rappresenta il mondo intero.
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