L'amico dell'altro giorno tra le varie cose ha raccontato di quanto s'impegni per supportare un'amica di famiglia, vedova da non molto e sempre sull'orlo della depressione...
- È una persona colta, un'insegnante di liceo in pensione però è troppo introspettiva.
Mi dispiace per lei, così spesso ci tratteniamo a fare "discorsi astrusi".
Astrusi...? Mi sono chiesta, in che senso astrusi, incuriosita dal termine fuori dal contesto, da quel luogo, in quel momento.
Da una felice intuizione ai discorsi astrusi, ove questi ultimi stanno per "discorsi profondi".
È fisiologico passare dall'introspezione alla profondità di pensiero, soprattutto considerata l'età, intorno ai settant'anni, ed un'innata predisposizione.
La vita dopo una certa età cambia.
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Non si ha più voglia di drammi, di conflitti, di spiegazioni.
Si sceglie di circondarsi di poche persone ma buone, che sappiano capirti, altrimenti spesso si comincia a scegliere il silenzio.
Si comincia a vedere le cose per come sono, e sempre meno di come sembrano. La parte migliore di te, cominci a preservarla solo a chi sa andare in profondità. Tante cose impari a tacere; tante cose impari a lasciar andare. Si fa una selezione tra "Utile ed inutile".
Che alla fine dei conti, tutto ciò che è inutile, non ti serve.
Alla nostra età non c'è bisogno di tanto, solo di risposte a domande sempre più frequenti. Su orizzonti ristretti, scelte difficili, affetti e futuro, cercando tra opinioni e sentito dire.
Discorsi astrusi quindi... mirati a cogliere l'essenziale.
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