Che termine, eh? Non so come mi vengano in mente certe espressioni, questa poi... seriamente a rischio di equivoco. Invece, a conforto di Chi mi vuol bene e mai vorrebbe restare deluso, dirò che è tutto lecito, non sono uscita fuori di senno a tarda età, semplicemente "spudorata" per gratitudine.
Non conservo più quel pudore dei sentimenti puri, che impediva al mio Cuore di esprimersi liberamente, e faceva abortire le manifestazioni più belle. Il sorriso per gentilezza, l'abbraccio d'affetto, la carezza di comprensione. Avrei voluto essere tutto questo, e tutto mi si fermava in gola e sullo stomaco come "boccone amaro ed indigesto" ma per sbaglio. Braccia indebolite, gambe senza forze.
Mi rendo conto di aver perso i 3/4 della mia vita, e per quest'ultimo che resta? Beh, mi sto dando da fare seriamente per recuperare. E per ogni passo avanti, per amor di confronto, ne faccio un paio a ritroso nel tempo, alle "origini" della gratificante nuova scoperta di me stessa.
Per l'ennesima volta, lucidamente e come dall'esterno analizzo il comportamento di una persona che non ha mai inteso isolarsi anzi... non ha fatto altro che " proclamare" a gran voce il Suo "male" per superare il "malessere" che ne derivava.
In realtà i primi due mesi, quelli che precedettero la diagnosi furono i più difficili da vivere... non accettavo l'"eventualità" della malattia pur toccandola con mano, guardando nello specchio gli occhi fissi, "incantati" dal terrore. Per questo evitavo il confronto con gli Altri... che non "leggessero" anche Loro quello che io già segretamente sapevo. Temevo di "essere sbattuta" contro la realtà a mani e piedi legati in modo da non poter "scappare"... non più.
Però, una volta che "da sola" mi posi contro quel muro, la vista offuscata dalle lacrime "del profondo" m'impedì di vederne la "bruttura" per intero, e la sensazione di vulnerabilità mi spinse a chiedere aiuto a Tutti e in ogni modo. E per Tutti, intendo proprio tutte le persone che conoscevo, le simpatiche e le antipatiche... gli amici ma anche quelli che fino ad allora salutavo appena.
Cominciai ad amare davvero... forse perché ero in una condizione di necessità? Non so... fu molto dura ammetterlo, accettare che da sola non ce l'avrei mai fatta fu anche doloroso, convincermi poi di poter restare coi miei pensieri come unica compagnia... fu impossibile. Dovevo venir fuori... "urlare sottovoce" e col sorriso (per non spaventare... i "sani" hanno paura di Chi non lo è più) tutto il mio dolore... "denudarmi" perché Altri potessero provare a prendersi cura di me.
Così cura ed affetto non mi mancarono, e sentivo tanto calore intorno, da parte soprattutto degli estranei alla mia famiglia. Era "dono" immenso perché non scontato, quindi meritevole di altrettanta gratitudine manifesta. E furono abbracci stretti, carezze ripetute, sorrisi ampi con occhi lucidi di lacrime trattenute a stento. Col tempo quest'ultime sparirono pure, e fu solo e finalmente "abitudine grata".
Ecco perché ora mi definisco spudorata ma con grazia. Sono facile agli abbracci e ai baci "rumorosi" che si sentono, agli slanci di gioia che mostrano i "sentimenti".
Langue ancora qualche delusione, ma questa non mi stupisce... è ripetuta e scontata quanto la persona che si ostina a non cambiare. Ma a questo punto il danno che me ne viene è davvero minimo, perché a cambiare c'ho pensato io. Ora in piena spudorata armonia con me stessa.
Non conservo più quel pudore dei sentimenti puri, che impediva al mio Cuore di esprimersi liberamente, e faceva abortire le manifestazioni più belle. Il sorriso per gentilezza, l'abbraccio d'affetto, la carezza di comprensione. Avrei voluto essere tutto questo, e tutto mi si fermava in gola e sullo stomaco come "boccone amaro ed indigesto" ma per sbaglio. Braccia indebolite, gambe senza forze.
Mi rendo conto di aver perso i 3/4 della mia vita, e per quest'ultimo che resta? Beh, mi sto dando da fare seriamente per recuperare. E per ogni passo avanti, per amor di confronto, ne faccio un paio a ritroso nel tempo, alle "origini" della gratificante nuova scoperta di me stessa.
Per l'ennesima volta, lucidamente e come dall'esterno analizzo il comportamento di una persona che non ha mai inteso isolarsi anzi... non ha fatto altro che " proclamare" a gran voce il Suo "male" per superare il "malessere" che ne derivava.
In realtà i primi due mesi, quelli che precedettero la diagnosi furono i più difficili da vivere... non accettavo l'"eventualità" della malattia pur toccandola con mano, guardando nello specchio gli occhi fissi, "incantati" dal terrore. Per questo evitavo il confronto con gli Altri... che non "leggessero" anche Loro quello che io già segretamente sapevo. Temevo di "essere sbattuta" contro la realtà a mani e piedi legati in modo da non poter "scappare"... non più.
Però, una volta che "da sola" mi posi contro quel muro, la vista offuscata dalle lacrime "del profondo" m'impedì di vederne la "bruttura" per intero, e la sensazione di vulnerabilità mi spinse a chiedere aiuto a Tutti e in ogni modo. E per Tutti, intendo proprio tutte le persone che conoscevo, le simpatiche e le antipatiche... gli amici ma anche quelli che fino ad allora salutavo appena.
Cominciai ad amare davvero... forse perché ero in una condizione di necessità? Non so... fu molto dura ammetterlo, accettare che da sola non ce l'avrei mai fatta fu anche doloroso, convincermi poi di poter restare coi miei pensieri come unica compagnia... fu impossibile. Dovevo venir fuori... "urlare sottovoce" e col sorriso (per non spaventare... i "sani" hanno paura di Chi non lo è più) tutto il mio dolore... "denudarmi" perché Altri potessero provare a prendersi cura di me.
Così cura ed affetto non mi mancarono, e sentivo tanto calore intorno, da parte soprattutto degli estranei alla mia famiglia. Era "dono" immenso perché non scontato, quindi meritevole di altrettanta gratitudine manifesta. E furono abbracci stretti, carezze ripetute, sorrisi ampi con occhi lucidi di lacrime trattenute a stento. Col tempo quest'ultime sparirono pure, e fu solo e finalmente "abitudine grata".
Ecco perché ora mi definisco spudorata ma con grazia. Sono facile agli abbracci e ai baci "rumorosi" che si sentono, agli slanci di gioia che mostrano i "sentimenti".
Langue ancora qualche delusione, ma questa non mi stupisce... è ripetuta e scontata quanto la persona che si ostina a non cambiare. Ma a questo punto il danno che me ne viene è davvero minimo, perché a cambiare c'ho pensato io. Ora in piena spudorata armonia con me stessa.
Sempre emozionanti i tuoi "scritti"... Io ti regalo un abbraccio, e una buona giornata.
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