Forse non sarà facile da capire, ma la continuità che s'è venuta a creare con le mie visite assidue nel reparto dove sono stata curata, il non sentirmi dimenticata e il non dimenticare, mi dà una sicurezza e un senso di protezione che molto mi aiutano in questa riconquista della vita: calandomi in quel passato che tanti preferirebbero scordare, non voglio estraniarmi dalla mia realtà, tutt'altro perchè in questo modo riesco con serenità assoluta a far parte del contesto attuale solo sfiorato dal pensiero della malattia.
Dall'altra parte, poi era seduta Antonietta che non avevo mai visto, era così perchè questo era il suo primo ciclo di neoadiuvante per ridurre il tumore, e più in là c'era Giovanna, sua figlia. Dopo dieci mesi ho rivisto me e Valeria. Parlando, non intenzionalmente le guardavo negli occhi, e in quelli di Antonietta vi ho letto il timore di affrontare qualcosa di troppo grande e sconosciuto, un misto di ansia e preoccupazione, stati d'animo che conosco bene, e nello sguardo di sua figlia il desiderio di rassicurarla in ogni momento, di proteggerla in una sorta d'inversione di ruoli tenera e commovente. Quell'atteggiamento... anche quell'atteggiamento, lo conoscevo molto bene.
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