giovedì 7 ottobre 2010

Se col pensiero torno indietro,  all'inizio di questa mia avventura e rivedo me in mezzo alla bufera appena scoppiata, quasi stento a riconoscermi. Piegata su me stessa, mi piagnucolavo addosso senza voler trovare una soluzione, mi lamentavo ma non mi decidevo, mi aggrappavo ad altri volendo credere nella mia debolezza. Ebbene, guardando questa " persona " che è altri da me, provo un misto di rabbia e tenerezza; rabbia per una ostinazione che era in realtà chiusura e rifiuto della verità, tenerezza per quel voler rimanere nel proprio nido nella convinzione di poter essere al sicuro solo lì, perchè non si può affrontare ciò che non si conosce e fa paura.
Il primo, vero scossone lo ricevetti quando iniziò l'altalena dell'incertezza sull'opportunità di operarmi subito o meno. Un giorno era data per sicura l'operazione in settimana, il giorno dopo era rimesso tutto in discussione e questo sempre a causa della natura e delle dimensioni del mio tumore, e intanto io mi sentivo incerta, con una bomba ad orologeria dentro di me, sballottolata come una barca in balia delle onde. La mia famiglia non era da meno ed io sentivo su di me anche quella pressione; ad un certo punto capii che il problema era mio e mia doveva essere la responsabilità di ogni cosa, gli altri purtroppo erano coinvolti ma non potevano essere trascinati dalla volontà di rimanere inerte da parte mia. Passai una notte in bianco a pensare, in un turbinio di dubbi e certezze, interrogativi e conclusioni: non mi era mai capitato prima. Poi, al mattino, una bella giornata: un cielo limpido e la primavera vicina. Dopo un lungo e buio inverno anche per me stava tornando il sereno.

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