E un giorno capita... come oggi... di vivere momenti che impongono una pausa, che può essere di riflessione o semplicemente per prendere fiato e poi continuare ad... andare avanti.
Così col pensiero mi fermo, raccolgo le idee, mi chiedo se posso... ho il diritto o semplicemente appaio e sono poco credibile. Non che mi interessi il giudizio altrui, sono ben sicura delle motivazioni che mi animano, però ho sempre timore del "troppo", insomma non vorrei strafare. Non si può entrare nella vita di Chi soffre con irruenza... servono i tempi giusti, e doverosi sono discrezione e rispetto, solo così si può essere certi di costituire una sorta di "dono" per Chi Ti accoglie e apre il Suo Cuore.
Questo cerco di non dimenticarlo mai, anche perché io l'ho vissuto sulla mia pelle e ricordo quanto desideravo l'altro e nello stesso tempo o in un momento immediatamente successivo rifuggivo dall'altrui attenzioni. E' così... la malattia, la sofferenza "snaturalizza" la persona, crea una patina sull'anima, così che non sai più chi sei, che cosa vuoi, dove in realtà andrai a parare. No... questo non lo dimentico mai.
Ed è strano come i ricordi intervengano in queste pause forzate, in verità sempre meno frequenti per le tante "storie" vissute di riflesso con l'ascolto, alcune incredibili, ma tutte coinvolgenti emotivamente.
I pensieri riguardanti il mio passato di malattia si intrecciano quindi ai "racconti" del presente altrui in una specie di assonanza o similitudine che fa di tutto un'unica storia, ove quasi non si distingue più il "protagonista" e gli altri "interpreti" che calcano la "scena".
Qualche giorno fa ad esempio si parlava di coniugi loro malgrado coprotagonisti. Dopo un rapido sondaggio, e in seguito a mie considerazioni su ciò che vedo e ascolto e pure per esperienza personale diretta col "mio coniuge"... posso dire che le mogli sono più pazienti ed accudenti, i mariti non reggono più di tanto... sono deboli di stomaco, di schiena e poi hanno sempre da fare, per cui tornano dopo quando tutto è finito, e bisogna pure ringraziarli perché fanno da "autisti".
Eh già... ricordo anch'io, quando mi operai mio marito non era fuori alla sala operatoria ad attendere la fine dell'intervento, non era presente neanche le volte che vomitai a causa della chemio, e se andiamo ancora più indietro neppure quando sono nati i Nostri figli. Arrivava sempre a cose fatte, col fiatone, sviscerando tutta la sua ansia, (e magari dovevo sentirmi anche in colpa) concludendo con un, "beh, meno male che è passato!" Ma io lo conosco, lo conosco bene, e so che questo suo atteggiamento è un modo per proteggersi, come voler indossare gli occhiali da sole per non ferirsi gli occhi che così restano in una penombra rassicurante.
Per me va bene lo stesso perché ciò che ci unisce è ben altro.
Sono sicura di questo, lo so da sempre... e proprio oggi che festeggiamo i Nostri 35 anni di vita in comune, non possono esserci dubbi di sorta... siamo diversi, ma siamo insieme come le due tazze con cui facciamo colazione al mattino... grande per Lui, piccola per me.
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