Era l'ultimo ciclo di neoadiuvante per Rosa che in quel momento rispondeva con un sorriso al mio, mascherando così anche la sua ansia e timore. Si ha sempre paura di affrontare ciò che non si conosce, era capitato a me, lo sapevo bene e non potevo darle torto. "Rassicurala tu...", m'invitò Dora ad un compito bello, non lo nego, ma altrettanto impegnativo. E se non ci fossi riuscita, o addirittura avessi sortito l'effetto contrario? Ebbi questo dubbio improvviso, ma rapidamente fu dileguato da un pensiero entusiasta. Non devo fare altro che essere me stessa, mi dissi, e se ora io sento che, superato un momento pur difficile, continuando a combattere, vincerò la mia personale battaglia, perchè non esternare con sincerità, così semplicemente, i sentimenti, la mia gioia per aver ritrovato ciò che credevo dover perdere per sempre? Che non si recita un copione lo si capisce bene e ciò che nasce dal cuore arriva sempre al cuore, e questo fu l'inizio della mia amicizia con Rosa, giovane donna che avrebbe potuto essere mia figlia, con cui mi sono posta fin da subito appunto, un po' come madre ma anche sorella, amica, perchè con questa malattia in particolare, o probabilmente con la sofferenza in generale, vengono annullate tutte le differenze, d'età, opinione, cultura: tutti uniti, solidali come membra di un solo corpo. Questo sentire è che rende diverse, nonchè speciali le relazioni nate così, condividendo una stanza d'ospedale, una terapia, un esame temuto; tutto all'improvviso non fa più paura, diventa semplice, quasi normale, e si continua ad... andare avanti senza sentirsi mai soli.
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