Mi pare averlo affermato da poco... gli Altri sostengono io sia una buona ascoltatrice. Ho scritto questa frase che poi ha cominciato a martellarmi nella testa, eppure sono parole che sento da tanto, ma si sa... verba volant sed scripta manent... le parole volano via, ma quelle scritte rimangono, pure se le scrivo io. Così restano come incise, impresse a fuoco e se da una parte ciò che mi viene attribuito lusinga, dall'altra mi fa pensare. Ascolto, so ascoltare... ma io alla fine mi do ascolto? Perché il rischio c'è che le voci si confondano, e si finisca col non comprenderne i limiti.
Confesso che l' Ascolto è mia peculiarità da sempre, diciamo che ascolto da quando ero bambina. Primogenita di un discreto numero di figli, all'epoca in cui non si navigava nell'oro imparai presto che cosa volesse dire l'espressione... dammi ascolto. Invito, raccomandazione, qualcosa per cui si doveva obbedire senza repliche, e capire. Capire il pianto sommesso di mia madre senza sapere, le prepotenze di una sorellina capricciosa perché fragile e delicata, capire perché solo a me venisse detto... vuoi stare ad ascoltare tuo fratello? E poi a seguire nel corso degli anni, fino a tempi recenti, fino alla malattia.
Avevo reso muto il mio animo assordandolo, convincendomi pure che fosse giusto così.
Poi con la rinascita le cose sono cambiate, ho imparato ad ascoltare da un orecchio e lasciare libero l'altro per le cose mie. Piccoli dispiaceri e delusioni, desideri e sogni. I primi da elaborare, gli altri come piccola ricchezza o rifugio dove trovare spazio solo per me.
E nonostante questo "canale riservato" personalissimo, la capacità di ascoltare gli Altri alla fine non ne ha risentito affatto, anzi risulta potenziata. Perché mi comprendo, mi premio quando merito e al contrario mi critico nei difetti, litigo con me stessa e poi mi riconcilio. E mi perdono con le parole di sicuro adatte a me, che pur nella severità del tono alleggeriscono l'animo e lo rendono sereno. Disponibile ad ascoltare, comprendere, aiutare anche senza parlare.
Confesso che l' Ascolto è mia peculiarità da sempre, diciamo che ascolto da quando ero bambina. Primogenita di un discreto numero di figli, all'epoca in cui non si navigava nell'oro imparai presto che cosa volesse dire l'espressione... dammi ascolto. Invito, raccomandazione, qualcosa per cui si doveva obbedire senza repliche, e capire. Capire il pianto sommesso di mia madre senza sapere, le prepotenze di una sorellina capricciosa perché fragile e delicata, capire perché solo a me venisse detto... vuoi stare ad ascoltare tuo fratello? E poi a seguire nel corso degli anni, fino a tempi recenti, fino alla malattia.
Avevo reso muto il mio animo assordandolo, convincendomi pure che fosse giusto così.
Poi con la rinascita le cose sono cambiate, ho imparato ad ascoltare da un orecchio e lasciare libero l'altro per le cose mie. Piccoli dispiaceri e delusioni, desideri e sogni. I primi da elaborare, gli altri come piccola ricchezza o rifugio dove trovare spazio solo per me.
E nonostante questo "canale riservato" personalissimo, la capacità di ascoltare gli Altri alla fine non ne ha risentito affatto, anzi risulta potenziata. Perché mi comprendo, mi premio quando merito e al contrario mi critico nei difetti, litigo con me stessa e poi mi riconcilio. E mi perdono con le parole di sicuro adatte a me, che pur nella severità del tono alleggeriscono l'animo e lo rendono sereno. Disponibile ad ascoltare, comprendere, aiutare anche senza parlare.
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