Comincio così stasera... con "gentilezza", perché oggi più che mai penso non sia mai troppa, fa bene, riduce ansia e timori... fa sentire amati. E procede in "doppio senso non alternato", ovvero vantaggio per Chi la dona e Chi la riceve.
Se fosse presente a tutti i livelli, questo mondo andrebbe certamente meglio pur con l'imperfezione e gli errori umani. Si riuscirebbe persino ad accettare l'eventuale incertezza del futuro, se gentilmente presentata... non sarebbe incoscienza ma propensione ad aprire uno spiraglio alla speranza.
Penso a quanto mi è stato riservato solo ieri e poi ieri l'altro ancora, e ancora e ancora andando indietro nel tempo fin da allora... da "quando tutto cominciò", e presi ad accorgermene che la gentilezza è proprio un dono di quelli più importanti che "aggiustano" una vita mentre sta crollando o aiutano a trovare il verso giusto per la lettura di un foglio lungamente alla rovescia.
Vero è che non del tutto è stato "gratuito", umilmente mi predisponevo ma la cosa non era forzata perché l'arroganza da me non era di casa, un po' per indole ma anche per necessità.
Eppure ci fu un episodio che vissi con incredulità e sgomento, e proprio in un momento di grande debolezza.
Erano passate 48 ore dall'intervento di ricostruzione e venne il medico in camera per liberarmi dal drenaggio. Guardò la tabella che era appesa al letto, e senza neppure guardarmi in faccia, mi chiese o mi ingiunse a bruciapelo... oggi tornate a casa!?!
Risposi con garbo che era impossibile perché non ero in condizioni idonee... mi sentivo come mi fosse passato sopra un TIR.
E che pensavate?!... è sempre un intervento. Questa fu la sua risposta, come se avessi scelto di fare quell'operazione per "vezzo".
Quindi si apprestò per togliere il drenaggio... io ero sdraiata sul letto con le braccia lungo i fianchi, forse ritenne che non meritavo altre parole, neppure quelle indispensabili all'invito di mettere in alto il braccio destro, perché di scatto me lo alzò lui, facendolo urtare contro la spalliera del letto. Sulle prime pensai di aver sognato, poi di essere stata causa involontaria dell'accaduto... mi vergognai per lui.
Mentre la mia compagna di stanza andava ripetendo tra sé e non solo...
Fosse capitato a me, sai quante gliene dicevo sulla faccia!?
Pensai... allora è tutto vero... e questa volta di lui provai gran pena.
Concludo con un pensiero che trovo calzi a pennello, è di persona degna di fede, Madre Teresa di Calcutta...
"Preferirei commettere degli errori con gentilezza e compassione, piuttosto che operare miracoli con scortesia e durezza".
Se fosse presente a tutti i livelli, questo mondo andrebbe certamente meglio pur con l'imperfezione e gli errori umani. Si riuscirebbe persino ad accettare l'eventuale incertezza del futuro, se gentilmente presentata... non sarebbe incoscienza ma propensione ad aprire uno spiraglio alla speranza.
Penso a quanto mi è stato riservato solo ieri e poi ieri l'altro ancora, e ancora e ancora andando indietro nel tempo fin da allora... da "quando tutto cominciò", e presi ad accorgermene che la gentilezza è proprio un dono di quelli più importanti che "aggiustano" una vita mentre sta crollando o aiutano a trovare il verso giusto per la lettura di un foglio lungamente alla rovescia.
Vero è che non del tutto è stato "gratuito", umilmente mi predisponevo ma la cosa non era forzata perché l'arroganza da me non era di casa, un po' per indole ma anche per necessità.
Eppure ci fu un episodio che vissi con incredulità e sgomento, e proprio in un momento di grande debolezza.
Erano passate 48 ore dall'intervento di ricostruzione e venne il medico in camera per liberarmi dal drenaggio. Guardò la tabella che era appesa al letto, e senza neppure guardarmi in faccia, mi chiese o mi ingiunse a bruciapelo... oggi tornate a casa!?!
Risposi con garbo che era impossibile perché non ero in condizioni idonee... mi sentivo come mi fosse passato sopra un TIR.
E che pensavate?!... è sempre un intervento. Questa fu la sua risposta, come se avessi scelto di fare quell'operazione per "vezzo".
Quindi si apprestò per togliere il drenaggio... io ero sdraiata sul letto con le braccia lungo i fianchi, forse ritenne che non meritavo altre parole, neppure quelle indispensabili all'invito di mettere in alto il braccio destro, perché di scatto me lo alzò lui, facendolo urtare contro la spalliera del letto. Sulle prime pensai di aver sognato, poi di essere stata causa involontaria dell'accaduto... mi vergognai per lui.
Mentre la mia compagna di stanza andava ripetendo tra sé e non solo...
Fosse capitato a me, sai quante gliene dicevo sulla faccia!?
Pensai... allora è tutto vero... e questa volta di lui provai gran pena.
Concludo con un pensiero che trovo calzi a pennello, è di persona degna di fede, Madre Teresa di Calcutta...
"Preferirei commettere degli errori con gentilezza e compassione, piuttosto che operare miracoli con scortesia e durezza".
Cè tanta tristezza e tanta verità in questo tuo scritto, lo so, lo noto tutti i giorni e non riesco a cambiare i modi e la mentalità di alcuni, ancora pochi per fortuna. Comunque il discorso è profondo e c'è bisogno di ore ed ore e non di pochi secondi per affrontarlo e sviscerarlo appieno. ... Un tuo pensiero che ho "rubato" ha dato spunto ad alcune considerazione che ho postato nel mio blog nella sezione miscellanee, il titolo è "The normal one" leggilo se ti fa piacere, a presto.
RispondiEliminaCerto, caro Massimo... e la tristezza non viene perché ci si sente addosso oltre il danno pure la beffa, ma dal constatare i "deliri" di onnipotenza, infallibilità... quasi fosse sorte destinata ad alcuni "privilegiati" e loro, i deliranti, ne fossero esclusi.
EliminaInvece si prova tanta pena per chi non arriva a capire l'importanza, non dico di una "missione" perché cadrei forse nella retorica, bensì di un ruolo o compito di altissima responsabile umanità.
Sicuramente leggerò il Tuo post... mi fa molto piacere, oltre che essere onore per me.
Un abbraccio...
Mary