Ovvero... il mio bonsai. Quello che mi giunse inaspettato il giorno del mio 60° compleanno, quasi quattro anni fa. Arrivò tramite Interflora, dono di mia figlia lontana. Mi sorprese la figlia, ancor più il significato del dono. Un bonsai, nell'insieme... come miniatura di un albero grande, possente, concentra vitalità e fermezza. Ha piccole radici che prendono tutto lo spazio, e profonde non muoiono né fanno morire.
Era un messaggio per me. Piccolo essere, estremamente vulnerabile, battuto da vento di tempesta, avevo resistito, e avrei continuato se solo avessi avuto cura di me. Cura del piccolo olmo cinese.
Dicevo... quasi quattro anni sono trascorsi da quel giorno, e il bonsai è ancora qui. Ha girato i vari angoli della casa, è stato all'interno... su davanzali, al sole diretto e all'ombra... e all'esterno... sulla veranda ampia, vicino alla ringhiera, nell'angolo più riparato. Ha visto ingiallire le foglie e poi cadere, e spoglio e scheletrito sembrava morire. Tutto questo più volte.
Io lo guardavo e m'intristivo. Tanto. Era il regalo di mia figlia, l'augurio più bello... doveva durare, se non per sempre almeno per un tempo ragionevole e giusto.
Così presi coraggio e cesoie, e cominciai a tagliare i rami più lunghi con poche foglie alle estremità, anche se erano le uniche verdi. Poi mi posi da lontano e lo guardai. Pareva esalasse l'ultimo respiro. Gli cambiai collocazione. Nell'angolo del balcone più piccolo di casa, su una colonna di marmo, davanti alla finestra del bagno. Ogni mattino uno dei rami mi dava il buongiorno con le ultime foglie ingiallite. Mi sono accontentata, mi sono imposta che bastasse. Meglio poco che niente.
Questo a stagioni alterne... un po' spoglio e poi verde e rigoglioso, e ancora secco e dopo con le gemme.
Perché si tratta di aspettare, avere pazienza. La Vita premia e le gemme, pure se si fanno attendere, prima o poi arrivano. Sempre.
Era un messaggio per me. Piccolo essere, estremamente vulnerabile, battuto da vento di tempesta, avevo resistito, e avrei continuato se solo avessi avuto cura di me. Cura del piccolo olmo cinese.
Dicevo... quasi quattro anni sono trascorsi da quel giorno, e il bonsai è ancora qui. Ha girato i vari angoli della casa, è stato all'interno... su davanzali, al sole diretto e all'ombra... e all'esterno... sulla veranda ampia, vicino alla ringhiera, nell'angolo più riparato. Ha visto ingiallire le foglie e poi cadere, e spoglio e scheletrito sembrava morire. Tutto questo più volte.
Io lo guardavo e m'intristivo. Tanto. Era il regalo di mia figlia, l'augurio più bello... doveva durare, se non per sempre almeno per un tempo ragionevole e giusto.
Così presi coraggio e cesoie, e cominciai a tagliare i rami più lunghi con poche foglie alle estremità, anche se erano le uniche verdi. Poi mi posi da lontano e lo guardai. Pareva esalasse l'ultimo respiro. Gli cambiai collocazione. Nell'angolo del balcone più piccolo di casa, su una colonna di marmo, davanti alla finestra del bagno. Ogni mattino uno dei rami mi dava il buongiorno con le ultime foglie ingiallite. Mi sono accontentata, mi sono imposta che bastasse. Meglio poco che niente.
Questo a stagioni alterne... un po' spoglio e poi verde e rigoglioso, e ancora secco e dopo con le gemme.
Perché si tratta di aspettare, avere pazienza. La Vita premia e le gemme, pure se si fanno attendere, prima o poi arrivano. Sempre.
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