mercoledì 14 dicembre 2016

LE VIE DEL DOLORE


Molto interessante è stata pure la seconda parte dell'incontro di ieri sera. Argomento... La terapia del dolore.
Si parte da un diritto sacrosanto già sancito nella Dichiarazione d’indipendenza americana del 4 luglio 1776, in cui i costituenti avevano stabilito che «a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà, e al perseguimento della felicità».
Vita... Libertà... Felicità. Tre concetti che idealmente escludono quello del dolore, ma devono riconoscerlo nell'evolversi dell'esistenza stessa. Però se pure il dolore è inevitabile, è possibile chiedere di non soffrire, e questo diritto, più che comprensibile, si è tramutato nella legge 38 vigente a grandi linee dal 2010.
Il dolore, e ogni tipo di sofferenza possono essere eliminati con terapie farmacologiche appropriate per ogni singola patologia. Si parla soprattutto di dolore oncologico, ma è chiaro che riguarda il "dolore cronico" in generale, entrambi possono essere curati con successo tramite gli "oppiacei", un tempo tanto bistrattati.
Il dolore ha sue vie di trasmissione precise, prima di arrivare al cervello, attraversa per metà i "cavi" neurologici, partendo dall'origine, anche una causa banale, come una piccola puntura di spillo. Ognuno percepirà secondo la propria "soglia", verrà valutato dal medico seguendo una vera e propria "scala" con un punteggio da 1 a 10. Seguirà la terapia.
Ma come... siamo già alla morfina?
E' questa una domanda che il medico si sente rivolgere ogni volta che propone un oppiaceo per contrastare il dolore cronico oncologico e non solo. Perché purtroppo in Italia la terapia del dolore non è molto avanzata. E' il nostro un paese cattolico, e pare che col rifiuto alla sofferenza non si abbia più alcun merito per santificarsi. Ovviamente è tutto falso. E anche la scarsa propensione a prescrivere e accettare morfina e simili, ha altre cause. I medici poco e niente sanno di quel genere di farmaci, nessun passo avanti si è fatto per attuare in pieno la legge 38, intesa a garantire le terapie del dolore, richiamare l'attenzione sul problema, stimolare le case farmaceutiche ad orientarsi verso terapie più efficaci. Un traguardo è stato l'acquisizione di una consapevolezza... consolidare un modello di cura simultanea (dolore-nutrizione), soprattutto quando sono le terapie antitumorali a dare dolore. Al momento che cosa si consiglia ad un malato che ha dolore e non si sente seguito? Lo si manda da una parte all'altra, perché dal 2011 sono solo 3 le reti territoriali per le terapie del dolore. Perché siamo ancora così indietro, e per il 72% c'è ancora un trattamento non appropriato? C'è la paura della dipendenza, la diffidenza ad avvicinarsi alle specifiche reti, la ritrosia per le cure domiciliari, la mancata disponibilità per numero di medici di base preparati, psicologi, e volontari.
Si parla sempre più spesso della Cannabis terapeutica, ma solo in Toscana è ammessa per malati di sclerosi multipla e pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali.
Eppure il dolore cronico oncologico, severo e persistente va curato con gli oppiacei a dosaggio graduale e sapiente, non certo con gli anti-infiammatori che fanno male e costano tre volte tanto.
Le famiglie reagiscono sbigottite alla proposta della morfina ed affini, perché scarsamente preparate culturalmente. E attualmente solo al Nord si registra un incremento col 68%, segue il 26% al Centro, fanalino di coda il Sud col 6%. Dimenticando che siamo Noi stessi "produttori" di oppiacei naturali, le "endorfine", e quindi non c'è alcun motivo di temere.

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