Il mio "oggi" è di emozioni. Tante e tali da costituire una selva, in cui mi aggiro sempre più spesso senza essere per gli Altri comprensibile. E' che non sempre si può essere espliciti. Perché se vero è che l'emozione mi appartiene, lo è altrettanto in quanto da Altri viene, per loro vicende liete o tristi, comunque personalissime. E ciò che personale è non può essere "urlato in piazza" da Chi è all'esterno e osserva, anche se per quello vive una forte emozione e sarebbe tutto a fin di bene.
L'ho imparato col tempo, col posarsi dei miei granelli sul fondo.
Non sempre si può essere espliciti, anche se una volta lo sono stata perché pensavo fosse una qualità essere chiari nell'esprimere ciò che si prova.
Ero ancora in terapia ma la gioia per l'essermi liberata di un peso... e che peso, era così grande che venni presa da una sorta di frenesia, voglia di condividere, forse per liberarmi ancora di "qualcosa". Cominciai così a raccontare di me.
Per mia natura non ho mai amato essere protagonista, in quell'occasione mi trovavo ad esserlo mio malgrado e se nella vita non potevo rifiutare quel "ruolo", nella "scrittura" almeno avrei voluto ridimensionarlo. Di quella "storia" così decisi di non essere l'unico personaggio principale, e Tutti quelli che la vivevano con me sarebbero diventati coprotagonisti.
Io non ero anonima, e neanche le mie emozioni. Anche attraverso un "quasi nome" mi si identificava benissimo ed io volevo questo, essere attendibile.
Seguendo un'idea, pur nel rispetto della privacy mi comportai allo stesso modo quando parlavo dei coprotagonisti. Fui fedele in tutto, i nomi erano solo quelli di battesimo, ma i dialoghi, perfino qualche voce dialettale, le lacrime, la rabbia... le parole di conforto, incoraggiamento da parte di medici e infermiere... TUTTO... c'era proprio Tutto. Quando rileggevo ciò che avevo scritto mi emozionavo ancora di più, restavo quasi senza respiro.
Poi alcune situazioni m'impedirono di andare oltre e cambiai così se non argomenti, stile.
I "nomi di battesimo" diventarono "giri poetici", e il "descrivere emozioni"... formulare "pensieri divaganti che si fissano nella realtà".
Risultato... sono diventata più "ermetica", comprende in pieno ciò che scrivo solo Chi conosce me ed il contesto. Chi sa riconoscersi in quella sofferenza.
Ammetto che un po' mi dispiace sentirmi dire che sono prolissa, divagante a tratti incomprensibile però si trattava di fare una scelta. Chiudere "questa" baracca e relativi burattini, aprirne un'altra solo per divagarmi con la scrittura, oppure con qualche accorgimento, "continuare a...".
Ho preferito quest'ultima e non me ne pento... nonostante tutto.
L'ho imparato col tempo, col posarsi dei miei granelli sul fondo.
Non sempre si può essere espliciti, anche se una volta lo sono stata perché pensavo fosse una qualità essere chiari nell'esprimere ciò che si prova.
Ero ancora in terapia ma la gioia per l'essermi liberata di un peso... e che peso, era così grande che venni presa da una sorta di frenesia, voglia di condividere, forse per liberarmi ancora di "qualcosa". Cominciai così a raccontare di me.
Per mia natura non ho mai amato essere protagonista, in quell'occasione mi trovavo ad esserlo mio malgrado e se nella vita non potevo rifiutare quel "ruolo", nella "scrittura" almeno avrei voluto ridimensionarlo. Di quella "storia" così decisi di non essere l'unico personaggio principale, e Tutti quelli che la vivevano con me sarebbero diventati coprotagonisti.
Io non ero anonima, e neanche le mie emozioni. Anche attraverso un "quasi nome" mi si identificava benissimo ed io volevo questo, essere attendibile.
Seguendo un'idea, pur nel rispetto della privacy mi comportai allo stesso modo quando parlavo dei coprotagonisti. Fui fedele in tutto, i nomi erano solo quelli di battesimo, ma i dialoghi, perfino qualche voce dialettale, le lacrime, la rabbia... le parole di conforto, incoraggiamento da parte di medici e infermiere... TUTTO... c'era proprio Tutto. Quando rileggevo ciò che avevo scritto mi emozionavo ancora di più, restavo quasi senza respiro.
Poi alcune situazioni m'impedirono di andare oltre e cambiai così se non argomenti, stile.
I "nomi di battesimo" diventarono "giri poetici", e il "descrivere emozioni"... formulare "pensieri divaganti che si fissano nella realtà".
Risultato... sono diventata più "ermetica", comprende in pieno ciò che scrivo solo Chi conosce me ed il contesto. Chi sa riconoscersi in quella sofferenza.
Ammetto che un po' mi dispiace sentirmi dire che sono prolissa, divagante a tratti incomprensibile però si trattava di fare una scelta. Chiudere "questa" baracca e relativi burattini, aprirne un'altra solo per divagarmi con la scrittura, oppure con qualche accorgimento, "continuare a...".
Ho preferito quest'ultima e non me ne pento... nonostante tutto.
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