Era la scritta che troneggiava sulla parte alta di tutti gli orologi a pendolo che ricordo. Subito in basso il sole e la luna in un'unica immagine. Ricordo che avevo imparato a leggere da poco quando quella scritta prese ad incuriosirmi, non era italiano e naturalmente non conoscevo il latino, ma comprendendone più o meno il significato provavo un certo timore.
Il Tempo... puoi quantificarlo dopo che è trascorso, in parte mentre lo vivi ma non lo vedi né lo tocchi. Eppure "fugge", scappa via e non torna più indietro.
E' un concetto complesso da spiegare, almeno per come io lo intendo, ma pare un qualcosa di evanescente, ne senti il calore mentre ti scivola tra le dita. Come la sabbia, fatta di innumerevoli granelli però non infinita. Rende bene l'immagine della clessidra, classica a simboleggiare il fluire del Tempo.
Da bambina, dicevo... provavo timore a leggere quella scritta... io piccola con gli occhi in alto... davvero doveva sembrarmi minaccioso tutto quanto. Poi, crescendo e passando dall'adolescenza alla gioventù, e a seguire per gli anni che in genere vedono la piena realizzazione di qualsiasi progetto antico o in divenire, non c'ho pensato più. Tempus fugit, è vero ma avrei avuto tempo per pensarci. Il "fischio" di arresto l'ha dato invece la malattia al suo arrivo, uno "stop" per riflettere, ibernare quel momento, e ripartire con un nuovo modo di vedere e considerare la normalità di sempre. E all'improvviso fu "Tempus fugit" consapevole. Apprezzando ogni giorno, gustando ogni minuto. Valorizzando gli abbracci ma pure le litigate per poi fare pace, perché tutto questo è prova di sentimento, vivere emozioni senza le quali il tempo stesso non fugge perché resta in un ambito stretto, docile alla volontà di due banali lancette d'orologio.
E alla fine non m'importa neppure di invecchiare, perché in verità non mi sono mai sentita tanto giovane come adesso. Per me il Tempo da sette anni ha ripreso ad andare sì spedito, ma io con lui.
Il Tempo... puoi quantificarlo dopo che è trascorso, in parte mentre lo vivi ma non lo vedi né lo tocchi. Eppure "fugge", scappa via e non torna più indietro.
E' un concetto complesso da spiegare, almeno per come io lo intendo, ma pare un qualcosa di evanescente, ne senti il calore mentre ti scivola tra le dita. Come la sabbia, fatta di innumerevoli granelli però non infinita. Rende bene l'immagine della clessidra, classica a simboleggiare il fluire del Tempo.
Da bambina, dicevo... provavo timore a leggere quella scritta... io piccola con gli occhi in alto... davvero doveva sembrarmi minaccioso tutto quanto. Poi, crescendo e passando dall'adolescenza alla gioventù, e a seguire per gli anni che in genere vedono la piena realizzazione di qualsiasi progetto antico o in divenire, non c'ho pensato più. Tempus fugit, è vero ma avrei avuto tempo per pensarci. Il "fischio" di arresto l'ha dato invece la malattia al suo arrivo, uno "stop" per riflettere, ibernare quel momento, e ripartire con un nuovo modo di vedere e considerare la normalità di sempre. E all'improvviso fu "Tempus fugit" consapevole. Apprezzando ogni giorno, gustando ogni minuto. Valorizzando gli abbracci ma pure le litigate per poi fare pace, perché tutto questo è prova di sentimento, vivere emozioni senza le quali il tempo stesso non fugge perché resta in un ambito stretto, docile alla volontà di due banali lancette d'orologio.
E alla fine non m'importa neppure di invecchiare, perché in verità non mi sono mai sentita tanto giovane come adesso. Per me il Tempo da sette anni ha ripreso ad andare sì spedito, ma io con lui.
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