Quel qualcosa che a volte mi prende e pare non voglia lasciare la presa. Poi "faccio la forte", do uno scatto di reni, mi ribello a me stessa e torno a me stessa.
Pare un rebus, vero? Nemmeno un indovinello, tanto è complicato come pensiero. Ma forse perché pensiero non è, piuttosto intensa, autentica emozione.
Non è tristezza né svogliatezza o abulia... è un magone che sale alla gola e blocca tutto il resto.
E' che non si fa mai l'abitudine, anche se ci si impone un "sistema di difesa" per proteggersi e proteggere. Arriva sempre quell'esperienza "un po' più" delle altre che lo manda in tilt.
Così un messaggio inaspettato e persino letto in ritardo, confermando un'intuizione dolorosa quasi un sospetto, smorza il solito entusiasmo e fiacca ogni energia. Stamane ho chiesto supporto al Buon Dio per proseguire.
Quanto vorrei che in questo destino che accomuna tanti ci fosse sempre un lieto fine. Perché per alcuni... si ed altri... no? Me lo chiedo pacatamente, sottovoce non in silenzio, non lo faccio con rabbia e non perché a me è andata... sta andando bene. Perché a volte pure a me verrebbe di urlare, sono tante le relazioni affettive che si stabiliscono nella sofferenza che porterebbero a questo.
Ho il "cuore come un colabrodo", ho detto l'altro giorno pubblicamente, "rubando" un'espressione non mia ma che rende efficacemente l'idea, e mi verrebbe la voglia di cambiare. Cambiare vita, atteggiamento, strada. E in realtà sarebbe un tornare indietro e tradire di nuovo quel che da sempre sono stata, e di cui consapevole sono solo da pochi anni. Allora... chiudo gli occhi, stringo i denti e poi... mi butto fuori. A volte a piedi, più spesso in auto e sempre in compagnia.
Stamattina l'auto era diversa, "vintage" e divertente... la compagnia pure. Vivace, piena di energia e coinvolgente. Quello che ci voleva oggi per me, che mi sentivo col magone e le "radici" sotto i piedi.
Pare un rebus, vero? Nemmeno un indovinello, tanto è complicato come pensiero. Ma forse perché pensiero non è, piuttosto intensa, autentica emozione.
Non è tristezza né svogliatezza o abulia... è un magone che sale alla gola e blocca tutto il resto.
E' che non si fa mai l'abitudine, anche se ci si impone un "sistema di difesa" per proteggersi e proteggere. Arriva sempre quell'esperienza "un po' più" delle altre che lo manda in tilt.
Così un messaggio inaspettato e persino letto in ritardo, confermando un'intuizione dolorosa quasi un sospetto, smorza il solito entusiasmo e fiacca ogni energia. Stamane ho chiesto supporto al Buon Dio per proseguire.
Quanto vorrei che in questo destino che accomuna tanti ci fosse sempre un lieto fine. Perché per alcuni... si ed altri... no? Me lo chiedo pacatamente, sottovoce non in silenzio, non lo faccio con rabbia e non perché a me è andata... sta andando bene. Perché a volte pure a me verrebbe di urlare, sono tante le relazioni affettive che si stabiliscono nella sofferenza che porterebbero a questo.
Ho il "cuore come un colabrodo", ho detto l'altro giorno pubblicamente, "rubando" un'espressione non mia ma che rende efficacemente l'idea, e mi verrebbe la voglia di cambiare. Cambiare vita, atteggiamento, strada. E in realtà sarebbe un tornare indietro e tradire di nuovo quel che da sempre sono stata, e di cui consapevole sono solo da pochi anni. Allora... chiudo gli occhi, stringo i denti e poi... mi butto fuori. A volte a piedi, più spesso in auto e sempre in compagnia.
Stamattina l'auto era diversa, "vintage" e divertente... la compagnia pure. Vivace, piena di energia e coinvolgente. Quello che ci voleva oggi per me, che mi sentivo col magone e le "radici" sotto i piedi.
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